Romeo Bufalo

Piacere e bellezza

Percorsi del sentire tra '700 e '800

Cartaceo
10,79 11,36

Pasquale Galluppi considerava quel particolare piacere procuratoci dal bello come uno dei più importanti «mezzi per essere felici». L’autore di questo volume cerca di rintracciare gli antecedenti storico-teorici di tale prospettiva ricostruendo un percorso

Pasquale Galluppi considerava quel particolare piacere procuratoci dal bello come uno dei più importanti «mezzi per essere felici». L’autore di questo volume cerca di rintracciare gli antecedenti storico-teorici di tale prospettiva ricostruendo un percorso che parte dai primi decenni del ’700 e giunge fino agli anni ’40 del XIX secolo. In tale itinerario vengono sinteticamente rivisitati autori più e meno noti: da Hume e Addison a Du Bos, André e Condillac; da Maupertuis ed Helvétius a Diderot, P. Verri, Kant, fino a Leopardi e Galluppi. L’elemento che dà consistenza filosofica alle diverse teorie del piacere di cui si discute nel volume (ed alle connesse teorie del bello) è un sentire inteso, al di là delle diverse configurazioni e dei diversi stili di analisi, come capacità di porsi in sintonia con quell’universo magmatico e caotico che è stato quasi sempre rinchiuso dentro i confini dell’irrazionale. Comune a quasi tutti gli autori presenti nella parte antologica del libro è la convinzione che gli uomini, forse più che per la fame e per la sete, soffrano per quei sottili, indecifrabili e indefinibili “dolori innominati” (Verri) di cui la noia, il disagio esistenziale, l’inquietudine sono i sintomi più appariscenti. È per sfuggire a questo “mal di vivere”; è per evitare di essere risucchiati dal vortice del “nulla” (Leopardi) che gli uomini hanno inventato gli “innocenti piaceri del bello” (Galluppi). Che forse non servono a nulla in particolare, ma che tuttavia riescono ad allentare la morsa terribile di quella che, da lì a qualche anno, Sören Kierkegaard chiamerà la “malattia mortale”.