Opzione Zero, il libro di Francesco Delzìo contro il “virus” dell’immobilismo (Huffingtonpost.it)

di Flavio Bini, del 9 Dicembre 2014

Francesco Delzio

Opzione zero

il virus che tiene in ostaggio l'Italia

Da Huffingtonpost.it

Scegliere di non scegliere. L'”opzione zero” che dà il titolo al saggio (Rubbettino editore) di Francesco Delzìo, manager e responsabile relazioni esterne di Atlantia e Autostrade per l’Italia, è il morbo che imprigiona inesorabilmente il Paese a rimanere sempre uguale a sé stesso. A desiderare di cambiare, e a non cambiare mai. Quello di Delzio è un viaggio nei luoghi dove si annida l’Opzione zero: dalla cultura al fisco, dal lavoro alla Pa. Tutti i luoghi dove ogni trasformazione dello status quo resta incagliata in un eterno limbo decisionale, ostaggio di veti incrociati, burocrazia, norme antiche impolverate e mai attualizzate.

Ci sono due immagini, sparse lungo le pagine del libro, che fotografano i mali del nostro Paese meglio di qualsiasi rapporto o indagine statistica. La prima è quella che l’autore definisce “La sindrome da Palio di Siena”, chiamando in causa la gara che vede fronteggiarsi le contrade del capoluogo toscano. Non una sana competizione volta a spingere al trionfo il più forte e il migliore, ma una lotta senza esclusione di colpi tra i concorrenti dove l’obiettivo, prima di vincere, è danneggiare i propri avversari. Qualcosa che l’Italia a tutti i livelli decisionali, fino ai vertici della politica, conosce bene.

La seconda è la storia dei “bischeri”, termine usato di frequente come insulto,e di cui i più ignorano la storia. Quella, appunto della ricca famiglia dei Bischeri che alla fine del 1300 si oppose alla costruzione del Duomo di Firenze perché convinti che l’opera avrebbe deturpato la città e –soprattutto – interessati a monetizzare al massimo l’esproprio delle proprie terre necessario per la costruzione dell’opera. Finì malissimo, per i Bischeri, come rischia di finire malissimo per il nostro Paese se non riuscirà a liberarsi per tempo di una sorta di sindrome Nimby elevata a sistema. Quella per cui se bisogna fare qualcosa e partire, meglio che cominci qualcun altro.

Non è una sola ricognizione dei mali del Paese, quella di Delzìo. Le vie di uscita sono tante e visibili. Spesso, dal fisco alla riforma del lavoro fino alla caccia ai capitali illecitamente nascosti oltreconfine, anche a portata di mano. Eppure apparentemente irraggiungibili per tutti i governi che si sono avvicendati negli ultimi anni e per i diversi schieramenti politici. Che legislatura dopo legislatura, dopo campagne elettorali all’insegna di parole d’ordine come “rinnovamento”, “rottura” “discontinuità”, una volta nella cabina di regia del Paese si sono trovati a sbattere con gli stessi problemi dei propri predecessori.

Esiste un'”uscita antincendio” da questa prigionia dell’immobilismo? Delzìo sceglie la bellezza, come grimaldello per scardinare la dittatura dello status quo. Che c’entra la bellezza con l’immobilismo del Paese? Bisogna rievocare le celebri parole di Peppino Impastato, citate puntualmente in conclusione del saggio, per trovare una risposta quasi profetica. “All’esistenza di orrendi palazzi sorti all’improvviso, con tutto il loro squallore, da operazioni speculative, ci si abitua con pronta facilità, si mettono le tendine alle finestre, le piante sul davanzale, e presto ci si dimentica di come erano quei luoghi prima, ed ogni cosa, per il solo fatto che è così, pare dover essere così da sempre e per sempre. È per questo che bisognerebbe educare la gente alla bellezza: perché in uomini e donne non si insinui più l’abitudine e la rassegnazione ma rimangano sempre vivi la curiosità e lo stupore.”

di Flavio Bini

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