AA.VV.

Le forme e la storia ns XV, 2022, 1-2

Letterature dei mondi. Modelli, circuiti, comparazioni

a cura di Antonio Pioletti, Attilio Scuderi, Franca Sinopoli

Cartaceo
28,50 30,00

Attilio Scuderi
Occidenti letterari

Il saggio ricostruisce la nozione di letteratura in Occidente, dalle origini classiche ai nostri giorni. Letteratura dunque come parola (da Quintiliano a Virginia Woolf ) e come oggetto, ovvero istituzione culturale

Attilio Scuderi
Occidenti letterari

Il saggio ricostruisce la nozione di letteratura in Occidente, dalle origini classiche ai nostri giorni. Letteratura dunque come parola (da Quintiliano a Virginia Woolf ) e come oggetto, ovvero istituzione culturale animata da attori (scrittore, mondo, opera, lettori) e strumenti (le nozioni di Genere, Testo, Stile, Poetica, Critica…), mutevoli nel tempo e nello spazio. La letteratura ci appare oggi, così, un sistema simbolico sempre più implicato in una rete antropologica, con la dimensione retorica, la cultura visuale, il sistema delle arti.

The Essay reconstructs the idea of “Literature” since the Origins in Classical Culture up to nowadays. Literature as a Word, from Quintiliano to Virginia Woolf, and as a thing, that is to say an historical Institution made of Actors (Writer, World, Work, Reader) and tools (Genre, Text, Style, Poetics, Criticism…), all changing in space and time. As a result Literature appears to us, today, more and more involved in an anthropological web, with Rhetoric, Visual Culture, the System of Arts, the area of symbolical functions of humanity.

Maria Serena Sapegno
Di cosa parliamo quando leggiamo la letteratura attraverso uno sguardo di genere?

Il saggio delinea uno sguardo teorico e metodologico sulla letteratura dal punto di vista di genere a partire dalle donne come soggetto di scrittura e di lettura. Solo successivamente si tratta delle donne come oggetto di scrittura. Si pone quindi il problema della lettura della tradizione e della sua decostruzione e infine del canone e delle sue ricadute formative.

The essay outlines a theoretical and methodological approach to literature from a gender perspective, starting with women as subjects of writing and reading. Only then it looks at women as objects of writing. the problem of the reading of tradition and its deconstruction is then raised, and finally that of the canon and its formative effects.

Mirella Cassarino e Lorenzo Casini
La complessa vita degli istituti letterari arabi di ieri e oggi

Il contributo è incentrato sulle regole di funzionamento del sistema letterario arabo e sui modi narrativi dell’adab. In un arco temporale lungo, diverse questioni vengono trasversalmente affrontate: i concetti di autorità, autorialità e “plagio”; i modelli strutturanti in poesia e prosa e lo statuto delle varianti; il testo sacro dell’Islam e la questione dei canoni letterari; le relazioni tra opere e destinatari; i processi di trasformazione (la paraletteratura); le fratture della Modernità (secoli XIX-XX) con lo sviluppo di generi innovati; i rapporti tra le pratiche della scrittura creativa e le forme di censura e oppressione messe in atto da diversi regimi vigenti nei paesi arabi. La nuova dimensione del letterario nell’epoca digitale modificano radicalmente le produzioni e offrono spazi vitali di espressione e di dissenso ad autori invisibili, operanti in aree attraversate da conflitti.

Through a diachronic survey of Arabic literary texts that span several centuries, this article describes the operating rules of the Arab literary system and discusses the narrative modes of the adab. The following issues are specifically addressed: the concepts of authority, authorship and “plagiarism”; the structuring models in poetry and prose and the status of variants; the sacred text of Islam and the question of literary canons; the relationships between works and recipients; the processes of transformation (paraliterature); the fractures of Modernity (19th-20th centuries) with the development of innovative genres; the relationships between the practices of creative writing and the forms of censorship and oppression implemented by different regimes in Arab countries. The new dimension of the literary in the digital age radically modify productions and offer to invisible authors operating in areas crossed by conflicts vital spaces for expression and dissent.

Flavia Aiello
La costellazione swahili

Gli sviluppi della letteratura swahili sono profondamente segnati dalla doppia natura di questa lingua africana, da un lato lingua materna delle comunità swahili, situate principalmente sulla costa del Kenya e della Tanzania e sulle isole adiacenti, dall’altro lingua veicolare diffusasi in ampie regioni interne dell’Africa orientale e centrale, inizialmente attraverso i commerci carovanieri, fioriti nell’Ottocento, poi a causa delle attività missionarie e coloniali e dopo le indipendenze grazie alle politiche linguistiche delle neo-nazioni. Lingua locale, nazionale e transnazionale, dunque, e lingua che abbraccia diversi mondi religiosi, dall’Islam delle comunità costiere e di aree interne islamizzate al Cristianesimo, la cui evangelizzazione nelle regioni continentali si basò principalmente sul swahili. Un universo letterario composito, di cui il saggio traccerà sinteticamente un quadro, evidenziando alcuni nodi teorici e critici.

The development of Swahili literature is profoundly marked by the dual nature of this African language. On the one hand, it is the mother tongue of the Swahili communities, located mainly on the coast of Kenya and Tanzania and on the adjacent islands, and on the other hand, it is a vehicular language that spread to large inland regions of East and Central Africa, initially through the caravan trade that flourished in the 19th century, then due to missionary and colonial activities, and after independence thanks to the language policies of the new nations. A local, national and transnational language, therefore, and a language that embraces different religious worlds, from the Islam of coastal communities and Islamised inland areas to Christianity, whose evangelisation in mainland regions was mainly based on Swahili. This composite literary universe will be outlined in the essay, highlighting some theoretical and critical points.

Stefania Cavaliere
La letteratura polifonica dell’India

In questo capitolo si analizza la categoria di letteratura nel panorama multiculturale e multilingue dell’India: dalle opere religiose della prima fase (i Veda e i testi che si sviluppano a loro esegesi) a quelle del periodo classico (kāvya), fino alle speculazioni teoriche sull’essenza della poesia. Oralità e scrittura si intrecciano nella storia letteraria dell’India, legandosi al dibattito linguistico fra idiomi del potere e parlate locali. Una fioritura di produzioni letterarie in vernacolo trae impulso nel secondo millennio da specifiche dinamiche socio-politiche come l’ascesa di nuove classi dominanti e la diffusione di culti devozionali e segna l’accesso alla modernità. Nuovi generi letterari vengono introdotti con l’arrivo degli inglesi, specialmente legati all’uso della prosa, che si consolida nella fase storica e politica successiva di costruzione della nazione indipendente. In particolare, nel Novecento si diffondono il romanzo e il racconto breve, ispirati al realismo e alle questioni sociali che diventano prioritarie. Attraverso una panoramica generale sulla variegata storia culturale del Paese, il saggio si chiude con alcune riflessioni sul canone letterario polifonico dell’India in una visione dinamica di World Literature e comparativismo.

This chapter analyses the category of literature in the multicultural and multilingual panorama of India: from the religious works of the first phase (the Vedas and the texts that are produced to their exegesis) to the classical period (kāvya), up to the theoretical speculations on the essence of poetry. Features of orality and writings intertwine in the literary history of India, linking themselves to the linguistic debate between idioms of power and local languages. A flowering of literary productions in the vernacular draws impetus in the second millennium from specific socio-political dynamics, such as the rise of new ruling classes and the spread of devotional cults that mark the access to modernity. New literary genres were introduced with the arrival of the British, mainly linked to the use of prose, which is consolidated in the subsequent historical and political phase of building an independent nation. In particular, in the Twentieth century the genres of the novel and the short story became popular, inspired by realism and social issues. Through a general overview of the country’s varied cultural history, this paper concludes with some reflections on the polyphonic literary canon of India in a dynamic vision of World Literature and comparativism.

Serena Fusco
Di cosa parliamo quando parliamo di letteratura: Cina, Giappone, Occidente

Questo saggio tenta di portare avanti un’interrogazione in chiave comparatistica della categoria del letterario nel contesto sinofono, crucialmente inteso come parte dei transiti di un “mondo”, l’Asia Orientale. Partendo dalla constatazione dell’egemonia della cultura letteraria cinese in questo “mondo” fino alla metà dell’Ottocento, si tenterà soprattutto di rilevare alcuni passaggi, avvenuti oppure occlusi, in cui si evidenzia, con particolare riferimento al Giappone, pur nel contesto dell’egemonia sopraindicata, una ridefinizione reciproca delle culture della zona. Andando verso la modernità, si dovrà poi tenere conto dello scardinamento politico, culturale e letterario attivato dall’impatto con la presenza coloniale delle potenze occidentali nell’area a partire dalla metà dell’Ottocento; si tratta anche di un rivolgimento storico che ridetermina fortemente il peso e il ruolo del Giappone. Si presterà attenzione all’evoluzione storica del termine/carattere cinese 文wen e alla mutevole classificazione dei generi nel tempo e nello spazio, restringendo poi il campo a una “macroforma” intrinsecamente problematica: la narrativa – intesa in maniera crescente, andando verso la modernità, come narrativa di finzione, incarnata da un corpus di testi che rispondono a criteri di artisticità e finzionalità consapevole. L’ipotesi di lavoro è che uno sguardo “a volo d’uccello” su questi mutamenti possa far riflettere su una serie di tensioni-chiave tra finzionale e fattuale, scrittura e oralità, locale e globale.

From a comparative perspective, this essay attempts an interrogation of the idea of literature in the Sinophone context, crucially regarded as part of the exchanges taking place within the “world” of East Asia. Starting from an awareness of the historical hegemony of Chinese literary culture in this “world” until the mid-nineteenth century, I shall especially attempt to tackle some transits – occurred or, to the contrary, hindered – that highlight (mainly taking Japan into consideration) a mutual redefinition of East Asian cultures, albeit within the context of the aforementioned Chinese hegemony. Approaching modernity, it will be necessary to take into consideration the political, cultural, and literary upheaval initiated by the impact of colonial Western powers in the area – an upheaval that also substantially re-determines the role and weight of Japan. I shall consider the evolution of the Chinese term/character 文wen, as well as the changing categorization of genres across time and space, finally narrowing down the field to a discussion of an intrinsically problematic “macro-form” – i.e., narrative: towards modernity, a form increasingly regarded as fiction, embodied in a textual selection regulated by concepts of artistry and self-conscious inventiveness. My working hypothesis is that such a broad gaze can help illuminate a number of key tensions – between fictionality and factuality, writing and orality, local and global dimensions.

Francesco Laurenti
Collaborative Approaches to Translation Between Europe and the Arab World During the Middle Ages

A partire dall’XI e fino almeno al XIV secolo, in seguito all’espansione islamica in Europa, la grande eredità della cultura araba, e attraverso questa di molte opere greche, fu accolta in Occidente grazie ai traduttori di diversa provenienza che si stanziarono nei più importanti centri di contatto tra mondo musulmano ed Europa: la Spagna (Toledo, e anche Valencia, Murcia, Salamanca, Siviglia) e il sud dell’Italia. La collaborazione tra intellettuali fu imprescindibile per la traduzione e l’interpretazione del sapere convogliato dai testi arabi e dai classici greci che giunsero in Europa attraverso la mediazione della cultura islamica. Le opere più rappresentative del bagaglio culturale islamico furono quindi convertite dall’arabo o dall’ebraico in lingua latina, spesso ricorrendo alle lingue romanze come lingue intermedie. Tale processo di traduzione, fondato sulla collaborazione, rappresentò la pratica forse più diffusa durante una fase del Medioevo e fu imprescindibile il contributo che questa ebbe nella trasmissione dei saperi. Il saggio intende analizzare alcuni aspetti riconducibili a tali pratiche, come la complessa tensione tra la pratica e i principi teorici che, da un certo momento in poi verranno promossi dagli studiosi europei, primo tra tutti Leonardo Bruni (che promuoveranno invece il passaggio graduale all’idea del traduttore unico). Lo studio è rivolto altresì ad una riflessione sull’implicazione di più di un soggetto scrivente e più di una posizione interpretativa nell’atto traduttivo; alla distribuzione di compiti diversi tra i membri dei team di traduzione (provenienti da differenti tradizioni culturali e linguistiche); al rapporto di tali pratiche con il processo di centralizzazione religiosa, amministrativa e politica delle future nazioni europee, attraverso l’imminente formazione delle identità  nazionali; all’inconciliabilità tra la nozione di tradizione letteraria nazionale, le traduzioni collaborative e multilingui e il “bisogno” di concettualizzare la traduzione come un’attività che riduce le versioni multiple ad una sola, distanziandola così, però, dalla propria essenza intrinsecamente plurale.

From the 11th century until at least the 14th century, as a result of Islamic expansion in Europe, the great heritage of Arab culture, and through it of many Greek works, was received in the West thanks to translators of different origins who settled in the most important centres of contact between the Muslim world and Europe: Spain (Toledo, Valencia, Murcia, Salamanca, Seville) and southern Italy. The collaboration between scholars was essential for the translation and interpretation of the knowledge conveyed by the Arabic texts that spread throughout Europe. The most representative works of the Islamic cultural background were therefore translated from Arabic or Hebrew into Latin, often using the Romance languages as intermediary languages. This process of translation, based on collaboration, was perhaps the most widespread practice during the Middle Ages and its contribution to the transmission of knowledge was essential. This paper analyzes some aspects attributable to these practices, such as the complex tension between the practice and the theoretical principles that, from a certain moment on, will be promoted by European scholars, most of all Leonardo Bruni (who will promote the gradual transition to the idea of the single translator). This essay is also a reflection on the involvement of more than one writing subject and more than one interpretative position in the act of translation; on the distribution of different tasks among the members of translation teams; on the relationship of such practices with the process of religious, administrative and political centralization of future European nations; on the irreconcilability between the notion of national literary tradition, collaborative and multilingual translations, and the “need” to conceptualize translation as an activity that reduces multiple versions to one, thereby distancing it from its inherently plural essence.

Elisabetta Abignente
Nostalgie d’Europa. Le città stratificate di Ripellino, Magris, Pamuk

Il contributo intende ripercorrere le rappresentazioni dello spazio urbano in Praga magica (1973) di Angelo Maria Ripellino, Danubio (1986) di Claudio Magris e Istanbul (2003) di Orhan Pamuk. I tre ritratti di città, che potrebbero rientrare nel genere delle “finzioni geografiche” individuato da Bertrand Westphall, sono accomunati dalla loro forma ibrida, a metà tra il saggio e il romanzo, da una simile prospettiva dall’interno e dal basso, dalla lettura della città come spazio stratificato e dalla forte presenza del tema della nostalgia, che si riflette nelle parti più intimistiche delle tre opere.

The paper aims to retrace the representations of the urban space in Angelo Maria Ripellino’s Praga magica (1973), Claudio Magris’ Danubio (1986) and Orhan Pamuk’s Istanbul (2003). The three city portraits, which could be considered into the genre of “Geographical Fictions” identified by Bertrand Westphall, can be compared for their hybrid form, between the essay and the novel, for a similar perspective from the inside and from below, for the reading of the city as a stratified space, and for the strong presence of the theme of nostalgia, which is reflected in the more intimistic parts of the three works.

Antonio Pioletti
Perchè, cosa e come comparare: postille critiche da un’esperienza

L’autore, sottolineata l’importanza dello studio comparato delle letterature non solo europee, passa in rassegna le tante tendenze critiche della comparatistica; si sofferma quindi sulla centralità della categoria di “comunità interletteraria” e ne esamina le ricadute sull’idea di canone; rilevata la necessità in questo ambito di studi dell’interdisciplinarità, riflette infine sull’esperienza scientifica del gruppo di ricerca “Medioevo Romanzo e Orientale”.

The author, having emphasized the importance of the comparative study not only of European literatures, summarizes the many critical tendencies in the comparative field; he then dwells on the centrality of the category of “interliterary community” and examines its impact on the idea of canon; remarking then on the need in this field of studies of interdisciplinarity, he lastly reflects on the academic experience of the “Romance and Oriental Middle Ages” research group.

Franca Sinopoli
Traiettorie della mondialità letteraria contemporanea in Europa: la letteratura transnazionale e la politica culturale europea

L’articolo si propone di circoscrivere il significato che la mondialità letteraria – espressione utilizzata da Goethe all’inizio dell’Ottocento principalmente per indicare la circolazione delle opere al di fuori della lingua e della cultura di origine – assume negli ultimi decenni del Novecento e nella contemporaneità avanzata. Se ne propone quindi una declinazione specifica, facente riferimento alla presenza, con particolare riguardo al contesto europeo, di una produzione letteraria di carattere transnazionale e transculturale, con ovvi riflessi sul piano della dimensione multilingue e translingue in cui essa viene prodotta. Ne consegue anche una sua valenza sul piano della politica culturale dei paesi dell’Unione Europea, che sembra riconoscersi sempre di più in un patrimonio letterario che attinge non solo alle tradizioni nazionali ma anche ai percorsi transnazionali e translingui di una parte consistente dei propri scrittori.

The article aims to circumscribe the meaning of literary worldliness – an expression used by Goethe at the beginning of the nineteenth century mainly to indicate the different forms of circulation of works outside their language and culture of origin – from the last decades of the twentieth century to the present day. A specific declination is therefore proposed, referring to the presence, with particular regard to the European context, of a literary production of a transnational and transcultural nature, with obvious repercussions on the multilingual and translingual dimension in which it is produced. This also implies its value in terms of the cultural policy of the countries of the European Union, which seem to increasingly recognise a literary heritage that draws not only on national traditions but also on the transnational and translingual paths of a substantial part of their writers.

Nora Moll
Mondialità, mondanità, worldliness: la letteratura come impegno

Il contributo prende le mosse da una rinnovata riflessione sul concetto di Weltliteratur, individuando un fil rouge che lega l’utopia umanistica e universalistica di Goethe ad alcune sue teorizzazioni più recenti, da Édouard Glissant a Edward Said e ad Armando Gnisci. Si tratta di nuove visioni, più che di teorie sistematiche, di un “tout-monde” e di una “mondanità” o “wordliness”, formulate sullo sfondo della decolonizzazione – politica, culturale e simbolica – che negli ultimi decenni ha cambiato radicalmente il nostro modo di concepire, interpretare e praticare il fenomeno letterario. Tale spinta neoumanistica, che fa dell’engagement e della prospettiva etica assunta a partire da una precisa location uno dei suoi punti di forza, pur non essendo stata compresa come tale da molti addetti ai lavori in campo comparatistico e critico-letterario, trova il suo pendant nella stessa creazione letteraria transnazionale e transculturale, legata a fenomeni quali la migrazione, l’esilio e la ibridizzazione culturale.

The present contribution starts from a renewed reflection on the concept of Weltliteratur, identifying a common thread that links Goethe’s humanistic and universalistic utopia to some of his most recent theorizations, from Édouard Glissant to Edward Said and Armando Gnisci. In all these cases, we are dealing with new visions, rather than systematic theories, of a “tout-monde” and a “worldliness”, formulated against the background of political, cultural and symbolic decolonization, which in recent decades has radically changed our way of conceiving, interpreting and practicing the literary phenomenon. This neo-humanistic drive, which draws its strength from engagement and from a location-related ethical perspective – although it has not been understood as such by many professionals in the comparative and critical-literary field – finds its pendant in transnational and transcultural writing, linked to phenomena such as migration, exile and cultural hybridization.

Stefano Calabrese
L’irresistibile ascesa del visual storytelling

Il visual storytelling è considerato una tipologia narrativa proto-adamitica rispetto a quello verbale, in quanto il linguaggio iconico rappresenta una risorsa biologica e cognitiva ereditaria per veicolare concetti in una forma semplificata o emozionalmente rilevante. La teoria formulata da Torben Grodal, in base alla quale il cinema sarebbe un attivatore senso-motorio, e i protocolli sperimentali di Antonio Damasio, in base ai quali le immagini hanno cominciato a trionfare a partire dal digital turning point degli anni Novanta, mostrano un sostanziale riassestamento della grande famiglia semiotica, a svantaggio della parola. Se Saussure nel Novecento professò la primazia del linguaggio verbale, oggi gli studi neuro-cognitivi dimostrano come il codice iconico costituisca un utensile neurale estremamente complesso, in grado di dare luogo alle narrazioni più complesse. L’attuale successo dei graphic novels è una testimonianza di questo conflitto – tuttora in corso – tra la nobiltà analitica del linguaggio verbale e la semplicità sintetica delle icone.

Visual storytelling is considered a proto-Adamic narrative typology compared to a written one, because visual language represents a biological and cognitive endowment available to man to convey concepts in a simplified or more emotionally attractive way. The Torben Grodal’s theory on cinema as a sensory-motor activator, and the probative tests provided by Antonio Damasio demonstrate that the triumph of the image starting from the digital turning point of the Nineties coincided with the discovery, in neuroimaging, of the language iconic primacy on the verbal one. Thus the twentieth-century and Saussurean certainty falls forever. According to this idea the verbal signs constituted the cognition and the communicative processes big bang, on the contrary, today we know that images constitute very complex neural packages, able to compress narrative representations even more complex. The genesis of the graphic novel and its current undisputed success once again demonstrate how verbal language belatedly imitates – in both phylogeny and ontogeny – semiotic processes that images have encoded primarily.

Camilla Cattarulla
Viaggio e modernità: scrittori ispanoamericani a Roma tra XIX e XX secolo

Nel 1909 lo scrittore uruguaiano José Enrique Rodó in Motivos de Proteo scriveva: «L’attuazione dell’idea del nostro rinnovamento si basa su un precetto fondamentale: il viaggiare. Rinnovarsi è vivere. Viaggiare è rinnovarsi». Il viaggio, e soprattutto il viaggio in Europa, torna costantemente nella vita degli intellettuali ispanoamericani, in particolare dopo il conseguimento dell’Indipendenza politica delle ex colonie spagnole, con significati diversi a seconda dei contesti ideologici e culturali di provenienza e degli obiettivi specifici. E in ogni caso i viaggiatori si muovono sempre alla ricerca dei codici di cultura europea in base alle esigenze americane di modernità e progresso. Meta privilegiata da tutti è Parigi, ma dalle tappe del viaggio europeo non sono escluse l’Italia e, ovviamente, Roma. Il saggio prende in esame il viaggio a Roma degli scrittori afferenti alla corrente del modernismo ispanoamericano mettendo in evidenza come, attraverso un resoconto che si avvale della forma della cronaca, realizzino un’esperienza odeporica votata all’estetica più che al turismo.

In 1909 the Uruguayan writer José Enrique Rodó wrote in Motivos de Proteo: «The implementation of the idea of our renewal is based on a fundamental precept: travelling. To renew oneself is to live. To travel is to renew oneself». Travel, and especially travel to Europe, constantly returns to the lives of Spanish-American intellectuals, particularly after the achievement of political independence in the former Spanish colonies, with different meanings depending on the ideological and cultural contexts of origin and specific objectives. And in any case, travellers always move in search of the codes of European culture according to the American needs of modernity and progress. Paris is the preferred destination for all, but Italy and, obviously, Rome are not excluded from the stages of the European journey. The essay examines the journey to Rome by writers belonging to the Hispano- American modernist current, highlighting how, through an account that uses the form of a chronicle, they create an odeporic experience devoted to aesthetics rather than tourism.

Paolo Cerutti, César Domínguez, Büke Sağlam
Dall’asse italo-argentino a quello globale: il dispositivo .Biblioteca di Babele. (Borges/Ricci) e la circolazione del fantastico

Questo lavoro presenta il primo studio sulla circolazione internazionale della «Biblioteca di Babele», antologia di narrazioni fantastiche curata da Jorge Luis Borges per l’editore italiano Franco Maria Ricci, pubblicata tra il 1975 e il 1985. La «Biblioteca di Babele» è stata tradotta (totalmente o parzialmente) in spagnolo, francese, tedesco, turco, coreano e giapponese. Di conseguenza, rappresenta un caso di studio esemplare per testare le definizioni di letteratura mondiale che insistono sul processo di circolazione. Lo studio della circolazione è qui circoscritto alla nascita della collana in Italia e ai due casi di esportazione in Spagna e in Turchia. Le sue conclusioni, pertanto, possono unicamente considerarsi provvisorie, ma offrono un esempio di una prospettiva di studio che richiede di prendere in considerazione tanto la dimensione collettiva degli agenti quanto la complessità ed eterogeneità dei luoghi di partenza e di destinazione.

This article is the first analysis of the international circulation of the «Biblioteca di Babele», a 1975-1985 collection of fantastic literary pieces edited by Jorge Luis Borges for the Italian publisher Franco Maria Ricci. The «Biblioteca di Babele» has been translated, either completely or fragmentarily, into Spanish, French, German, Turkish, Korean, and Japanese. It is therefore an excellent case study to test definitions of world literature that stress the relevance of circulation. The study of circulation is here restricted to the elaboration of the collection in Italy and its export to Spain and Turkey. As a result, the conclusions are provisional but illustrative of the dynamics which require that both the collective dimension of agents and the complexities and heterogeneity of the home base and destination be taken into consideration.

Antonio Gurrieri
La traduction de la créolité dans le roman La Rue Cases-Nègres de Joseph Zobel

Le roman La Rue Cases-Nègres de Joseph Zobel est le plus célèbre des tex – tes publiés par l’écrivain martiniquais, surtout grâce à son adaptation cinématographique réalisée par Euzhan Palcy en 1983. L’écrivain emploie un français créolisé qui sert à décrire l’univers caribéen. Notre objectif est l’étude de la traduction italienne du roman, en se focalisant sur les éléments péritextuels. Ces derniers agissent, en effet, comme des médiateurs de sens. Cet article vise, de surcroît, à apporter un éclairage sur les nombreux diatopismes relevés dans le texte français, afin d’analyser leur traitement en traduction. L’o – pération traductive comporte un effort supplémentaire de la part du traducteur, parce qu’elle nécessite une recherche approfondie et contextualisée.

The novel La Rue Cases-Nègres by Joseph Zobel is the most famous of the texts published by the Martinique writer, especially thanks to his film adaptation by Euzhan Palcy in 1983. The writer uses a creolized French to describe the Caribbean universe. Our objective is to study the Italian translation of the novel, focusing on the peritextual elements. They act as mediators of meaning. This article aims, moreover, to shed light on the many diatopic variations noted in the French text, in order to analyze their treatment in translation. The translation operation involves an additional effort on the part of the translator, because it requires an extensive and contextualized research.

Eliisa Pitkäsalo e Riitta Oittinen
Censura e letteratura per l’infanzia: traduzione, ritraduzione, riscrittura

Translation is always an issue of ideology and power and so is translating for children. In authoritarian societies, not only the works as such but also their translations go through the censorial processes. This article depicts the ambience and censorship of children’s literature in two contexts, the Northern and Eastern Europe after the II World War. Our starting point is the child image(s) of the authors, illustrators and publishers, as books are always – consciously or not – translated for certain kinds of audiences. Moreover, we discuss the societal background visible in children’s literature, its translations and retranslations. At the very core of translation and censorship, there is transcreation with issues such as a brand and a brand’s voice. We discuss to what extent a story for children might be seen as a conveyor of ideas and ideologies with the intent of educating the child about how to be a good citizen. This kind of branding may be seen as an operative tool, a way of approaching texts, for instance with a persuasive intention. All in all, we look at the topic from the angle of ethics and moral issues. The censored contents are often considered as harming or frightening the child. Yet, the aim of censorship is also about editing such contents that could mold the child’s outlook on life into dangerous and improper directions.

La traduzione è sempre una questione di ideologia e potere, così come la traduzione della letteratura per l’infanzia. Nelle società autoritarie e totalitarie, non solo le opere in quanto tali, ma anche le loro traduzioni subiscono processi censori. Questo articolo intende descrivere come si è manifestata la censura della letteratura per l’infanzia in due contesti, in Paesi dell’Europa settentrionale e orientale dopo la seconda guerra mondiale. Il nostro punto di partenza sono le immagini del bambino presenti ad autori, illustratori ed editori, poiché i libri sono sempre – consapevolmente o meno – tradotti per determinati tipi di pubblico. Inoltre, discutiamo del background sociale visibile nella letteratura per l’infanzia, nelle sue traduzioni e ritraduzioni. Al centro della traduzione e della censura, c’è il fenomeno della transcreazione, che include le questioni centrali del brand e della brand’s voice. In questo contributo analizziamo fino a che punto una storia per bambini possa essere vista come un vettore di idee e ideologie con l’intento di educare il bambino a diventare un buon cittadino. Questo tipo di branding può essere visto come uno strumento operativo, un modo per approcciare i testi, ad esempio con un intento persuasivo. Ci occupiamo dell’argomento anche dal punto di vista dell’etica e delle questioni morali. I contenuti censurati sono spesso considerati dannosi o spaventosi per il bambino, ma è anche vero che lo scopo della censura riguarda anche la modifica di quei contenuti che potrebbero modellare la visione della vita, da parte del bambino, verso direzioni pericolose e improprie.

Balázs Fűzfa e Antonio Sciacovelli
Letteratura nazionale in Ungheria: concezioni, canoni, dibattiti

Nel corso della sua storia, lunga più di un secolo e mezzo (a partire dal 1846), la letteratura ungherese come materia d’insegnamento scolastico in Ungheria, è stata interessata da vari cambiamenti di canone, eppure fino all’ultimo è rimasto centrale e dominante l’impianto storicistico, poiché fino ai giorni nostri non è avvenuta la svolta paradigmatica che si attendeva nel sistema scolastico ungherese. Si tratta di un aspetto caratteristico sia dell’insegnamento nella scuola media secondaria, che in quello universitario, quindi tipico anche nella formazione degli insegnanti di lettere (ungheresi). La riforma del piano di studio del 1978, con i nuovi libri di testo che ad essa si accompagnarono, aprì – un decennio abbondante prima del 1989! – la strada che conduceva verso un altro approccio, basato sulla centralità del testo letterario, così che nel quarantennio successivo sono state pubblicate in Ungheria almeno una decina di collane programmatiche di libri di testo, che a loro volta rappresentavano ben definite concezioni e prospettive della letteratura, alternative a quella storicistica. Il saggio si propone di esaminare le caratteristiche essenziali della questione, partendo dalla definizione di letteratura nazionale e dall’intreccio tra letteratura e nazione, considerando le questioni attuali sia dal punto di vista di quanto avvenuto negli ultimi quarant’anni, che delle prospettive future dell’insegnamento delle materie letterarie nelle scuole medie secondarie ungheresi.

Throughout its history, more than a century and a half long (starting in 1846), the Hungarian literature as a subject of school education in Hungary, has been affected by various changes of canon, yet it has remained central the dominant historicist system, since the paradigmatic turning point that was expected in the Hungarian school system has not yet taken place. This is a characteristic aspect of both secondary school and university teaching, and is therefore also typical in the training of (Hungarian) literature teachers. The 1978 National Study Program reform, with the new textbooks that accompanied it, opened – a good decade before 1989! – the road that led to another approach, based on the centrality of the literary text, so that in the following forty years at least a dozen programmatic series of textbooks were published in Hungary, which in turn represented well-defined conceptions and perspectives of literature, alternatives to the historicist one. This essay aims to examine the essential characteristics of the question, starting from the definition of national literature and the intertwining of literature and nation, considering current issues both from the point of view of what has happened in the last forty years, and from the future perspectives of the teaching of literary subjects in Hungarian secondary schools.

Martina Censi
Rappresentare l’eccentrico: scritture femminili nel mondo arabo contemporaneo

La prima parte del contributo è dedicata alla comparazione delle diverse posizioni che animano la critica femminista euro-americana e quella araba attorno al concetto di “scrittura femminile”. La seconda parte del contributo ospita alcuni esempi della produzione narrativa femminile nei paesi arabi dagli anni Cinquanta a oggi, con l’obiettivo di portare l’attenzione sulla specificità dello sguardo femminile, non nella sua accezione essenzialista, ma a partire dal posizionamento speciale che le donne hanno ricoperto nel corso della storia. Nonostante le varie letterature nazionali dei paesi arabi presentino delle specificità legate alla storia locale, le scritture femminili – dalla seconda metà del Novecento a oggi – sono accomunate da una particolare sensibilità nei confronti della marginalità. È proprio l’attenzione per la differenza, per quelle componenti ai margini della società che non si conformano ai modelli egemonici, che costituisce il tratto trasversale delle scritture femminili nei paesi arabi. Nei loro romanzi, le scrittrici si focalizzano su personaggi che incarnano identità non normative contribuendo a sovvertire i discorsi dominanti e i sistemi di potere.

The first part of the article is devoted to the comparison between the different positions that animate the Euro-American and Arab feminist criticism about the definition of “women’s writing”. The second part shows some examples of women’s literary production in Arab countries from the fifties to today, with the aim of shedding light on the specificity of the female gaze, not in its essentialist meaning, but considering women’s special standpoint during history. Although the various national literatures of the Arab countries show some specificities related to local history, women’s writings – from the second half of the twentieth century to today – present a particular interest towards marginality. It is precisely the attention to difference, to the marginal members of society, that constitutes the transversal feature of women’s writings in Arab countries.

Cristina Dozio
Cairo-Alessandria andata e ritorno: mappare la città attraverso l’umorismo di Nisāʾ al-Karantīnā (Donne di Karantina)

L’articolo esamina il rapporto tra umorismo letterario e rappresentazione della città in Nisāʾ al-Karantīnā (2013, Donne di Karantina) di Nāʾil al-T. ū h˘ī. Quest’opera viene messa in relazione con altri romanzi egiziani contemporaneiche, attraverso l’umorismo, mappano Il Cairo da una prospettiva inusuale, mettendo in primo piano alcune comunità marginali di residenti. Spostandosi ad Alessandria, Nisāʾ al-Karantīnā prende come bersaglio della sua satira l’intera città e la possibilità di narrarla. Questo articolo esamina come la comicità sia in grado di sfatare alcuni cliché nostalgici che contribuiscono a creare il mito letterario e cinematografico di Alessandria. Inoltre, analizza il senso dell’umorismo attribuito alla città, all’interno del romanzo, attraverso discorsi letterari (anti-epica) e non letterari (cultura popolare e umorismo regionale).

This paper looks at the interplay of literary humor and urban representation in Nisāʾ al-Karantīnā (2013, Women of Karantina) by Nāʾil al-T.ūh˘ī. This novel is set alongside other contemporary Egyptian writings that provide an unusual portrait of Cairo and its inhabitants through humor. Moving to Alexandria, Nisāʾ al-Karantīnā turns the whole city and the possibility to write about it into the target of its satire. This paper examines how humor dismantles some nostalgic clichés and how literary and non-literary discourses (anti-epics, popular culture, and regional humor) shape the Alexandrian culture of laughter in this novel.

Maria Elena Paniconi
Forme del romanzo arabo contemporaneo: aspetti critici e metodologici di una ricerca sul Bildungsroman egiziano

Esiste un “romanzo di formazione” egiziano? Come si inserisce nella storia di un genere “bifronte” come il romanzo arabo, che è al contempo transregionale – poiché presente in tutti i paesi arabi – ma così definito in termini di appartenenza nazionale? È possibile tracciare una analogia tra Bildungsroman europeo e narrativa di formazione in contesto arabo? Queste sono alcune delle domande con cui ho dato il via ad una ricerca pluriennale sul romanzo di formazione egiziano in lingua araba. Collocandosi all’intersezione tra la tradizione di studi sul Bildungsroman europeo ed extraeuropeo e gli studi di critica letteraria sul romanzo egiziano, la mia ricerca si prefigge di mostrare come questo sotto-genere d’origine europea abbia intersecato il canone romanzesco arabo nazionale lungo tutto il Novecento, a partire dalla prima codificazione di un linguaggio realistico – nazionale, sino ad arrivare alla fase del grande disincanto Nazionale e, successivamente, alle scritture sperimentali di fine secolo. Il presente saggio esplora i principali nodi critici e alcune delle questioni metodologiche poste in essere dalla ricerca, per poi dare conto, in forma sintetica, di alcuni risultati della stessa. In particolare, mi soffermo nell’ultima sezione del mio saggio sull’emersione di tre diverse tipologie di narrativa di formazione nel canone romanzesco egiziano: il “modello progressivo”, il “plot di crisi”, “la frammentazione del sé”.

How should one define the Egyptian Bildungsroman, and what are its characteristics? How did it develop inside the Arab novel tradition, which is at once a “transregional” form, and a “nationally connoted” one? Is it possible to draw an analogy between European Bildungsroman and coming-of-age fiction in the Arab context?  These are some of the questions of a multi-year research project on the Egyptian Bildungsroman in Arabic. The present essay explores the main critical issues (definitions, criteria of selection of the corpus, methods of analyses) raised by this research. After a definition of the aims of the research area covered by the project, I show how this sub-genre nourished the national Arabic canon throughout the Twentieth century, starting from the first codification of a realistic – national language, up to the phase of the great National disenchantment and, subsequently, to the experimental writings of the end of the Century. Three different patterns of Bildungsnarratives, the “progressive model”, the “crisis plot”, “the fragmentation of the self ”, are presented in the last part of the essay as an exemplification of the results of the research.

Elisa Carandina
«Io sono il corpo che è stato strappato al corpo»: ars poetica come pratica di resistenza nella produzione poetica di Hila Lahav

La produzione artistica di diverse autrici contemporanee di lingua ebraica manifesta un interesse privilegiato per il corpo e le sue capacità espressive. Il rapporto tra corpo e creazione artistica si sviluppa secondo due prospettive complementari: da un lato come relazione con il corpo abitato e percepito quale condizione necessaria per l’atto creativo, dall’altro come parola che si fa carne. Questi due poli, corpo rappresentato e corpo della parola, permettono di delineare un percorso di ricerca di un discorso poetico che tenta di fare ritorno al corpo come unico mezzo per raccontare una storia. Tra le molteplici forme che questo discorso assume nella creazione artistica contemporanea, il corpo quale soggetto inevitabile attorno e attraverso il quale definire il proprio ruolo di autrice è al centro della produzione poetica di Hila Lahav. La sua scrittura del corpo come espressa in particolare nella raccolta poetica ‘Ad ha-boqer (Fino al mattino), 2014, sarà l’occasione per una riflessione sul rapporto tra ars poetica e pratiche di resistenza alla violenza.

The artistic production of several contemporary authors in the context of Hebrew literature manifests a privileged interest in the body and its expressive capacities. These literary works can be approached by two complementary perspectives: on the one hand as relationship with the body inhabited and perceived as a necessary condition for the creative act, on the other hand, as words becoming flesh. These two poles, body represented and body of the word, allow to outline a research path of a poetic discourse that tries to return to the body as a way to tell a story. Among the many forms that this discourse takes in the contemporary Hebrew literature and Israeli art, the body as an inevitable subject around and through which to define one’s role as an artist is at the center of Hila Lahav’s poetic production. Her writing of the body as expressed particularly in the poetic collection ‘Ad ha-boqer (Until Morning), 2014, will be the occasion for a reflection on the relationship between ars poetica and practices of resistance to violence.

Dario Miccoli
Arcipelago: scrittori ebrei sefarditi nell’Italia postcoloniale

In quest’articolo sono presentati scrittori ebrei originari del Medio Oriente, del Nord Africa e del Mediterraneo orientale – nello specifico: Libia, Egitto, Tunisia e Rodi – emigrati nel corso degli anni Cinquanta e Sessanta del Ventesimo secolo verso l’Italia. Attraverso l’analisi di un corpus di romanzi, autobiografie e memoirs pubblicati perlopiù negli ultimi vent’anni, viene mostrato in che modo tematiche che riguardano la migrazione, il ricordo del paese d’origine e l’adattamento a quello d’arrivo siano presenti nelle loro opere, che dunque da un lato si inseriscono all’interno della letteratura migrante italiana e della storia dell’Italia (post)coloniale, dall’altro si collegano a una diaspora letteratura sefardita estesa su più lingue (per esempio ebraico e francese) e paesi. Scrittori quali Miro Silvera, Isacco Papo, Daniela Dawan, Paolo Terni e molti altri, attraverso il racconto di mondi nordafricani e levantini scomparsi, compongono così una sorta di «arcipelago» letterario, a partire dal quale interrogarsi su aspetti fondativi dell’identità ebraica e italiana, così come su fenomeni – come la migrazione e esperienze di displacement – sempre più centrali nell’età contemporanea e nella sua narrazione.

This article presents Jewish writers from the Middle East, North Africa and the Eastern Mediterranean – specifically: Libya, Egypt, Tunisia and Rhodes – who emigrated to Italy in the 1950s or 1960s. Based upon the analysis of a corpus of novels, autobiographies and memoirs published mostly in the last twenty years, the article discusses issues of migration, the memory of the country of origin and the adaptation to that of arrival. Their works can be inscribed on the one hand in the Italian migrant literature and in the history of (post)colonial Italy, and on the other hand in a more global Sephardi literary diaspora, extending over several languages (for example Hebrew and French) and countries. The article demonstrates that authors such as Miro Silvera, Isacco Papo, Daniela Dawan, Paolo Terni and many others, through the narration of vanished North African and Levantine worlds, compose a sort of literary «archipelago», that allows us to question foundational aspects of Jewish and more generally Italian identity, as well as phenomena – such as migration and experiences of displacement – increasingly central in the contemporary age and in its literary narration.

Alessandra Di Maio
La fiaba del Mediterraneo Nero: Quando il cielo vuole spuntano le stelle di E.C. Osondu

Pubblicato in prima mondiale in italiano nel 2020, Quando il cielo vuole spuntano le stelle del nigeriano E.C. Osondu racconta, attraverso lo sguardo e la voce di un giovane africano di un paese non meglio identificato, uno dei fenomeni più significativi della nostra storia contemporanea, l’odissea di chi sfida il Mediterraneo per raggiungere l’Europa. Il protagonista di questo classico romanzo di formazione dai toni fiabeschi sogna di arrivare a Roma, città sacra nota per la sua bellezza. Per raggiungerla, il giovane attraverserà il deserto e il mare, incontrando un’umanità in movimento, con cui condividerà storie, esperienze, aspirazioni. Il viaggio è rito di passaggio intimo ma anche condivisione di un destino collettivo di migrazione che caratterizza la storia della diaspora africa. Raccontarlo assicura la sopravvivenza in un mondo in cui i confini nazionali si confondono nello spazio del bisogno e del desiderio. Il romanzo di Osondu, inquadrato nel contesto teorico del Mediterraneo Nero, narra l’aspetto tutto umano della vicenda migratoria cui siamo sovraesposti nelle cronache quotidiane, ribaltandone la prospettiva e l’aspettativa in chiave poetica.

E.C. Osondu’s novel When the Sky Is Ready the Stars Will Appear tells the story of an unnamed African boy from an unidentified country who leaves home to reach the city of his dreams, Rome. In his voice, we hear those of the uncountable migrants from Africa who cross the desert and the sea searching for opportunities, democracy, and better life conditions in Europe. With his travel partners, the protagonist shares stories, experiences, and expectations. The journey is an intimate, spiritual, rite of passage – Rome is not only renowned for its beauty but also for being the Pope’s city – as well as a collective experience of displacement that has marked the history of the African people for centuries. Telling this story, and its complex history, ensures survival in a world whose borders remain a conundrum. Reading Osondu’s fablelike coming-of-age novel within the Black Mediterranean theoretical framework helps us readers to better understand the historical implications of one of the most important phenomena of our time, from a perspective overturning that offered by the mainstream media.

Valentina Conti
Traumascapes: morfologie a confronto

Il trauma individuale agisce a livello narrativo come un vuoto (un gap), un’esperienza perduta o non recuperabile, e soprattutto potrebbe derivarne un racconto senza le emozioni che gli eventi hanno prodotto oppure una rassegna delle emozioni senza alcun ricordo degli eventi. Poiché la “memoria narrativa” integra le esperienze in schemi mentali preesistenti ed è accompagnata da stati emotivi coerenti con essi, chiunque sia stato colpito da disturbi post-traumatici da stress deve organizzare delle ri-esecuzioni narrative per “superare” il trauma. Diversamente, il trauma collettivo è un fenomeno più complesso, vissuto nel tempo e attraverso le generazioni da una molteplicità di persone che condividono un’identità, un’affiliazione o una circostanza. Questo contributo mette a confronto le caratteristiche morfologiche a livello narrativo delle memorie traumatiche individuali e quelle collettive e il modo in cui esse vengono integrate e diffuse all’interno dell’immaginario collettivo.

At a narrative level, individual trauma manifests itself as a gap, a lost or unrecoverable experience, which could result in a story without the emotions that the events produced or a review of emotions without any memory of the events. The “narrative memory” integrates the experiences into pre-existing mental schemes and is accompanied by emotional states consistent with them, therefore anyone who has been affected by post-traumatic stress disorder must organize narrative re-executions to “overcome” the trauma. Otherwise, collective trauma is a more complex phenomenon, experienced over time and across generations by a multiplicity of people who share an identity, an affiliation or a circumstance. This contribution compares the morphological characteristics of individual and collective traumatic memories at the narrative level and the way in which they are integrated and disseminated within the collective imagination.

Antonio Pioletti
Rappresentazioni letterarie dell’alterità. Il Sé e la sofferenza dell’Altro

L’autore torna ad affrontare il tema di una fenomenologia di rappresentazioni letterarie dell’alterità. Tratta qui, con riferimento al Conte del Graal di Chrétien de Troyes e ad alcuni romanzi di Anna Maria Ortese, una tipologia definibile come l’assunzione da parte del Sé delle sofferenze dell’Altro e del mondo.

The author addresses once more the question of a phenomenology of literary representations of otherness. By examining Chrétien de Troyes’ Le Conte du Graal and some novels by Anna Maria Ortese, he deals with a typology that can be defined as the assumption by the Self of the sufferings of the Other and of the world.

Marilia Marchetti
Édouard Glissant et la fascination des totalités inachevées

Écrivain martiniquais, Édouard Glissant choisit la langue française, de l’extérieur de l’Exagone. Son oeuvre se situe en défiance de l’usage habituel du langage. Elle suggère, selon la belle expression de Jean Tardieu, «les traces d’un monde azuré qui leur fut permis». Après avoir interrogé dans un premier temps, l’appartenance au double pays, je creuserai le concept de passeur, pour établir ensuite dans l’inachèvement, le véritable enjeu de toute poétique. Le poète peut alors, dans cette perspective, «enfanter des bouleversements qui nous changent».

Writer from Martinique, Édouard Glissant chooses to write in french. I will define what a «passeur» means for the poet and how he is able to «enfanter des bouleversements qui nous changent».

Marilia Marchetti
Andréas Pfersmann, La littérature irradiée. Les essais nucléaires en Polynésie française au prisme de l’écriture

Entre 1966 et 1996 et après les essais dans le Sahara, la France accomplit, avec le CEP33, 193 essais nucléaires dans les atolls de Moruroa et de Fangataufa, en Polynésie française, Elle s’engagera, en 1996, à ne plus jamais réaliser d’autres essais nucléaires. En 2016, François Hollande en reconnaît «l’impact sur l’environnement et la santé». La France a «une dette à l’égard de la Polynédsie française», déclare enfin Emmanuel Macron au cours de sa visite dans l’archipel, au mois de juillet 2021. Dans son livre La littérature irradiée, Andréas Pfersmann aborde la question encore épineuse, par le biais original de textes littéraires, chansons et performances.

After Sahara essais, France achieves 193 nuclear essais in Moora and Fangataufa, Polynésie française. In 1993 nuclear essais will be forbidden. In 2016, François Hollande recognizes «l’impact sur l’environnement et la santé» and in 2021 Emmanuel Macron says that France has got «une dette à l’égard de la Polynésie française». With his interesting book La littérature irradiée, Andréas Pfersmann faces up the problematic.

Deepak Unnikrishnan and Lorenzo Casini
“[…] Until I step in and explain myself ”. An interview with Deepak Unnikrishnan

Deepak Unnikrishnan, autore del pluripremiato romanzo Temporary People (2017), è considerato uno dei principali esponenti della letteratura della migrazione dei paesi del Golfo. La sua originale poetica stimola riflessioni fondamentali sulle «letterature dei mondi» e sulla comparazione, a partire dai limiti di qualsiasi epistemologia fondata su agili costruzioni binarie di identità e alterità. Nel corso dell’intervista l’autore riflette su queste questioni e sulla diversa recezione della sua produzione letteraria negli Stati Uniti, in India e nei paesi del Golfo.

Deepak Unnikrishnan, author of the award-winning novel Temporary People (2017), is one of the most interesting representatives of Gulf migration literature. His original poetics is of pivotal importance for a critical reflection on world literatures and comparatism as it questions epistemology founded on pre-determined conceptions of identity and alterity. In this interview, the author reflects on these questions and on the different reception of his work in the United States, India and the Gulf.