Nati tra i libri

del 4 Maggio 2012

Da Sette, Corriere della Sera – 3 maggio 2012
Gli eredi di alcune dinastie editoriali italiane raccontano la loro sfida
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Nati tra i libri. Padri ingombranti che hanno creato piccoli imperi. Si chiamano Mursia, Rubbettino, Angeli, Hoepli e i “figli dI” continuano il loro lavoro. Nell’epoca in cui tutto sta cambiando…

Figli di editori, cresciuti respirando l’odore/profumo dei libri, consapevoli di avere un’eredità importante da portare avanti, ma altrettanto convinti di essere dei privilegiati.

«Il nostro è il mestiere più bello del mondo; non ho mai avuto dubbi sul mio futuro. Sarà che ho sentito parlare di libri dacché mi ricordi, perfino a tavola, dice Fiorenza Mursia, figlia di quell’Ugo Mursia, siciliano di Carini, che creò l’omonima casa editrice a Milano nel 1955. «Anche se all’inizio ho fatto altro, i libri mi hanno sempre attratta» confessa Barbara Hoepli, unica donna che lavora oggi in azienda della dinastia arrivata alla quinta generazione (insieme ai fratelli Giovanni e Matteo) a partire da quell’Ulrico che nel 1870 a Milano acquistò una libreria per corrispondenza dalla Svizzera, dal cantone di Turgovia dove viveva. «Mi ha sempre appassionato il mondo della cultura e delle idee che ruota intorno agli editori», racconta Florindo Rubbettino, figlio di Rosario, un calabrese colto e caparbio che nel ’72 osò creare una casa editrice nel profondo Sud, nella piccola Sila, in un paese di tremila anime, Soveria Mannelli. Una “follia” che oggi impiega novanta dipendenti e occupa una posizione significativa nel panorama editoriale italiano. «Sarà perché mio padre mi ha propinato il Signore degli anelli di Tolkien a sei anni, sarà perché alle elementari facevo i compiti nella libreria che avevamo allora al quartiere Prati: l’amore per i libri per me è stato quasi una scelta obbligata», aggiunge Raffaello Avanzini, figlio di Vittorio che nel 1969 ha fondato a Roma la Newton Compton. «Mio padre era un uomo con un’apertura mentale straordinaria. Impossibile non essere attratti dal suo modo di lavorare» conclude Ilaria Angeli, la figlia di Franco Angeli che creò a Milano l’omonima casa editrice nel 1955. Un padre ingombrante, senza dubbio. «Ma che ha avuto l’idea di mettere fra noi 600 chilometri, distanza che ci ha permesso di lavorare bene insieme: nell’S5 mi è stata affidata la redazione di Roma, che ho creato di sana pianta dal nulla. precisa Ilaria, 53 anni, un marito giornalista e tre figli. Papà impegnativi e amati, personaggi cui ispirarsi, ma anche capaci di influenzare/condizionare. Fino a che punto? «Nel mio caso non molto», racconta Barbara Hoepli, quarant’anni compiuti da poco, un marito e due bambine. «Io non ho cominciato con papà. Devo essere sincera: quando ero all’università non pensavo alla casa editrice, mi sentivo molto libera, ho studiato scienze della comunicazione negli Stati Uniti alla Boston University (mi sono laureata con una tesi sull’influenza dei mass media sull’identità nazionale) e poi ho fatto un master alla London School of Economics a Londra. Tornata in Italia, ho cominciato a lavorare alla redazione milanese della Fairchild, casa editrice che pubblica giornali sul business e le tendenze della moda. Eravamo negli anni Novanta, nel boom degli stilisti milanesi: scrivevo, traducevo, andavo in giro a fare interviste. Poi ho iniziato a leggere qualche libro per Marco Vigevani, che adesso ha una sua agenzia letteraria ma che all’epoca lavorava in Mondadori, dove sono approdata poco dopo nell’ufficio stampa: ci sono rimasta quattro anni. È stata un’esperienza molto bella: ricordo l’inizio dell’ascesa di Fabio Volo, un “caso” editoriale. Proprio in quegli anni ho maturato la scelta di entrare in casa editrice. Sono stata un po’ “bambocciona”, ci ho messo tempo a maturare. lo e papà (Carlo Ulrico, tuttora a capo della casa editrice, ndr), abbiamo cominciato a ragionare su che cosa avrei potuto fare. Mi ha accolta bene».

Più complesso e tormentato il rapporto col padre di Fiorenza Mursia, da vent’anni a capo della casa editrice dove ora lavora anche la figlia Huguette. «Non abbiamo mai avuto un rapporto facile», dice «due caratteri diversi, non andavamo d’accordo. Pur convinta di fare l’editore, negli anni Settanta ho lavorato altrove: alle dipendenze di Radio Lussemburgo, dove gestivo le prime tribune politiche alle quali partecipavano personaggi del calibro di Spadolini. Papà non approvava, ma a quei tempi non ci frequentavamo molto. In radio facevo tutto, mi sono fatta le ossa; dopodiché ho comprato delle emittenti come Radio Montestella (una delle prime a proporre un giornale radio, realizzato in collaborazione con Il Giornale di Indro Montanelli, ndr) e Radio Torino International. Tutto questo insieme a mio marito Enzo. Poi ho capito che il mio posto era in casa editrice e ho chiesto a mio padre di entrare: all’inizio mi ha detto che non c’era spazio, poi ha ceduto. Una volta dentro, ho fatto la gavetta, dalla correzione di bozze al redattore. Bene, ho detto a mio padre, ho capito, ho fatto l’apprendistato e adesso dove mi metto? C’era un vuoto nel commerciale: sono andata a lavorare lì. Nel 1982 papà è mancato e da allora ho preso in mano la casa editrice, di cui sono presidente dal ’90».

Quanto pesa la traccia lasciata da suo padre nelle scelte editoriali attuali della Mursia? «Il metodo con cui opero è ancora il suo: rigore, indipendenza e approfondimento. Nel Faust di Goethe c’è una frase che mi ha guidata per tutta la vita: “Quello che hai ereditato dai tuoi padri guadagnatelo se vuoi possederlo”. Mio padre, appassionato di mare, aveva inventato una collana che non esisteva in nessuna altra casa editrice all’epoca, quella della nautica. lo l’ho sviluppata e la continuo tuttora mentre cerco di inserire cose nuove, per esempio la meteorologia. Oppure nell’ambito dei libri sugli animali, che sono la mia grande passione (l’intervista si svolge nello studio di Fiorenza, alla presenza di tre cani, un bulldog americano, e due quasi immobili, minuscoli, chihuahua, ndr), ho appena “inaugurato” una collana sugli asini e i muli. La lezione di indipendenza di mio padre la ritrovo anche nella mia scelta di pubblicare libri di indirizzo politico opposto, di destra quanto di sinistra, senza preoccuparmi delle reazioni». Del tutto diverso il percorso di crescita di Florindo Rubbettino, quarantenne, una bimba di pochi mesi, alla guida dell’azienda dal 2000, insieme al fratello Marco, che si occupa della parte industriale. «Mi sono sempre immaginato in casa editrice. racconta Florindo; «anche la scelta delle scuole, il liceo classico prima, la facoltà di Scienze politiche alla Luiss di Roma, dopo, è stata fatta nella scia di quell’idea già maturata. Mio padre come editore ha sviluppato temi storici. sociali ed economici in una cornice coerente cercando di facilitare il dibattito. Questo modo di procedere mi corrisponde profondamente, cosi come sento mio il concetto di correttezza imprenditoriale su cui lui ha costruito la casa editrice. Una lezione di vita che è anche extraeditoriale».

 

Le strategie per l’e-book

Allora oggi tutto avviene nel solco della continuità? «Io, ora, rincorro anche nuove sfide» risponde l’editore calabrese. «Vorrei riuscire nell’operazione culturale che ha fatto la fortuna della Sellerio: portare alla ribalta nazionale scrittori calabresi, come ha fatto la casa editrice palermitana con i siciliani Sciascia e Camilleri. Il successo di Anime nere di Gioacchino Criaco, che è stato anche tradotto in Francia e sta diventando la sceneggiatura di un film, è già un tentativo riuscito. E poi c’è il filone della storia di larga divulgazione in cui credo molto. Come credo nel mercato dell’e-book se si fa la politica del prezzo basso: nel 2011 abbiamo venduto 500 titoli. II libro di Enzo Ciconte, ‘Ndrangheta padana, della collana “Non bacio le mani”, a 0,99 euro in versione e-book sta andando benissimo: in questi giorni è il terzo libro più venduto online della saggistica». Una rivoluzione quella del prezzo basso che ha trovato il suo apripista in Raffaello Avanzini, quarantenne, entrato giovanissimo in Newton Compton, una casa editrice che con i suoi best seller a meno di dieci euro ha conquistato una fetta di mercato importante nel 2011. «Come numero di pezzi venduti siamo secondi solo a Mondadori», ci informa l’editore romano. «Oggi ho la piena responsabilità della linea editoriale (e commerciale), che accanto ai classici punta sulla narrativa e sulla saggistica, mentre mio padre si occupa della produzione. Fra di noi c’è, comunque, una sintonia completa: lui mi ha insegnato tutto quello che so sul mondo dell’editoria». Idilliaco, ma non fino a questo punto, il racconto di Ilaria Angeli sul padre Franco, scomparso nel 2007: «Il nostro rapporto sul lavoro ha funzionato perché lui ha sempre accettato il confronto. Dopo la sua scomparsa, confesso di non aver cambiato molto delle scelte editoriali della casa editrice, che pubblica 900 titoli all’anno. La nostra forza è stata ed è quella di offrire strumenti seri e aggiornati sia al mondo delle professioni sia a quello accademico. E come mio padre non credeva nella politica del prezzo basso, anch’io sono convinta che il libro per tutti non esista. Noi puntiamo sul lettore “forte”, anche nell’e-book».

Di Franca Porciant

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