Una pagina di teatro sulla storia tradita al Sud (La gazzetta del Mezzogiorno)

del 11 Settembre 2012

Da La gazzetta del Mezzogiorno – 07 settembre 2012
Egidia Bruno ha riproposto, nei giorni scorsi, ad Agromonte (frazione di Latronico) – per iniziativa della locale amministrazione – la piece teatrale “W l’Italia.it … Noi non sapevamo“. Il suo monologo – ora pubblicato per i tipi di Rubbettino – mi ha riportato a frammenti di vita familiare, alle esternazioni di mio nonno paterno, Lazzarino, che, in controtendenza con il proprio ambiente, ha sempre denunciato l’«annessione del Mezzogiorno», per opera dei piemontesi, quale fattore prioritario del depauperamento del Sud, non sottacendo, peraltro, le condizioni miserevoli del “popolo minuto”, al tempo dei Borbone. Tanto ho ritrovato, poi, nelle lucidi analisi del lucano Tommaso Pedio – ordinario di storia moderna – che, nelle sue lezioni tenute nell’ Ateneo barese, ci illuminò segnalandoci le ombre di un Risorgimento sostanzialmente tradito.

In tale alveo si colloca il monologo della Bruno, che – attingendo agli stessi diari di Giuseppe Garibaldi – ci consegna il “Padre della patria” grandemente deluso da una Italia molto diversa da quella per la quale aveva combattuto. La “pièce” è una bella pagina di teatro, una finestra importante sulla storia dell’Unità d’Italia scritta dai vincitori.

Quali le finalità? Per ristabilire l’ordine delle cose? Per superare i tanti luoghi comuni sui Borbone, sul Mezzogiorno raccontato dai piemontesi quale “landa desolata”? La pièce di Egidia Bruno va ben oltre. È la denuncia delle rivoluzioni tradite, delle riforme annunciate ed archiviate, dei processi di restaurazione che spengono le speranze e divorano il futuro, per consegnarci, poi, alle antiche ingiustizie: all’appartenenza che prevale sul merito, all’annullamento della mobilità sociale, ai blocchi di potere (stigmatizzati, alloro tramonto, per ricostituire verginità perdute, o portati alla luce dalla Storia) funzionali ai nuovi ambienti sociali emergenti. Non solo. “W l’Italia.it … Noi non sapevamo” è una operazione culturale che – nel solco del linguaggio della verità – segnala la necessità di ricostruire una coscienza autenticamente unitaria del Paese, ineludibile percorso per creare una classe dirigente nuova. Perché il nodo del Mezzogiorno – ormai consegnato alla Storia – è stato rappresentato dalla Sua classe dirigente (non solo politica) cooptata da ambienti lontani che, per questo, non ha saputo o voluto sostenere gli interessi del Sud (peraltro compromessi dalla nuova dimensione geo-politica post-unitaria in cui ha dovuto operare) lasciato in balia di scelte centralistiche e di strategie di poteri, forti e

meno forti, estranei al territorio.

AMBIENTI ACCADEMICI – È una bella pagina di teatro la pièce di Egidia Bruno che penso vada riproposta negli ambienti accademici, nei luoghi della cultura. Perché è un invito a conoscere la vera storia del Mezzogiorno. Per difendere valori ed interessi di un Sud ancora esposto alla miopia di un potere lontano, agli appetiti di sub-culture colonialistiche che devastano i territori e condizionano l’esistenza di tanti.

P.S. In questi giorni, a Taranto, sono stati attivati più tavoli di lavoro per corrispondere alle note criticità di ordine sociale, ambientale, economico.

Taranto è città emblematica, espressione di processi decisionali imperniati su un ambiguo quanto superato “interesse generale del Paese”. Il IV° Centro siderurgico di Taranto è stato insediato per scelta centralistica, anche per risolvere criticità occupazionali generate da decisioni romane che ridimensionarono “Arsenale Militare” e “Cantieri Navali”, in favore di altri territori. Insediamenti questi decisi, a suo tempo, per corrispondere ai nuovi interessi politico-militati del Paese nel Mediterraneo ed alla strategia espansionistica del ventennio fascista.

La questione ILVA di Taranto non è diversa da quella della TAV della Val di Susa. Al di là della specifica questione meridionale, è il principio dell’“interesse generale del Paese” che va superato, aprendo ad una cultura “Glocale” che è connaturale alla partecipazione attiva dei territori nei processi decisionali, in chiave di sfida alle dinamiche “Globali”. Può sembrare ardito affermarlo, ma tali problematiche non sono lontane dalle riflessioni che naturalmente affiorano rivisitando i luoghi della memoria che il monologo di Egidia Bruno ci propone. Per dire che il futuro del Mezzogiorno è nelle mani di quanti, con retta coscienza, riusciranno ad interpretare le reali aspirazioni di una comunità, per servirla.

Di Mario DeDonatis

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