Antropologia e romanzo

a cura di Domenico Scafoglio

Cartaceo
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Tra l’antropologia e la letteratura è fino a qualche decennio fa esistito un rapporto di reciproco disinteresse, se non di implicita negazione: gli antropologi hanno creduto di reprimere sistematicamente o di rimuovere la soggettività,

Tra l’antropologia e la letteratura è fino a qualche decennio fa esistito un rapporto di reciproco disinteresse, se non di implicita negazione: gli antropologi hanno creduto di reprimere sistematicamente o di rimuovere la soggettività, l’immaginazione e la forma come elementi costitutivi delle opere umanistiche, estranei alle procedure dell’antropologia, finché non si sono accorti che essi occupavano un ruolo non trascurabile nella pratica concreta della scrittura etnografica. È da allora che la reciprocità negativa ha cominciato a trasformarsi in un rapporto dialettico: i testi, raccolti in questo volume al termine di un importante convegno, promosso dalla cattedra di Antropologia Culturale dell’Università di Salerno in collaborazione con la sezione “Antropologia e Letteratura” dell’Associazione Italiana per le Scienze Etnoantropologiche, rappresentano un momento significativo di questo percorso. Per gli antropologi occuparsi di romanzi ha significato innanzitutto individuare nuove fonti, a volte di indubbio valore etnografico, confrontarsi con altri modelli di narrazione, con cui la narrazione etnografica condivide somiglianze e dissomiglianze di segno forte; mentre l’interpretazione antropologica del romanzo si è arricchita delle prospettive del “decentramento antropocentrico” e della costruzione dei modelli culturali che gettano luce sulle creazioni letterarie. Un modo di leggere i testi con le cifre delle discipline etnoantropologiche che trova il suo fondamento nell’idea che il romanzo è un’esperienza di vita e che l’antropologo e il romanziere sono due compagni di viaggio, impegnati nello stesso percorso di conoscenza.