Il libro di Giulio Meotti è impassibile, tutto fatti, niente retorica, nè propaganda, che però si legge con spavento (Italia Oggi)

di Diego Gabutti, del 3 Agosto 2015

Da Italia Oggi 1 Agosto

Cavalcata da brivido attraverso gli orrori delle identità europee, che come sempre si definiscono in negativo, attraverso l’invenzione delle identità nemiche, tra le quali spicca la solita, ieri il «giudeo» e oggi il «sionista», Muoia Israele. La brava gente che odia gli ebrei di Giulio Meotti (Rubbettino 2015, pp. 162, 12,00 euro, ebook 6,99 euro) è un libro impassibile, tutto fatti, niente .retorica, che si legge con spavento. È dagli anni ottanta, da oltre trent’anni, da quando distinguere tra sinistre estreme e sinistre forsennate è diventato impossibile, che l’Europa è di nuovo invasata dal demone dell’antisemitismo, come prima di Auschwitz.
Sono tempi terribili, come ogni volta che la Bestia antisemita, invece d’essere tenuta a bada da un’intellighenzia votata alla ragione, è al contrario scatenata da chierici traditori contro i «nazisionisti», contro gli «assassini di donne e bambini», i «genocidi», i «nemici del genere umano». È un antisemitismo cupo e violento, che applaude le imprese dei terroristi e banalizza la dimensione disumanistica dell’islamismo radicale, di cui gli intellettuali europei sono diventati, in larghissima parte, la cassa di risonanza, spesso anche il fan club. E un antisemitismo che invita a boicottare i prodotti israeliani, che fa spallucce quando la bomba del kamikaze esplode in un locale pubblico di Tel Aviv oppure il missile di Hamas o di Hezbollah colpisce e uccide dei civili, perché agli occhi dell’antisemita caviar ci sono donne e donne, bambini e bambini, alcuni dei quali meritano quel che gli capita: di morire negli attentati in Israele, di finire sotto le bombe e le sventagliate di mitra a Parigi, d’essere imprigionati e torturati nelle banlieu e d’essere accusati di «piagnucolare », di «monopolizzare il dolore» e di «lucrare sul senso di colpa altrui» quando osano lamentarsene. E un antisemitismo rococò, un caso clinico culturale, che nega l’accesso dei cittadini israeliani alle università, ai convegni scientifici, ai premi letterari, alle redazioni delle riviste accademiche, ai programmi televisivi. Non ha per bersaglio Israele e il sionismo (come si giustifica l’hitleriano di sinistra, e come si consolano gli «ebrei antisionisti», di cui Giulio Meotti ha illustrato le imprese in un altro grande libro, Ebrei contro Israele, Belforte 2014) ma ha per bersaglio l’ebreo in quanto tale, tenuto a pagare per i peccati d’Israele anche se non è israeliano, ma per ragioni religiose, o meglio razziali. È l’Islam rococò dell’intellighenzia progressista e reazionaria, che da oltre un secolo divide il mondo in veri fedeli da una parte e apostati, miscredenti, sottouomini e borghesi da «schiacciare come insetti» dall’altra. Meotti racconta storie esemplari e spaventose insieme. Leggetele e tremate.
‘ Un tempo, nella Vienna degli austromaxisti, di Sigmund Freud e di Gustav Mahler, di Franz Wedekind e di Gustav Klimt, l’antisemitismo era definito, da chi aveva la testa sul collo e vedeva lontano, «socialismo degl’imbecilli ». Gl’imbecilli, com’è noto, sono sempre tra noi, e continuano a essere pericolosi, e socialisti. Gli stessi
imbecilli che settant’anni fa salutavano a pugno chiuso i ritratti di Stalin, che cinquant’anni fa tifavano per la Rivoluzione culturale e agitavano il Libretto rosso
nelle piazze, che quarant’anni fa esaltavano l’ayatollah Khomeini e i suoi pasdaran, oggi stanno con l’Islam radicale, tifano per i regimi fascisti arabi, odiano gli ebrei e tuonano contro Israele – l’unica democrazia del Medio Oriente. Fasciocomunisti: sono sempre tra noi.

Di Diego Gabutti

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