«Il veleno? Sta nelle parole» – Guarducci: così il linguaggio ha reso violenta la nostra società (Corriere Fiorentino)

di Marco Luceri, del 13 Dicembre 2013

Fabrizio Guarducci

La parola ritrovata

Ricostruire l'uomo attraverso il linguaggio

dal Corriere Fiorentino (Corriere della Sera) del 13 Dicembre

È ipotizzabile un mondo in cui le persone si lasciano sedurre dalle parole e non dal potere o dal denaro?
È con questo auspicio che si apre il nuovo libro di Fabrizio Guarducci (direttore dell’Istituto Internazionale Lorenzo de’ Medici), “La parola ritrovata: ricostruire l’uomo attraverso il linguaggio” (ed. Rubbettino), che lo studioso fiorentino presenterà oggi alle 18 a Firenze presso la Biblioteca del British Institute (Lungarno Guicciardini, n. 9) insieme al critico d’arte Philippe Daverio e a Sandro Bernardi, ordinario di Storia del Cinema dell’Università di Firenze.
«Questo libro nasce dall’esigenza di mostrare come il linguaggio odierno abbia reso la nostra società così violenta e disumanizzante – ci spiega Guarducci – Il linguaggio è costitutivo dell’essere umano e determina anche i rapporti intersoggettivi, visto che le parole sono sempre rivolte a qualcun altro. Le parole non sono mai “neutrali”, visto che “fanno” le cose, sono atti le cui conseguenze positive o negative dipendendono dall’uso che se ne fanno. Oggi stiamo assistendo a un impoverimento progressivo del linguaggio, e ciò è un effetto della globalizzazione, un processo che sopprime ogni forma d’identità. La violenza è l’espressione più manifesta di questa tendenza. L’esposizione alla violenza sia nella realtà intorno a noi sia da parte dei media, stimola comportamenti aggressivi, perciò il lessico che ha maggiore forza, che si impone e resiste nel tempo è quello “tossico”». Questa alta concentrazione di «tossicità» Guarducci la trova non solo nei discorsi, ma anche nelle singole parole: «Prendiamo un termine come “pace”, sembra una parola positiva, ma è sempre legata al suo opposto “guerra”. Ecco allora come un termine viene usato dai media quasi sempre per evocare il suo contrario. Un altro esempio? La parola “politica”. Oggi questo termine ha un potenziale tossico elevatissimo, tant’è che la gente se ne è allontanata sempre di più. E invece non dovrebbe essere così, perché politica può e deve essere una parola bellissima, nobile, e lo stesso vale per la parola orgoglio».
E allora come si fa a costruire un nuovo linguaggio senza restare chiusi nel vano orizzonte dell’utopia? «La risposta la possiamo trovare nella scoperta scientifica dei neuroni-specchio – spiega Guarducci – con cui si è compreso come l’empatia sia un fattore fondamentale per l’acquisizione del linguaggio, poiché innesca meccanismi imitativi. Invece di essere usato unicamente per produrre violenza, il linguaggio può quindi diventare uno strumento positivo, attraverso un nuovo orientamento narrativo, che può partire già nei primi anni di scuola, come è successo ad esempio in alcune realtà di Arezzo e Grosseto. Bisogna sviluppare e diffondere forme di scrittura creativa, di narrazione autobiografica, e di linguaggi artistici, come quelli della musica, del teatro e del cinema, che portino le persone a una migliore conoscenza di sé e del proprio potere. L’obiettivo finale di questo empowerment è quello di cambiare l’uomo dalle fondamenta, di ricostruirlo alla luce di un nuovo umanesimo».
A questo ambizioso progetto, «una rivoluzione per cambiare la società», Guarducci dedicherà altri tre volumi, già messi in cantiere, in cui cercherà di ripensare i linguaggi del trascendente, dell’economia e della medicina.

di Marco Luceri

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