L’Occidente non è soltanto un drink (Corriere della Sera)

di Marco Gervasoni, del 8 Febbraio 2016

Dal Corriere della Sera dell’8 febbraio

I terroristi islamisti, si dice, vogliono distruggere il «nostro stile di vita». Ma che significa? Solo sorseggiare drink all’aperto e avere rapporti promiscui? In realtà, questo stile di vita è una civiltà fondata sull’individuo, sul mercato, sul governo della legge; in cui, come dice Friedrich von Hayek, il Cosmos (ordine spontaneo) prevale sul Taxis (ordine pianificato).
È questa la radice della civiltà occidentale, che si è data in Europa – e poi nel Nuovo Mondo – perché lo Stato come «megamacchina» non è riuscito a imporsi, diversamente dalle civiltà extraeuropee dominate dal «dispotismo». Ma l’Occidente è contestato da numerosi nemici, esterni e interni, ben studiati da Luciano Pellicani nel suo ultimo libro L’Occidente e i suoi nemici (Rubbettino), scritto prima dei fatti di Parigi, tuttavia evocati dall’autore nell’introduzione.
Il fondamentalismo islamico ha infatti lanciato «una chiamata rivoluzionaria alle armi contro la Modernità», da comprendere sapendo che lo stesso Occidente ha prodotto nel suo seno una gran quantità di nemici. I principali, nel Novecento, sono stati i fascismi e il comunismo, ma ancora oggi i detrattori della società aperta scorrono dalle pagine di Pellicani. Gustose ad esempio sono quelle dedicate a Serge Latouche e ai teorici della cosiddetta «decrescita», animati da un anticapitalismo che è un po’ la cifra comune dei nemici dell’Occidente.
Certo Pellicani non confonde i due piani: un conto sono Zizek, Badiou, Agamben, e altri teorici di un neo-comunismo postmoderno, un conto i massacratori con il kalashnikov. E tuttavia, la risposta dell’Occidente alla sfida islamista non può limitarsi a essere militare – peraltro al momento assai timida. Deve essere anche culturale, come dice la vulgata.
Bisogna però innanzitutto rendersi conto che la prima azione culturale consiste nel ribadire la bontà e la solidità di una civiltà fondata sulla libertà individuale, sulla tolleranza e, per dirla con Karl Popper, sulla fallibilità delle opinioni: perché, come ci ricorda il filosofo austro-britannico, «siamo ricercatori della verità e non suoi possessori»

di Marco Gervasoni

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