Vent’anni prima del “boia chi molla” (Catanzaropolitica.it)

del 7 Aprile 2014

Alessandro De Virgilio

Le quattro giornate di Catanzaro

25-28 gennaio 1950: la città in rivolta per il capoluogo

Da Catanzaropolitica.it

I moti scoppiati nel luglio 1970 a Reggio contro la designazione di Catanzaro a capoluogo della Calabria hanno un precedente. Gia’ nel gennaio del 1950 la contesa con Catanzaro era esplosa nelle piazze, ma fu in quest’ultima citta’ che si verificarono i disordini . Quando un comitato parlamentare indico’ la consorella come capoluogo, i reggini si riversarono nelle piazze, inducendo la commissione Affari Istituzionali della Camera dei Deputati a non tenere conto di quella indicazione, formalizzata nella relazione “Donatini- Molinaroli”, dal nome del presidente Ezio Donatini, e dell’estensore, Antonio Molinaroli.
Furono allora i catanzaresi a mobilitarsi e a scontrarsi con la Polizia. La notizia del dietrofront della commissione raggiunse la citta’ la sera del 24 gennaio 1950. “Le quattro giornate di Catanzaro. 25-28 gennaio 1950, la citta’ in rivolta per il capoluogo” e’ il titolo del libro scritto dal giornalista Alessandro De Virgilio, edito dalla Rubbettino, giunto negli scaffali delle librerie in questi giorni. Le quattro giornate di mobilitazione totale portarono alla paralisi i servizi, con la chiusura degli uffici, delle scuole e dei negozi, e il fermo dei mezzi di trasporto pubblici. Furono giorni scanditi da manifestazioni imponenti per le vie della citta’, con comizi e cortei nei teatri e nelle piazze, alle quali presero parte migliaia di persone, in rappresentanza di tutti i ceti sociali. La città era stata chiamata alla rivolta da un comitato d’agitazione e dalla stampa locale dell’epoca, che se ne fece portavoce. La decisione di rimettere in discussione la scelta, rinviandola ad un futuro pronunciamento del Parlamento, era stata assunta in seguito alle forti pressioni dei rappresentanti politici di Reggio e dopo che i reggini avevano a loro volta dato vita ad accese manifestazioni di piazza svoltesi senza problemi per l’ordine pubblico.
Fu invece a Catanzaro che il 26 gennaio i dimostranti si scontrarono con la Polizia. Una carica della Celere, avvenuta davanti alla sede del Provveditorato regionale alle Opere Pubbliche, provocò 14 feriti . La contesa per il capoluogo della Calabria suscitò aspre polemiche che richiamarono l’attenzione dei mezzi d’informazione nazionali e un acceso dibattito parlamentare sull’istituzione delle Regioni. La protesta di Catanzaro fu soffocata dal venir meno del progetto regionalista, attuato solo negli anni Settanta, quando la rivolta divampò a Reggio.
Il libro “Le Quattro giornate di Catanzaro” di Alessandro De Virgilio ripercorre tutta la storia della rivalità fra le città calabresi, dall’Unità d’Italia al 1950, con cenni sulle prime ipotesi regionaliste diffusesi all’indomani dell’unificazione del Paese e racconta il nascere dell’antagonismo fra Catanzaro Reggio con la promulgazione della Costituzione repubblicana.
“Questo puntuale lavoro di Alessandro De Virgilio”, si legge nella prefazione di Pantaleone Sergi , “che ha il privilegio della scrittura giornalistica, immaginifica e descrittiva, associato alla tenacia della ricerca storica e al rigore del trattamento delle fonti, permette di ricostruire, mediante una lettura rispettosa, che ha una prospettiva neutrale ma non neutra, uno degli episodi più importanti e a lungo il più trascurato della recente storiografia politica, sociale e istituzionale della Calabria. Parliamo della prima «rivolta» per il Capoluogo di Regione, quella che matura negli anni 1948-1950, quando fu Catanzaro a scendere in piazza – una fiammata subito domata dall’intervento repressivo ed eccessivo della «celere» come questo volume documenta – per rivendicare quello che riteneva un diritto acquisto de secoli e messo in discussione, cioè essere designata ufficialmente «capitale», come allora si diceva, del nuovo Ente Regione”.
“Fu un «assaggio», a parti invertite, di ciò che accadde venti anni dopo a Reggio con quella che, molto frettolosamente, è passata alla storia con il nome di rivolta dei «boia chi molla», intestandola così agli eccessi di una parte politica, neofascista”, continua Sergi, ” ma che fu invece una rivolta popolare, forse anche populista e sicuramente violenta, motivata però dal mancato sviluppo socio-economico di una città che si pensava potesse arrivare dall’ottenimento del «titolo» di capoluogo dell’istituenda Regione”.

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