Alessandro De Giorgi

Traiettorie del controllo

Riflessioni sull'economia politica della pena

Cartaceo
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A partire dalla metà degli anni ”70 le società occidentali sono state caratterizzate da trasformazioni radicali che hanno investito tanto l’universo della produzione quanto quel complesso di istituzioni e pratiche di governo della società

A partire dalla metà degli anni ”70 le società occidentali sono state caratterizzate da trasformazioni radicali che hanno investito tanto l’universo della produzione quanto quel complesso di istituzioni e pratiche di governo della società che si era consolidato nel secondo dopoguerra: il risultato è una dissoluzione dell’egemonia del lavoro operaio, da cui deriva il progressivo esaurimento dei diritti che avevano definito lo statuto della “cittadinanza sociale”. Mutamenti altrettanto significativi hanno attraversato le strategie di controllo sociale. Qui si assiste a una rinnovata centralità delle istituzioni punitive, ma anche alla proliferazione di dispositivi di controllo che si situano all’esterno del sistema penale: forme di detenzione para-carcerarie riservate a particolari classi di “non-persone”.
Ma accanto al nuovo protagonismo della detenzione non si può trascurare la diffusione di pratiche di controllo rivolte al contesto urbano: il tessuto metropolitano riproduce al proprio interno forme di segregazione razziale e di classe analoghe a quelle che solcano attualmente lo scenario globale. Le gated communities americane, la cui ideologia privatistica e securitaria soffoca ogni immagine della città come spazio pubblico, esemplificano plasticamente un’ideologia segregante votata alla neutralizzazione dei nuovi paria urbani e globali. Il tema di questo libro si può allora riassumere in una domanda: è possibile individuare un nesso fra le trasformazioni che hanno caratterizzato l’universo della produzione e i mutamenti dei dispositivi di controllo sociale? Si può ipotizzare l’esistenza di un legame fra la fisionomia della forza lavoro postfordista e l’ossessione punitiva verso le nuove “classi pericolose”?