Rossi, liberista “eretico” di ieri per capire l’Italia di oggi (Il Messaggero)

di Corrado Ocone, del 26 Agosto 2014

Da Il Messaggero del 26 agosto

Se credete che gli insegnamenti che possa darvi un libro siano direttamente proporzionali al numero delle sue pagine, questa piccola antologia vi farà forse cambiare idea.
Sarà merito della capacità che l’autore ha di far capire in modo semplice i meccanismi di una disciplina non facile come l’economia; sarà per l’attualità, si può ben dire (l’Italia sembra immobile in certi suoi elementi di fondo), dei problemi affrontati e delle soluzioni proposte; sarà per lo stile brillante e asciutto, non retorico, di Ernesto Rossi (1897-1967), ma la lettura delle pagine del Breviario di un liberista eretico che Rubbettino ha di recente pubblicato non lasciano indifferenti (a cura di Gianmarco Pondriano altavilla, prefazione di Gaetano Pecora, pagine 105, euro 10). Semplificando, si può dire che la battaglia di Rossi si svolge soprattutto su due versanti apparentemente opposti: quello degli industriali e l’altro degli operai, nella misura in cui entrambi vivono di vita assistita, protetta dallo Stato, da cui attingono risorse in modo massiccio, sottraendosi a quella sana competizione di mercato che dovrebbe essere naturale in un regime liberale.

RAZIONALITÀ
Non è facile spiegare la razionalità e moralità delle politiche liberiste, essendo il liberalismo in genere controintuitivo. Ernesto Rossi ha la capacità di saperlo fare, soprattutto con l’aiuto di esempi semplici ma illuminanti, spesso tratti dalla vita quotidiana. Emblematica da questo punto di vista la critica qui riportata al padre costituente Piero Calamandrei e all’allora sindaco di Firenze (siamo nel 1950) Giorgio La Pira. Costoro si erano infatti spesi e avevano ottenuto il “salvataggio di Stato” (forse il primo di una lunga serie) della fonderia “Pignone”, facendo presente che non si potevano lasciare senza lavoro operai e padri di famiglia. Con logica implacabile, Rossi dimostra come seguire la “voce del cuore” per risolvere il “problema sociale” finisca spesso per aggravare il problema stesso. Nella fattispecie, da una parte il “salvataggio” era avvenuto a opera dei contribuenti, dall’altra lo Stato aveva finito per tutelare solo chi un lavoro ce l’aveva già impedendo che i capitali fossero impiegati in settori più produttivi. E poi Calamandrei, si chiede Rossi, avrebbe mai assunto a casa una governante se avesse saputo di non poterla più licenziare?

CORPORATIVISMO
Ma sono veramente tanti i temi qui affrontati: dal corporativismo della nostra società ai danni di una burocrazia amministrativa già allora pervasiva, dal ruolo dei partiti al loro finanziamento. L’attualità di questa antologia è data proprio dall’insistenza sull’aspetto del liberismo. Il curatore ha quasi tralasciato, opportunamente a mio avviso, sia gli elementi di dirigismo che a un certo punto subentrarono nel pensiero di Rossi (era forse lo “spirito del tempo”); sia la pungente critica al malcostume italico. Le pagine di Rossi, come si vede dalle ultime di questa antologia, sono spesso informate a un moralismo astratto e a un anticlericalismo di stampo ottocentesco che gli precludono in fondo una seria comprensione del processo storico e quindi, in ultima analisi, dell’emergere stesso in Occidente del libero mercato.

Di Corrado Ocone

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