Servire, non servirsi: la prima regola del buon politico (Zenit.org)

di Giuseppe Adern, del 24 Marzo 2015

Luigi Sturzo

Servire non servirsi

La prima regola del buon politico

Da Zenit.org del 24 marzo

Mentre a Roma, il Parlamento si accinge a deliberare il decalogo anticorruzione per le società di Stato al fine di impedire comportamenti opachi e corruzione, a Catania Giovanni Palladino, figlio dell’esecutore testamentario di Luigi Sturzo, ha presentato presso l’Istituto “Leonardo Da Vinci” il volume edito a gennaio 2015 da Rubbettino: Servire, non servirsi che nel titolo sintetizza la prima regola del buon politico e che ha come focus la moralizzazione della politica.
Il volume, che ha l’obiettivo di riproporre per le giovani generazioni la “questione morale” e per i politici l’impegno al servizio nella ricerca del bene comune, quasi un “memorandum” raccoglie un’antologia di discorsi, lettere articoli e interventi di Luigi Sturzo tra il 1946 e il 1959.
Particolarmente significativi sono l’intervento fatto al Senato nel luglio del 1958, contro la corruzione dell’attività politica, e alcune lettere: una indirizzata all’On. Aldo Moro nell’aprile del 1959, nella quale si oppone ai politici che fanno vergognare la Sicilia; una indirizzata nell’ottobre a Ferdinando Scajola (Segretario della Dc di Imperia e padre dell’On. Claudio Scajola) e agli amici Dc, con dei suggerimenti su come mortificare l’egoismo e combattere l’ingiustizia e l’immoralità nella vita pubblica; una lettera a Caronia (aprile 1958), evocando le battaglie per la libertà, la polemica sullo statalismo, la partitocrazia e la “sindacatocrazia”.
Poiché la politica è insensibile di fronte al dilagare dell’individualismo, don Sturzo non nasconde la preoccupazione che gli amici Dc trascurino i valori morale e li sollecita a combattere il male, che è ingiustizia e immoralità. “Non si corregge l’immoralità, scrive Luigi Sturzo, con le prediche o con gli articoli sui giornali, ma con la testimonianza della vita. Occorre che la vita pubblica sia corretta e i ministri, deputati, sindaci, consiglieri comunali, sindacalisti diano l’esempio di amministrazione rigida e di osservanza fedele ai principi della moralità”.
Queste parole sono valide in politica e in economia e, rileggendole oggi, a distanza di 70 anni sono ancora di grande attualità. Nella prefazione Palladino evidenzia le preoccupazioni del fondatore del Partito Popolare per l’apertura a sinistra da parte della Dc e sottolinea come non è stata compresa e condivisa la modernità del pensiero sturziano che avrebbe evitato gravi danni all’Italia.
Alla presentazione del volume, che condensa gocce di saggezza e semi di “bene comune” sono intervenuti Carlo Alberto Tregua direttore del “Quotidiano di Sicilia” il prof. Benedetto Torrisi, associato di Statistica economica presso l’Università di Catania, l’avv. Alberto Pistone del CISS (Centro internazionale Studi Sturzo), il prof. Salvatore Latora, cultore dell’opera dei Fratelli Mario e Luigi Sturzo ed infine Fratel Donato Petti, direttore de La rivista lasalliana, il quale ha riproposto l’idea di Sturzo sulla scuola libera, quale espressione della libertà di educazione dei genitori.

di Giuseppe Adernò

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