Le difficili soluzioni ai nodi attuali di politica monetaria (Il Sole 24 ore)

di Gianfranco Fabi, del 20 Gennaio 2015

José Antonio De Aguirre

La lezione della crisi economica

Quello che è stato e quello che verrà

Da Il Sole 24 ore del 20 gennaio

Negli ultimi giorni il sistema finanziario internazionale è stato scosso dalla decisione della Banca nazionale svizzera di lasciar il tetto del tasso di cambio con l’euro. Nei prossimi giorni si parlerà delle nuove mosse della Bce nel tentativo di ridare fiato all’economia. Dalle mosse dei grandi banchieri dipendono le sorti dell’economia reale, degli scambi, della produzione, dell’occupazione. Ma perché la quantità dei beni prodotti è decisa in un’economia libera dai singoli produttori, mentre la quantità di moneta, che dovrebbe essere correlata alle necessità di dare un valore e facilitare gli scambi, è decisa da istituzioni in cui decidono poche, anche se autorevolissime, persone?
Lanfranco Grassi
Ancona

Caro Grassi, sulla storia della moneta e sulle teorie monetarie sono stati scritti non solo libri, manuali e trattati, ma anche vere e proprie enciclopedie. Questo perché la moneta è un elemento centrale nei sistemi economici e non per nulla il capitalismo si definisce così per la funzione fondamentale svolta dal denaro. Una funzione che tuttavia non è solo quella di indicare un valore e di facilitare gli scambi, ma è anche quella di conservare nel tempo, attraverso il risparmio e l’accumulazione, una piccola o grande ricchezza. Tutti gli economisti hanno affrontato il tema della moneta: il primo è stato probabilmente il giurista francese Jean Bodin che nel 1536 sottolineò come il valore della moneta non derivi da altro che dalla sua quantità e che questo non poteva che richiedere un controllo e una garanzia pubblica. Il fatto che alla Banca centrale venisse affidato questo compito viene fatto risalire al Bank Act, o Atto di Peel, che nel 1844 definì l’assetto istituzionale della Banca d’Inghilterra e influenzò in maniera determinante la disciplina negli altri grandi Paesi. A quell’epoca tuttavia le garanzie consistevano nel mantenere l’emissione di banconote strettamente legata alla copertura di oro e argento. Nessuno metteva in discussione il sistema aureo. Lo stesso Adam Smith aveva scritto, cent’anni prima, che «un Paese che non possiede miniere deve ovviamente trarre il suo oro e argento dai Paesi stranieri allo stesso modo che un Paese senza vigne deve importare vino» e aggiungeva «fidiamo con perfetta sicurezza che la libertà di commercio ci fornirà sempre l’oro e l’argento che ci è consentito di acquistare o di impiegare per la circolazione delle nostre merci».
L’allargamento degli scambi e la globalizzazione hanno reso praticamente impossibile mantenere la copertura aurea delle monete e peraltro appare quanto meno paradossale estrarre con grande fatica l’oro dalle viscere della terra per poi rimetterlo sotto terra nei forzieri delle banche centrali.
Resta il fatto che si è passati rapidamente da un denaro vincolato alla base aurea a un denaro completamente deregolato che circola sempre più velocemente grazie all’informatica e alla telecomunicazioni e che si moltiplica grazie agli strumenti più sofisticati dell’ingegneria finanziaria.
«I libri di economia dimenticano che per avere denaro bisogna produrre beni che abbiano valore, mentre le attività finanziarie create dal sistema bancario ombra non ne hanno. (…) Abbiamo perso di vista la natura del denaro e oggi non siamo capaci di uscire dall’impasse». Lo scrive l’economista spagnolo José Antonio de Aguirre (“La lezione della crisi economica“, Ed. Rubbettino, pagg. 180, 13 Euro) in un libro che aiuta a capire la portata dei problemi monetari attuali. E come siano difficili le soluzioni.

di Gianfranco Fabi

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