Privilegi fiscali e grandi sprechi. Ecco la Casta a statuto speciale – Gli enti autonomi godono di vantaggi che il resto del Paese si sogna (Il Resto del Carlino)

di Pierfrancesco De Robertis, del 3 Dicembre 2013

Pierfrancesco De Robertis

La casta a statuto speciale

Conti, privilegi e sprechi delle Regioni autonome

da Il Resto del Carlino, Il Giorno, La Nazione del 3 Dicembre

Esce domani in tutte le librerie “La casta a statuto speciale” di Pierfrancesco De Robertis, capo della redazione romana del Quotidiano Nazionale, già autore sempre per Rubbettino de “La casta invisibile delle Regioni” che un anno fa anticipò lo scandalo delle Regioni. “La casta a statuto speciale” è il primo libro-inchiesta completo di dati inediti pubblicato in Italia sulle Regioni a statuto speciale.

Batman in confronto non è niente. Così come svaporano gli scontrini del bagno pubblico rimessi dal consigliere emiliano, o le motoseghe di quello piemontese. Sì, certo, tutti particolari divertenti e raccapriccianti insieme, segno di un mondo marcio fin nell’anima. Ma la vera ‘ciccia’, quando si parla di Regioni e in fin dei conti di finanza pubblica, sta altrove. Sta nelle cinque Regioni a statuto speciale. I Batman d’Italia costano qualche milione di euro, le ‘magnifiche cinque’ rappresentano, per le casse pubbliche, miliardi. Miliardi che paghiamo tutti noi che abitiamo nelle Regioni ordinarie e ci sveniamo per garantire un welfare da sogno a trentini, altoatesini e valdostani, e sprechi alla Sicilia, oltre a una serie di facilitazioni varie a sardi e friulani. Il meccanismo è semplice e diabolico insieme: in queste cinque Regioni, quasi tutte le imposte statali raccolte sul territorio restano alle Regioni per finanziarie competenze ‘autonome’ (nel 2010 solo l’Irpef nelle cinque Regioni ammontava a 12,5 miliardi), nelle Regioni ordinarie queste tasse vanno allo stato per la fiscalità generale.
Così dopo aver appreso che esiste la ‘casta nazionale’ che ha sede in parlamento, quella ‘invisibile’ sparsa per tutte le Regioni d’Italia, adesso emerge l’esistenza della casta delle caste, la ‘Casta a statuto speciale’, fatta non solo dai politici, perché è troppo riduttivo dire che tutto è sempre e solo colpa della politica, ma di dieci milioni di cittadini italiani a cui gli altri pagano il caffè, e in molti casi anche l’ammazzacaffé.
I privilegi delle Regioni autonome non nascono adesso, ma il discorso torna più che mai ora d’attualità un po’ perché sono le uniche a cui per una serie di guarentigie statutarie lo Stato non ha potuto chiedere i sacrifici che chiede invece a tutti, un po’ perché la debolezza della politica non è riuscita a frenare le richieste autonomiste che così hanno guadagnato sempre più spazio.
Il risultato è che esistono due Italie. Una che vive nelle Regioni ordinarie e una nelle Speciali. Nella prima le imprese lottano con il mercato, pagano le tasse e quando chiudono i battenti la gente perde il posto. Nella seconda o si è assunti dallo stato (è il caso dell’esorbitante numero dei dipendenti della Regione Sicilia, che nessuno conosce nemmeno bene, ma che paiono essere intorno ai ventimila, ossia sette volte più della Lombardia, senza contare i trentamila forestali stagionali) oppure le aziende fronteggiano una pressione fiscale inferiore (per dirne una: nel Trentino per le startup l’Irap è azzerato per cinque anni) e nel caso di difficoltà possono contare su una serie di aiuti e salvagente pubblici che nell’Italia normale neppure si sognano.
Un eldorado, anche per le famiglie: i valdostani hanno parte del riscaldamento domestico pagato dalla Regione, i trentini si vedono rimborsato in molti casi le vacanze al mare, il dentista, le badanti, esiste il reddito minimo, ci sono case per chi si separa, i pannolini per i bambini. Sempre in Valle d’Aosta è a carico della Regione addirittura la tata familiare. Un welfare efficientissimo che alle casse pubbliche costa miliardi, pagati in parte da valdostani, trentini e via dicendo, in parte da chi in quelle Regioni non abita.
Lo Stato centrale ha a volte tentato di limitare questi privilegi, ma dieci milioni di abitanti sono molti voti, e nessuno ha avuto la forza di intaccare i privilegi, che, anzi, sono cresciuti. E non è ragione di pensare che uno stato che non riesce a portare a casa una riforma su cui bene o male sono tutti d’accordo come l’abolizione delle province, possa in un tempo ragionevole affrontare un tema spinoso come questo.

di Pierfrancesco De Robertis

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