Una democrazia dissociativa o… dissociata? (L'ago e il Filo)

di Raimondo Fabbri, del 11 Marzo 2014

Da L’ago e il Filo dell’8 marzo

Si possono applicare le categorie della neuro-psichiatria alla politica? A questa domanda risponde positivamente Raffaele De Mucci, ordinario di sociologia politica alla Luiss “Guido Carli” di Roma, che per la casa editrice Rubbettino ha pubblicato l’interessante saggio “Democrazia dissociativa”. Utilizzando questa metafora, presa in prestito appunto dalla neuro-psichiatria, De Mucci fa un’analisi insieme snella e approfondita del nostro sistema politico con un excursus che tocca tutto il periodo dal dopoguerra alla caduta del governo Monti. Infatti l’opera, stampata poco prima delle elezioni di febbraio 2013, meriterebbe una riedizione alla luce degli eventi che si sono succeduti nell’ultimo anno e che hanno visto l’avvicendamento di due governi. Punto focale dello studio che prende le mosse dai saggi del noto politologo e accademico olandese naturalizzato statunitense Arend Lijphart, di cui peraltro De Mucci è stato collaboratore, Democrazia dissociativa passa in rassegna i due paradigmi di democrazia, quella maggioritaria e quella consociativa all’interno dei quali si possono racchiudere i sistemi moderni. Interessante è approfondire il termine consociativo, che nel nostro Paese ha assunto un’accezione esclusivamente negativa, per scoprire che alla base della stabilità di diversi sistemi politici c’è di fatto una collaborazione fra schieramenti e partiti con diversi orientamenti politici (Belgio, Austria, Svizzera per esempio). Governi di larghe intese che riescono ad ottenere benefici per i propri paesi, che ricompongono la conflittualità e la segmentazione delle società di cui sono espressione. Il caso italiano, però con l’avvento della Seconda Repubblica, mostra un terzo modello paradigmatico che è appunto quello della Democrazia dissociativa, cioè un sistema politico, che tentando di scimmiottare quello maggioritario dei paesi anglosassoni, non interpreta più quelle che sono le istanze di una società, di un popolo in cui tra l’altro non è presente una forte conflittualità. In sostanza, De Mucci traccia un quadro degli ultimi 20 anni dimostrando la rivoluzione copernicana che ha cambiato completamente il nostro sistema politico passato da una fase sostanzialmente consociativa, corrispondente alla Prima Repubblica a quella appunto dissociativa, in cui la politica ha perso in qualche modo smalto a seguito dello scollegamento con la base di riferimento fosse essa incarnata dalla classe operaia, piuttosto che dal ceto medio borghese. Morto il consensualismo non è nato il sistema maggioritario. I partiti divenuti ormai soltanto organizzazioni elettorali in lotta per il potere. Degno di menzione il capitolo 10 dedicato all’antipolitica per comprendere l’evoluzione che il concetto ha avuto negli ultimi vent’anni, passando dall’indicare l’irruzione di Berlusconi sulla scena politica e quindi a squalificare il portato della sua discesa in campo rispetto alla buona politica incarnata dai partiti e dalla cultura di sinistra, alla contestazione attuale al sistema scatenata dal Movimento 5 Stelle di Grillo e Casaleggio. Risulterà a qualcuno indigesto scoprire che le larghe intese non siano una novità, bensì una costante della storia repubblicana e del sistema di Governo in cui è vero che la sovranità appartiene al Popolo, ma quest’ultimo la esercita nei limiti imposti dalla Costituzione, e cioè dalla carta fondamentale che in un sistema di Repubblica parlamentare qual è il nostro, permette ai governi di formarsi in Parlamento senza passare per le urne e non garantisce speditezza all’azione legislativa col bicameralismo perfetto. Come dicevamo in precedenza, sarebbe utile capire cosa pensa De Mucci dei due esperimenti che sono succeduti all’uscita di questo libro, quella del Governo Letta in cui appunto partiti di diversa estrazione politica si sono accordati sulla base dell’interesse nazionale e il neonato Governo Renzi, che dal primo prende l’impostazione per continuare con il sistema dell’accordo consensuale per il raggiungimento di obiettivi ormai irrinunciabili per il nostro Paese. Vedremo se la fase due delle larghe intese, con Matteo Renzi saprà far riconquistare alla politica quel primato che giustamente deve spettargli nella società. Con l’invito a fare in modo che la Politica torni ad essere un interlocutore dei cittadini e del popolo e non soltanto un sistema di potere che cerca esclusivamente di perpetuare se stesso.

Di Raimondo Fabbri

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