Il Palazzo Falconieri e il palazzo barocco a Roma

atti del convegno indetto all'Accademia d'Ungheria in Roma : Roma, 24-26 maggio 1995

a cura di Gábor Hajnóczi e László Csorba

Cartaceo
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Lectori Salutem!
Francesco Borromini uno degli artisti più magnifici dell’arte barocca universale, colui che accanto a Lorenzo Bernini dette il maggior contributo all’immagine urbanistica della Roma seicentesca, non si recò mai in Ungheria. In base

Lectori Salutem!
Francesco Borromini uno degli artisti più magnifici dell’arte barocca universale, colui che accanto a Lorenzo Bernini dette il maggior contributo all’immagine urbanistica della Roma seicentesca, non si recò mai in Ungheria. In base alle nostre conoscenze non ebbe amici ungheresi e nessun’influenza o esperienza rilevante che potrebbe legarlo in qualsiasi senso all’Ungheria. Eppure, ovunque nel mondo viene pronunciato il suo nome, gli ungheresi diventano fieri e si sentono come se venissero lodati un po’ loro stessi , poiché in qualche maniera questo genio del barocco, dotato di una fantasia stravagante è anche nostro. La ragione è un caso fortunato che trova le sue spiegazioni nelle svolte della storia ungherese del Novecento.
Nella Prima guerra mondiale, l’impero centenario degli Asburgo, nella sua ultima forma chiamata la Monarchia Austro-Ungarica , a fianco della Germania , fu sconfitto dagli Stati del¬l’Intesa Triplice. In seguito a questa sconfitta fu sciolta anche l’Un¬gheria storica perdendo due terzi del suo territorio e la metà dei suoi abitanti, e il trattato firmato a Trianon nei dintorni di Parigi l’aggravò di sanzioni economiche e militari. Poiché una parte di questi avevano chiaramente un’origine di potere politico ed erano in contrasto con i principi fondamentali delle relazioni internazionali, l’Ungheria che cercava di uscire dall’isolamento della politica internazionale, ha superato con successo l’appoggio di uno dei vincitori, dell’Italia per la revisione di queste disposizioni. Il primo ministro italiano, Benito Mussolini, negli anni 1920 intendeva condurre una politica attiva nel Bacino danubiano, quindi appoggiò la collaborazione più stretta con gli ungheresi. All’interno di questa collaborazione nel 1927 i due paesi stipularono un accordo bilaterale di collaborazione culturale, cui faceva parte la fondazione di un Collegium Hungaricum a Roma. L’istituzione fu fondata per accogliere i giovani borsisti scienziati ed artisti, con lo scopo di far conoscere all’élite ungherese oltre i tesori dell’antichità e del cristianesimo, anche la cultura dell’Italia moderna. Gli esperti ungheresi cercarono una sede adeguata e il caso si intromise in questo punto nella nostra storia. Gli eredi della famiglia dei conti Medici del Vascello offrirono per vendita il loro palazzo che si trovava nel centro di Roma, a Via Giulia n. 1.
L’edificio , il Palazzo Falconieri , si trova sul lungotevere da ben seicento anni, a pochi passi dalla facciata posteriore del famoso palazzo della famiglia Farnese, che si affaccia verso il giardino. Non sappiamo molto della sua storia più antica , la sua epoca d’oro ebbe inizio quando fu comprato dalla ricchissima famiglia fiorentina Falconieri per accogliere il figlio prodigo della famiglia, Orazio Falconieri con la sua giovane sposa, Ottavia Sachetti. Conosciamo bene i tratti del volto di entrambi, poiché il loro monumento funebre ornato di bassorilievi si trova in fondo a Via Giulia, nell’abside della Chiesa della nazione fiorentina, nella Chiesa di San Giovanni Battista. Quindi fu questa giovane coppia ad incaricare il maestro Francesco Borromini per trasformare il vecchio edificio gotico, lasciando volare liberamente la sua straordinaria fantasia, decorando le sale e i corridoi con stucchi meravigliosi. Il genio non si smentì , gli esperti sostengono che abbia realizzato una delle sue opere mondane (non ecclesiastiche) più magnifiche appunto qui in Via Giulia. Alle aule piene delle decorazioni di stucchi, stupefacenti per il colore e per la ricchezza delle forme si accosta degnamente la particolare loggia costruita sul tetto del palazzo, dove la terrazza che offre un panorama vertiginoso viene circondata da una transenna di balaustre arricchita a sua volta dalla presenza delle teste di Giana-Giano, di effetto drammatico. Anche queste realizzate con la tecnica degli stucchi. Con il passare dei secoli la famiglia dei Falconieri si unì con quella dei princìpi Carpegna e non ebbero più bisogno di questo palazzo, quindi lo affittavano per lo più a cardinali. Infine negli anni 1890 lo vendettero al generale Giacomo Medici, eccellente soldato garibaldino che per gli straordinari meriti durante le lotte per l’unificazione d’Italia fu onorato dal re Vittorio Emanuele II con il titolo di marchese e con il prenome ‘del Vascello’. Il generale Medici offrì il Palazzo Falconieri a Luigi, suo nipote , e lo Stato Ungherese infatti poteva acquistarlo dai suoi eredi, nel 1927, con l’appoggio personale del primo ministro Mussolini.
Quest’anno l’Ungheria è proprietaria di uno dei palazzi più belli di Roma da settantasei anni. Le istituzioni che vi si trovano , l’Accademia d’Ungheria (Collegium Hungaricum) con mansione scientifica e culturale, e l’Istituto Pontificio Ungherese , devono molto alla forza attrattiva delle opere meravigliose di Borromini. Ma lo Stato Ungherese infatti ha una cura particolare di quest’edificio, si occupa della manutenzione, del restauro necessario, permette le visite guidate agli interessati. E cerca di contribuire anche alla maggiore conoscenza dell’opera intera di Borromini. Proprio per questo, il prof. Gábor Hajnóczi, professore ordinario di storia dell’arte presso l’Università Cattolica Péter Pázmány nonché titolare del Dipartimento di Lingua e Letteratura Italiana della stessa università, ha avuto l’iniziativa quando lavorava nella Città Eter¬na come vicedirettore dell’Accademia d’Ungheria in Roma, di unire gli studiosi dei palazzi barocchi di Roma e di discutere i risultati più interessanti delle ultime ricerche del loro campo. L’incon¬tro ha avuto luogo il 24-26 maggio del 1995 presso la sala conferenze dell’Ac¬ca¬demia d’Ungheria, al piano nobile del Palazzo Falconieri. Il lettore ora tiene in mano gli interventi di questo convegno.
Un ringraziamento sincero al professor Hajnóczi per la stupenda iniziativa, e un ringraziamento agli studiosi per i preziosi interventi! Purtroppo le condizioni finanziarie della pubblicazione di questo volume sono state molto più difficoltose del previsto, e così alcuni degli autori hanno pubblicato già altrove i propri studi. La pubblicazione infine è stata possibile grazie ad un contributo del Programma del Patrimonio Spirituale del Ministero del Patrimonio Culturale Ungherese. Un ringraziamento sincero per il loro aiuto.Le ricerche dell’opera di Borromini naturalmente proseguono. L’Istituto Storico Fraknói Vilmos dell’Accademia d’Ungheria in Roma è pronto ad invitare nuovamente per un nuovo scambio scientifico gli esperti, gli studiosi e gli appassionati dell’arte del maestro barocco immortale.
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è una profonda tristezza e dolore per me, che l’ideatore e l’organizzatore del convegno su Borromini, il prof. Hajnóczi non potrà vedere la pubblicazione di questo volume. Dopo il suo rientro da Roma (1995) in Ungheria lo aspettavano ancora anni pieni di lavoro. Ha fondato il dipartimento di lingua e letteratura italiana dell’Università Cattolica Péter Pázmázy e fino alla sua morte è stato alla guida di questo dipartimento. Ha continuato il lavoro di ricerca sull’opera di Leon Battista Alberti, ha organizzato nuovi convegni, ha fatto diversi interventi in molti incontri scientifici ungheresi e internazionali. Negli ultimi anni varie volte è stato ospite dell’Accademia d’Ungheria in Roma. La sua grave malattia l’ha consumato in un arco di tempo tragicamente breve. Si è spento all’età di 62 anni, il 18 gennaio 2005.
L’autunno del 2003 il professor Hajnoczi è stato ospite della Villa Tatti, Centro di Ricerca del Rinascimento Italiano dell’Università Harvard a Firenze. Un giorno sono andato a trovarlo per fare un pranzo insieme e per poter discutere i nostri progetti futuri con il prof. Joseph Connors, direttore del centro. Dopo la bellissima giornata trascorsa, nel crepuscolo del pomeriggio ci siamo stretti la mano per l’ultima volta sotto la pioggia fina, all’ombra dei cipressi neri. L’ho visto lì per l’ultima volta , e lo ricorderò sempre con quest’immagine.
László Csorba
direttore

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collana: Varia, bic: AMA, 2009, pp 362
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isbn: 9788849808520