Antonio Liruti da Udine

Sonetti sopra le tragedie di Vittorio Alfieri

Edizione critica

a cura di Michael Lettieri e Rocco Mario Morano

Prefazione di Giorgio Bárberi Squarotti

Cartaceo
20,90 22,00

La nostra letteratura ricca è ancora di significative opere inedite o disperse, e benemeriti sono i critici e i filologi che recano in luce quanto giace nei fondi delle biblioteche e vale l’ardua e

La nostra letteratura ricca è ancora di significative opere inedite o disperse, e benemeriti sono i critici e i filologi che recano in luce quanto giace nei fondi delle biblioteche e vale l’ardua e avventurata pena di essere offerto al raffinato e attento lettore che non sia reso ottuso dalle fuggevoli e precarie mode. Dopo aver pubblicato, nel 2008, la tragedia Camilla di Antonio Liruti da Udine (1773-1812), l’atttenzione di Michael Lettieri e Rocco Mario Morano è ora dedicata ai sonetti che lo scrittore compose a diverse riprese, ciascuno in celebrazione e commento in versi di una tragedia dell’Alfieri come dimostrazione del valore e dell’originalità dell’Astigiano quale creatore del genere tragico, di assoluta modernità in quanto rivelatore dell’orrore e della malvagità feroce dei tiranni o proclamatore della libertà come valore. Notevole è la capacità del Liruti di condensare in ciascuno dei suoi sonetti l’argomento, lo sviluppo e il messaggio della tragedia alfieriana. Non manca nulla dell’intento e dello svolgimento della tragedia dell’Alfieri: in più, c’è la celebrazione dell’opera, perché il Liruti vuole ribadire il senso dell’idea di tragedia dell’Astigiano in funzione dell’idea militante della letteratura nel tempo delle decisive metamorfosi. C’è da dire che il Liruti è bene informato delle dispute settecentesche del genere tragico, e per questo l’enfasi dell’esaltazione della concezione del tragico che l’Alfieri offre appare tanta e tuttavia giustificata. Direi, allora che, sì, la ‘corona’ di sonetti alfieriani che compone il Liruti è un bell’esempio di originalità di tale scelta di poesia, ma, per il merito dei curatori, è una lezione di metodo, che coinvolge erudizione e storia, critica e filologia, passione della ricerca ed estremo rigore di informazione, illuminazione del grande e del vero partendo dal particolare anche minore, come è il caso del Liruti. Per il merito di Morano storico e critico e di Lettieri filologo ora molto più sappiamo della ricchezza della nostra letteratura. (dalla Prefazione di Giorgio Bárberi Squarotti)