Opera Omnia VI
Skanderbeg sventurato
Cartaceo
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Il poema, che si articola in 33 canti e 6 brani lirici autonomi, ad onta del titolo non ruota attorno alla figura dell’eroe, menzionato di sfuggita nel primo libro e del tutto assente nell’ultimo.
Il poema, che si articola in 33 canti e 6 brani lirici autonomi, ad onta del titolo non ruota attorno alla figura dell’eroe, menzionato di sfuggita nel primo libro e del tutto assente nell’ultimo. Il De Rada tace per di più sulle epiche imprese contro i turchi, preferendo insistere sulla sua sventura, sul suo traviamento, sui lutti familiari, sull’amore infelice, sulla progressiva e dolorosa presa di coscienza della necessità di assumere un impegno gravoso e disperato, che arriva al suo apice quando le esperienze della vita lo hanno distaccato da un mondo di cui avverte ormai appieno la vanità.Ad essere sventurata è anche l’Albania di cui si descrive il progressivo sgretolamento per i noti eventi storici aggravati dalle colpe di una nobiltà spesso rissosa, egoista e indifferente al richiamo della religione.In realtà le vicende di Skanderbeg e dell’Albania sono per l’Autore solo un pretesto per dipingere i riquadri del suo monumentale affresco sulla sventura umana, identica in tutti i tempi e in tutti i luoghi. L’ispirazione più profonda deriva dalla pascaliana, dolente consapevolezza della miseria e grandezza dell’uomo, della precarietà dell’esistenza esposta all’inesorabile erosione del tempo, del destino ignoto che incombe su ciascuno.Se dietro le fittizie maschere dei numerosi personaggi si celano il volto e la esperienze di ogni uomo, da ogni pagina è però possibile cogliere in trasparenza la storia personale dell’autore, i suoi ideali, le sue delusioni, le crudeli ferite infertegli dalla vita. Sotto questo aspetto l’opera può essere vista come un diario criptico che abbraccia un periodo di 42 anni, dal 1837 al 1879.