Le Mappe delle Mafie (Il Quotidiano)

del 4 Dicembre 2012

atlanteDa Il Quotidiano – 4 dicembre
Ribaltare l’interpretazione dei fenomeni mafiosi analizzandoli sotto una nuova, o forse sarebbe meglio dire semplicemente diversa, chiave di lettura, che passi attraverso la spiegazione dei fenomeni di delinquenza organizzata come di una “violenza di relazioni” che si trasforma nella più efficace forma di violenza privata per Ie associazioni di malaffare: è questo il paradigma dal quale parte il volume primo di “Atlante delle mafie”, opera a cura di Enzo Ciconte, Francesco Forgione e Isaia Sales (in questi giorni nelle librerie, edito della Rubbettino Editore) che si propone di analizzare la storia, gli orizzonti culturali, le basi sociali ed economiche dei fenomeni di tipo mafioso.

L’analisi dalla quale muove i passi il libro è spietata: il modello mafioso, nato in Sicilia nell’Ottocento, ha avuto lunga durata ed espansione divenendo oggi un marchio di successo della violenza privata nell’economia globalizzata. Si può ritenere, secondo i curatori del volume, la mafia “una violenza di relazioni, ovvero sia una violenza in grado di stabilire contatti, rapporti e cointeressenze con coloro che determinano il potere ufficiale, sia politico sia economico e religioso, che formalmente dovrebbero reprimerla e tenerla a distanza. Perciò viene contestato ampiamente il luogo comune delle mafie come antistato, come antisistema. E’ stato proprio questo Iuogo comune a tenere per anni in ombra il vera motivo del successo delle mafie”. Il volume, suddiviso per capitoli riguardanti diverse aree tematiche, parte da una introduzione scritta a quattro mani nella quale i curatori del volume analizzano quelle che sono Ie ragioni del successo del fenomeno mafioso, in particolare nelle regioni meridionali del sud Italia: la violenza mostrata dalle organizzazioni criminali di stampo mafioso si accompagna ad una massiccia campagna di infiltrazione e di pressione all’interno dei centri di potere, come una vera e propria associazione di lobbisti, un centro di pressione che può contare anche sulla violenza utilizzabile in casi estremi. Contestate anche Ie convinzioni secondo le quali il modello mafioso sarebbe direttamente discendente dalle bande di banditi e briganti che hanno imperversato in un meridione arretrato: città come Palermo e Napoli erano tra Ie più ricche di tutta Europa, e dall’interno di queste sacche di potere si sono creati dei fenomeni di infiltrazione che hanno permesso alla criminalità organizzata di intrattenere e di “specializzarsi”, secondo l’opinione dei curatori del volume, in “rapporti e relazioni”. Questo modello, facilmente esportabile grazie anche alla ricchezza di capitali, si muove in Europa e nel mondo con facilità estrema: Ie mappe presenti nel volume mostrano l’ampia diffusione delle 4 principali organizzazioni italiane (mafia, camorra, ‘ndrangheta e sacra corona unita) in tutto il mondo, Ie rotte delle droghe (della quale soprattutto la ‘ndrangheta è ritenuta interlocutrice di spicco grazie alla immensa liquidità ed alla capacità di mobilitare ingenti capitali), i territori di influenza delle famiglie italiane nei territori stranieri e la suddivisione per famiglie. Importante nel volume la raccolta di materiale storico, in particolari quelli sulle commissioni di inchiesta che si sono succedute e Ie pagine sulla camorra nell’Ottocento, affidate rispettivamente a Nicola Tranfaglia e Marcella Marmo, mentre ricca di particolari e di informazioni utili è il capitolo sui Casalesi a cura di Raffaele Cantone. La religiosità delle organizzazioni a delinquere italiane ed il loro rapporto, spesso anche di complicità, con esponenti o con intere associazioni facente parti della Chiesa italiana e mondiale, è analizzato dalla lente d’ingrandimento di Isaia Sales: la raccolta di fondi, il coinvolgimento nelle celebrazioni liturgiche, l’iconografia estrema e di continui riferimenti ai testi sacri sia, all’interno delle organizzazioni criminali stesse (il grado di “Vangelo” e tra i  più alti tra i boss della ‘ndrangheta) sia nel linguaggio di comunicazione dei boss (il boss Bernardo Provenzano, ad esempio, inseriva diversi riferimenti ai testi sacri e di interi passaggi nei suoi pizzini ai fiancheggiatori ed ai capi delle altre famiglie)sono un filo conduttore che lega Ie famiglie e Ie organizzazioni, ben lontane dal cogliere eventuali incongruenze tra comportamenti criminosi e l’appartenenza alla Chiesa cattolica, sottolineate invece dalle ultime prese di posizione delle autorità ecclesiastiche. Marcello Ravveduto e Francesca Viscone approfondiscono il rapporto tra musica criminalità , mentre Gianfranco Manfredi nel suo provocatorio “La tavola dei boss” spiega quali tradizioni culinarie sussistano ancora all’interno delle famiglie della criminalità organizzata: banchetti e ricevimenti sono dei veri e propri summit, all’interno dei quali si organizzano strategie, fusioni o addirittura si ricompongono faide. Vi sono, invece, pietanze che caratterizzano il senso di appartenenza ad una comunità: la carne di capra, cucinata nelle “cardare”, elemento che contraddistingue gli affiliati alle cosche di Platì, mentre il ghiro pare essere, secondo alcune intercettazioni, il piatto principale dei summit trai maggiori esponenti delle ndrine dello Jonioreggino. Il primo volume dell’atlante si conclude con due saggi che hanno stretta attinenza con la criminalità: il primo, a cura di Pierpaolo Romani, analizza lo stretto rapporto tra calcio e criminalità, ricostruendo la passione dei boss mafiosi per le squadre di calcio. In quanto elemento di creazione di consenso sociale, l’investimento nel calcio diventa sempre più redditizio: non solo investimenti all’interno delle società, ma anche e soprattutto negli ultimi anni l’utilizzo delIe scommesse sportive come strumento principale di riciclaggio di denaro sporco, che porta a tassi di utili netti intorno al 95%.  Il secondo saggio, invece, analizza quanto la criminalità organizzata sia radicata in una regione ad alto tasso di immigrazione dal sud ltalia come la Liguria: Stefano Padovano analizza e spiega suddivisioni e riti, “locali”ed appalti gestiti dalla criminalità organizzata ed in particolare dalla ‘ndrangheta tra Genova, Sanremo ed i comuni limitrofi. Un lavoro importante, dunque, quello portato avanti da Ciconte, Forgione e Sales, che analizza con dovizia di particolari e senza tentare analisi arrischiate il rapporto tra la criminalità organizzata e la società odierna: il lavoro non può essere certamente esaustivo, ma gli argomenti che restano fuori da questa volume (in particolare i rapporti tra criminalità e politica, quelli con la massoneria organizzata ed una mappa esaustiva delle famiglie criminali presenti ed attive, con interessi specifici ed aree di influenza) potranno essere colmati certamente nei prossimi volumi dell’ambizioso atlante.

Di Francesco Rende

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