Rosina: la fuga deve diventare “circolazione”. Positivo lo scambio di idee, se qualcuno arriva (Avvenire)

di Angelo Ceccherini, del 10 Febbraio 2012

Da Avvenire  – 10 febbraio 2012
Il demografo dell’Università Cattolica: che se ne vadano i laureati più qualificati è naturale ma anche un paradosso, per un Continente che ha forte necessità di loro, con la crisi demografica sempre più grave.
“Più che frenare il flusso di uscita va fatto in modo che la fuga diventi circolazione dei cervelli. La possibilità di muoversi per fare esperienze di studio e lavoro in giro per il mondo è un aspetto positivo. Diventa negativo quando per un paese sono di più coloro che partono rispetto a quelli che fanno il percorso inverso.” Alessandro Rosina è professore di Demografia all’Università Cattolica di Milano, uno degli esperti più autorevoli sul tema delle dinamiche migratorie. Aspetto che ha affrontato anche nel suo ultimo libro scritto con Maria Letizia Tanturri: Goodbye Malthus. Il futuro della popolazione: dalla crescita della quantità alla qualità della crescita (Rubbettino, 2011).
Secondo l’Eurostat, tra il 2005 e il 2010 l’Europa a 27 ha perso quasi un milione di persone l’anno: cos’è successo?
I motivi sono vari, ma la causa di fondo è la persistentemente bassa natalità. La fecondità europea è da decenni molto sotto il livello che consente un adeguato ricambio tra vecchie e nuove generazioni, con la conseguenza che la popolazione diminuisce e invecchia. La riduzione demografica è però finora stata compensata da sostenuti flussi di immigrazione. Sia immigrazione sia natalità possono risentire degli effetti di una crisi economica prolungata che frena opportunità e progetti di vita. Si parte soprattutto dai Paesi in crisi dell’Eurozona, laureati tra i 20 e i 35 anni. Che consegenze sociali ha tutto ciò?
Quello dei giovani qualificati che se ne vanno dall’Europa è al tempo stesso un fatto naturale e un paradosso. È un fatto naturale, perché per le nuove generazioni non esistono confini. È alta la loro propensione a viaggiare e a confrontarsi con esperienze diverse. È però anche un paradosso, perché l’Europa è in riserva di giovani ed ha quindi più bisogno di attrarne che di farli scappare. La sfida cruciale è puntare sulla qualità delle nuove generazioni, riconoscendone capacità e competenze e promuovendone un ruolo attivo nella società e nel mercato del lavoro, sia per chi nasce in Europa sia per chi viene da fuori.
Gli immigrati tornano in Paesi che avevano lasciato poveri e che oggi sono in piena espansione. È possibile che i flussi dall’estero siano destinati a diminuire sempre di più?
È vero che molti Paesi in via di sviluppo sono entrati in una fase di forte crescita economica e ciò riduce i flussi di uscita. Questi stessi Paesi hanno però molti giovani, come conseguenza dell’alta fecondità del passato, una parte dei quali preferisce comunque spostarsi per studio e lavoro verso l’Europa. In altre aree del mondo, come l’Africa, la crescita demografica continuerà ad essere sostenuta e i livelli di sviluppo modesti: i flussi verso l’Europa continueranno verosimilmente a essere rilevanti.

Di Angelo Ceccherini

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