Regioni a statuto speciale, un peso (Italia Oggi)

di Tino Oldani, del 13 Marzo 2014

Pierfrancesco De Robertis

La casta a statuto speciale

Conti, privilegi e sprechi delle Regioni autonome

Da Italia Oggi del 13 marzo

Costano molto e sprecano tantissimo. Abolendole si otterrebbe un risparmio di decine di mld
Se il premier Matteo Renzi vuole trovare in fretta almeno una decina di miliardi di euro per fare le riforme promesse, si faccia dare dalla Ragioneria dello Stato il conto del dare e dell’avere delle Regioni a Statuto speciale. Scoprirà che costano una tombola, godono di privilegi ingiustificati che sono pagati dai contribuenti del resto d’Italia, e sprecano fiumi di denaro in spese pazze che gridano vendetta. È notizia di ieri che alcuni consiglieri provinciali di Bolzano del partito sudtirolese di destra Freiheitlichen si sono fatti rimborsare perfino dei sex toys, giocattoli sessuali come un vibratore da 25,95 euro, e altre cosucce del genere. Altri casi simili erano emersi nei mesi scorsi. Indignarsi non serve a nulla. I soldi per pagare quei sex toys venivano dalle tasse versate dai contribuenti non solo locali, ma anche del resto d’Italia. E per recuperare il loro rispetto, i leaders politici che vogliono «cambiare verso» all’Italia devono cominciare a picchiare duro. Per questo sarebbe benvenuta una riforma che, insieme a quelle ordinarie (tema sollevato da ItaliaOggi più volte), abolisse anche le Regioni a statuto speciale. Le ragioni per deciderlo ci sono tutte.
Quando, nell’immediato dopoguerra, furono istituite le prime Regioni a Statuto speciale, prevalsero alcune preoccupazioni politiche: l’Alto Adige e la Sicilia erano sull’orlo della secessione, la Valle d’Aosta era per metà francese, la Sardegna invocava l’autonomia per uscire da una miseria secolare, mentre il Friuli Venezia Giulia (diventata speciale solo nel 1963) era più di là della cortina di ferro jugoslava che di qua. Ma, dopo quasi settanta anni, il mondo è cambiato, e di molto. In Europa, vi è stata la riunificazione delle due Germanie, in Russia è crollato il comunismo, la Jugoslavia di Tito è ormai un ricordo. Eppure tra Roma e Bolzano vi è oggi una distanza maggiore che non tra l’Italia e la Polonia. Tutto ciò non ha più alcun senso sul piano politico. E ancora meno ne ha sul piano economico.
Le Regioni a statuto speciale, rispetto alle ordinarie, hanno un privilegio fiscale per cui possono trattenere quasi tutte le imposte (Irpef e Iva) pagate dai cittadini sul loro territorio. È bene sottolineare il quasi, poiché questo privilegio non è eguale per tutte: la Sicilia trattiene il totale delle imposte, Valle d’Aosta e Trentino i nove decimi, la Sardegna i sette decimi, il Friuli i sei decimi. Quanto faccia in moneta sonante, è ben raccontato da Pierfrancesco De Robertis in un saggio uscito da poco («La casta a statuto speciale»; Rubbettino). Per la sola Sicilia, l’Irpef vale più di 5 miliardi, mentre per la Sardegna è pari a 2,8 miliardi. Messe tutte insieme, le Regioni a statuto speciale incassano 12 miliardi di Irpef. Ma il totale delle loro entrate è più alto: 42 miliardi di euro, contro i 125 miliardi delle 15 Regioni ordinarie messe insieme.
Le entrate pro-capite, ovvero il denaro dei contribuenti che finisce nelle tasche degli abitanti delle Regioni speciali, variano in base al numero dei loro abitanti: si va dai 10.500 euro della Valle d’Aosta ai 3.730 della Sicilia. Somme irraggiungibili per le Regioni ordinarie, dove l’entrata regionale pro-capite è in media di 2.500 euro.
Grazie al privilegio fiscale, le Regioni speciali restituiscono ben poche tasse allo Stato centrale. Il Trentino Alto Adige incassa, con le tasse, una somma pari al 32 per cento del pil regionale, e di questa gira allo Stato soltanto il 6,4 per cento. Un vantaggio enorme se paragonato a quello del vicino Veneto, che dalle tasse ricava un gettito pari al 29,6 per cento del pil regionale, di cui gira allo Stato il 22,7 per cento, trattenendo appena il 6,9. Un gioco fiscale a parti invertite.
Quanto alle spese, le Regioni a statuto speciale hanno una grande libertà di azione. Così la Valle d’Aosta ha una spesa pro-capite (11.720 euro) che supera di oltre quattro volte quella di una Regione ordinaria come la Lombardia (2.220 euro); quella di Trento e Bolzano è superiore di tre volte a quella lombarda, mentre in Sardegna e in Friuli è il doppio. Quanto ai risultati, come documenta De Robertis, si va da un estremo all’altro: in Trentino e in Valle d’Aosta i soldi della Regione alimentano un welfare di tipo svedese, mentre in Sicilia servono a mantenere un carrozzone ormai fallito.
Per dare un’idea: nelle Regioni speciali del Nord «vengono rimborsate le cure dentistiche, pagati i pannolini, la pressione fiscale è più bassa, gli stipendi dei pubblici dipendenti e degli amministratori sono mediamente più alti, le aziende godono di sovvenzioni pubbliche vicine ai limiti europei che vietano gli aiuti di Stato», mentre nelle Regioni ordinarie tutto ciò è negato. Non solo: ai benefici già noti, ora a Bolzano bisogna aggiungere anche i sex toys. Di fronte a questi sprechi e a privilegi tanto ingiustificati, in un Paese normale nessun uomo di governo parlerebbe più di tassa patrimoniale o di ulteriori prelievi fiscali, a meno di candidarsi al manicomio. Perché in un Paese normale le Regioni a statuto speciale sarebbero state abolite da un pezzo.

Di Tino Oldani

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