Mediatore e garante, il ruolo del notaio tra ‘500 e ‘800 (La Sicilia)

di Angelo Sindoni, del 31 Marzo 2015

Da La Sicilia del 30 marzo

Non sembra, ma una delle professioni più antiche è quella del notaio, paragonabile al medico e all’avvocato. Nel mondo romano, infatti, operavano i “tabelliones”, precursori del’attuale notaio. La figura professionale si precisa e si consolida nel Medioevo. L’evoluzione e i contorni di questa storia sono ancora poco noti. Non a caso sull’archetipo del notaio per eccellenza, Jacopo da Lentini, esistono poche tracce della sua vita pubblica alla corte federiciana, mentre molto si sa del suo ruolo di capofila della scuola poetica siciliana, ruolo riconosciuto da Dante Alighieri nella Divina Commedia. A colmare le lacune provvede adesso Vincenzo Naymo, con il libro “Notai e Notariato in Calabria in età moderna” (Rubbettino, pagg. 276). Nelle pagine scorre una storia avvincente e documentata, ancorata a un territorio ben preciso e ad un contesto storico coerente. L’essersi concentrato in una regione non costituisce un limite, bensì una feconda scelta metodologica, che consente all’autore di ricostruire un universo mentale, un quadro sociale, una fitta tela di rapporti istituzionali. Prendendo le mosse da un vasto ambito cronologico, il racconto si sofferma sui secoli dal Cinquecento all’Ottocento. Sono gli anni del Regno di Napoli, noto per la debole presenza dello Stato nei vasti territori provinciali. Il notaio, di fatto, veniva ad assumere una funzione di “supplenza” svolgendo il ruolo di pubblico ufficiale, di mediatore tra le istituzioni e i cittadini, che nei suoi atti trovavano le garanzie in un contesto in cui forte era la disgregazione sociale. Molto diffusa era l’attitudine a “testare”; anche i più poveri spendevano qualche scudo per lasciare traccia del propria esistenza, dalla vita alla morte, soprattutto. Esistono testamenti dal valore venale minimo, ma molto significativi per l’atteggiamento verso i figli, la società, l’aldilà. Ovviamente esistevano anche i contratti dal valore monetario elevato, da cui si desumono i vari rapporti economici, la consistenza fondiaria, le varie figure degli agricoltori, la mobilità sociale. Naymo ricostruisce e descrive ben 33 tipi di contratti, che praticamente riassumono tutte le sfere del vivere civile, dai capitoli matrimoniali, alle compravendite, ai prestiti. Per essere vicino, e quasi fiduciario, nei momenti cruciali della vita di ogni cittadino, possiamo dire che le figure principali, specie nei piccoli centri, forse erano il parroco e il notaio. Cognizioni indotte di questa ricerca, sono quelle linguistiche. I notai scrivevano i loro atti con un miscuglio di latino, di volgare, di termini dialettali. Termini oggi quasi scomparsi ma che costituiscono un campionario prezioso ed un reperto pressoché unico del dialetto calabrese e dei corrispettivi oggetti della cultura materiale descritti (la biancheria, gli utensili, le devozioni…). In conclusione, questo libro si pone come modello per altri analoghi studi regionali.

di Angelo Sindoni

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