La stampa italiana sui David di Donatello ad Anime Nere (Mauxa.com)

di Oscari Iarussi, del 15 Giugno 2015

Da Mauxa.com
David di Donatello: ‘Birdman’ è miglior film straniero e ‘Anime Nere’ ottiene 9 premi

Anime Nere ha vinto il David di Donatello come migliore film. Alla pellicola di Francesco Munzi è andato anche il premio per la migliore regia, sceneggiatura, produzione, fotografia, montaggio, musica e canzone, fonico.
Trama. La storia di “Anime Nere” inizia in Olanda, attraversando Milano e giungendo in Calabria, sull’Aspromonte: tre fratelli, figli di pastori vicini alla ndrangheta sono divisi dalle aspirazioni. Luigi è un trafficante internazionale di droga, Rocco è imprenditore grazie ai soldi del primo, Luciano instaura un dialogo con i morti alla ricerca di un passato irraggiungibile. Leo, il figlio ventenne per una lite compie un atto intimidatorio contro un bar protetto dal clan rivale: così l’evento innesca reazioni che portano Luciano a comprendere che nulla è mutato dall’uccisione del padre.
Dichiarazioni. Francesco Munzi dice di avere girato “Anime Nere ad Africo tra diffidenza e preoccupazione: “Quando raccontavo che avrei voluto girare lì, tutti mi dissuadevano dal farlo (…) Era un film impossibile. Ho chiesto allo scrittore di “Anime Nere”, da cui il film è liberamente tratto, Gioacchino Criaco, di aiutarmi”. Secondo il regista proprio “da Africo si può vedere meglio l’Italia”.
Cast. Gli attori di “Anime Nere” sono Marco Leonardi,Anna Ferruzzo, Barbora Bobulova, Peppino Mazzotta, Fabrizio Ferracane, Paola Lavini, Giuseppe Fumo e Pasquale Romeo. La sceneggiatura è di Fabrizio Ruggirello, Maurizio Braucci liberamente ispirato all’omonimo romanzo di Criaco, pubblicato nel 2014 da Rubettino. La produzione è di Cinemaundici, Babe Films, On My Own e Rai Cinema, per una distribuzione Good Films.
Premi. Il premio al regista esordiente è andato a Edoardo Falcone per “Se Dio vuole”, all’attrice a Margherita Buy per “Mia madre”, all’attore a Elio Germano per “Il giovane favoloso”. La migliore attrice non protagonista è Giulia Lazzarini per “Mia madre”, l’attore è Carlo Buccirosso per “Noi e la Giulia”, lo scenografo è Giancarlo Muselli per “Il giovane favoloso” che premia anche Ursula Patzak per i costumi, Maurizio Silvi per il trucco e Aldo Signoretti e Alberta Giuliani per le acconciature. I migliori effetti speciali sono quelli di Visualogie per “Il ragazzo invisibile”, il documentario è “Belluscone. Una storia siciliana” di Franco Maresco, il film dell’Unione Europea è “La teoria del tutto” di James Marsh, il film straniero è “Birdman” di Alejandro Gonzales Inarritu. Infine il migliore cortometraggio è “Thriller” di Giuseppe Marco Albano, mentre il David Giovani è andato alla commedia “Noi e la Giulia” di Edoardo Leo.

Da La Gazzettadelmezzogiorno.it
“Anime nere”, 9 David nel Sud (senza scampo?)

C’è un riscatto possibile per il Sud? Non si direbbe, almeno a giudicare da quel che si vede al cinema o in televisione. Se Gomorra di Roberto Saviano e il film omonimo di Matteo Garrone – qualche anno fa – furono una denuncia impietosa del degrado criminale, il “gomorrismo” che ne è derivato rischia di confermare alcuni dei luoghi comuni sul Mezzogiorno. Si rinverdisce così la suggestione coniata da Pievano Arlotto, presbitero toscano del 1400, per il quale Napoli era “un paradiso abitato da diavoli”; una definizione ripresa nel ‘900 da Benedetto Croce. E’ lo stereotipo – ma anche l’alibi – che appaga e paradossalmente tranquillizza l’opinione pubblica, ignara delle tormentate sfaccettature della storia partenopea scandagliate da Croce. Infatti, si potrà ben fare una capatina estiva da Mefistofele per bagnarsi con i bambini nelle azzurrissime acque dell’Inferno (titolo di un viaggio al Sud di Giorgio Bocca), o, viceversa, abitare tutto l’anno nell’incanto meridiano lamentandosi del vicino sulfureo, del camorrista cattivo, del politico corrotto e del disservizio “impensabile nel Settentrione”.
L'”ultimo” capitolo della saga infinita sul Meridione s’intitola Anime nere e ieri sera 12 giugno al Teatro Olimpico di Roma si è aggiudicato ben nove David di Donatello, fra cui quelli per il miglior film e il miglior regista Francesco Munzi (Anime nere aveva ottenuto sedici candidature contro le quattordici del Giovane favoloso di Mario Martone e le dieci andate a Mia madre di Nanni Moretti). Presentato in concorso alla Mostra di Venezia 2014, il piccolo e interessante film del quarantenne Munzi è liberamente tratto da un romanzo di Gioacchino Criaco (Rubbettino ed,). In sala ha incassato circa ottocentomila euro, è stato venduto negli Usa e in altri Paesi, ed è ora disponibile in Dvd. Ambientato in Calabria ed in particolare nella Locride di Africo, il paese cui Corrado Stajano dedicò un memorabile libro negli anni ’70, Anime nere mostra il persistere del cosiddetto “familismo amorale”. Parliamo del concetto che il sociologo statunitense Edward C. Banfield mise a punto nel corso di una storica ricerca sul campo nella Lucania di fine anni ’50, dove riscontrò un eccesso di legami familiari ai danni dello Stato, dei beni comuni, dell’interesse collettivo.
I David giungono dopo le recensioni assai positive ottenute dal ffilm di Munzi, del quale qui mette conto segnalare il contesto di un Sud tribale, clanico e pastorizio, in cui non manca il rituale abigeatario del furto di due agnelli non per fame, ma per gioco simbolico. Un Sud serrato fra i monti e, naturalmente, in mano alla ‘ndrangheta che si divide in famiglie ed estende i suoi traffici e le sue finanze a Milano e oltreconfine. Da una parte, quindi, c’è un’antropologia culturale arcaica e pre-industriale, dall’altra una modernità criminale che esporta altrove l’organizzazione e i proventi. Le cronache di questi ultimi anni ci dicono che è uno scenario realistico. Ma non è altrettanto corrispondente alla realtà un Sud di cui si mostra solo il cuore di pietra tra l’Aspromonte e il mare. La Calabria stessa è molto più sfaccettata, spigolosa, contraddittoria, non immune dal mondo contemporaneo di cui, anzi, ripropone la perenne incompiutezza, a cominciare da quella dei fabbricati lasciati grezzi o dei pilastri che svettano verso il nulla, nell’attesa del piano che verrà (ne mostrò alcuni Mario Martone, a mo’ di scenografie “senza tempo” nell’Ottocento pre-unitario di Noi credevamo).
Certo, Anime nere si sottrae al “canone” televisivo della mafia in cui i cattivi trionfano fino all’inopinato arrivo dell’eroe di turno (non sempre). Allo stesso tempo non lascia speranza alcuna nel finale. Fra i tre fratelli protagonisti della storia, il più grande e il meno malvagio – provato dalla perdita dei congiunti nell’ennesima faida – fa implodere il micromondo del familismo con un folle gesto di sangue. Non c’è ricorso all’esterno, alla legge o alla chimera della “società civile”, bensì una tragedia portata a compimento. Se non c’è via di uscita, tanto vale non cercarla.
Ma davvero non c’è via di uscita? Di là dal valore del film di Munzi, non è detto sia così. Il pericolo che si avverte oggi è di adagiarsi nella rassegnazione, paralizzati tra il Sud edenico di certi paesaggi cari a Montalbano o della pizzica salentina che incredibilmente risuona persino in una scena festosa di Anime nere e il Sud senza scampo della mafia, della ‘ndrangheta, della camorra e, appunto, del facile “gomorrismo”. Eppure “solo” mezzo secolo fa, il Sud elaborava il lutto del passaggio dalla civiltà contadina all’Italia del boom grazie al cinema e alla poesia di Pasolini (Il Vangelo secondo Matteo girato tra Matera e la Puglia), di cui quest’anno ricorre il quarantennale della morte.
D’altronde, persino in un Sud più profondo del nostro, c’è sempre un’alternativa, una possibilità di riscatto, un uomo in rivolta nel segno/sogno della libertà. C’è sempre una scelta, ci dice Camus, che di sé scriveva: “Venni messo a metà strada fra la miseria e il sole. La miseria mi impedì di credere che tutto sia bene sotto il sole e nella storia; il sole mi insegnò che la storia non è tutto”. Quel suo “sole invincibile” più forte del male e delle anime nere. Perché abbiamo smesso di guardarlo?

di Oscari Iarussi

Da Il Quotidianodellacalabria.it
“Anime nere” sbanca i David ottenendo 9 premi. Il film sulla ‘ndrangheta ottiene consensi unanimi

E’ un successo senza se e senza ma. Anime nere, il film di Francesco Munzi sulla ‘ndrangheta, sbanca letteralmente la sera dei David di Donatello. Il regista, infatti, ottiene ben nove statuette e nel dettalgio: miglior film, miglior regista, miglior canzone originale, miglior produttore, miglior fonico di presa diretta, miglior fotografia, miglior montatore, miglior sceneggiatura e miglior musicista.
Sul palco del Teatro Olimpico, al termine della cerimonia di consegna dei David Francesco Munzi, ricordando le difficoltà affrontate nel lanciare il progetto, si è detto: «Sono contento per il numero di premi perché va a premiare quello che è stato un vero lavoro collettivo». «Mi stavo scoraggiando – ha spiegato Munzi – ma poi ho incontrato Gianni Amelio, un regista che con il suo cinema sociale è stato sempre un punto di riferimento, sono cresciuto con i suoi film, e lui mi ha dato un consiglio utilissimo – racconta -. Mi ha detto che dovevo essere come una pallina da ping pong che rimbalza contro il muro, tornare a insistere e insistere fino a riuscire a fare il mio film. Ho seguito il suo consiglio e aveva ragione».
La maggiore sorpresa è giunta alla proclamazione del premio come miglior film, Munzi non ci credeva «tant’è – ha riferito – che dopo quello come miglior regista mi ero rilassato, la battaglia era durissima in quella cinquina».
Munzi, nei ringraziamenti non ha dimenticato la Calabria, che alla sua storia ha offerto la cornice dell’ambientazione, per poi aggiungere che continuare a parlare dell’influenza delle organizzazioni criminali sulla vita della gente, come «ho fatto in Anime nere, è importante, e soprattutto se lo si fa in modo corretto. Io ho scelto le storie delle persone, perché così si sbaglia meno».
Un successo confermato anche all’estero dove il film «è già stato venduto in 25 Paesi e sta uscendo anche in posti che non ti aspetti, come gli Stati Uniti». Ora «mi godo un pò questo successo ma non bisogna fare troppo le cicale, inizierò presto a pensare al prossimo progetto».
«Vince Francesco Munzi, soprattutto: ha fatto il film che voleva fare, e dentro c’è tutta la sua bravura e la sua sensibilità artistica». E’ il commento di Gioacchino Criaco, lo scrittore calabrese di Africo, autore del romanzo edito da Rubbettino dal quale è tratto l’omonimo film di Francesco Munzi.
«Accanto a Munzi – ha aggiunto vince la Rubbettino, e Florindo Rubbettino che ha sostenuto il progetto di un libro, prima, e di un film dopo. E poi, libro e film vanno oltre, superano la loro natura artistica per diventare fatto sociale, facendo vincere quella Calabria considerata senza speranza: la Calabria delle rughe della Locride, dei balzi d’Aspromonte. Vincono gli Africoti, i locridei che hanno dato il meglio di loro stessi perché Munzi realizzasse la sua opera. Vincono gli ultimi che hanno dato l’anima, davanti e intorno la camera da presa, per dimostrare che il male non è un fatto genetico, ma un prodotto sociale e basta avere opportunità e il destino muta».

Da Il Giornaledicalabria.it
David, Ferro:”Anime Nere” sale sul podio meritatamente

“Il trionfo ai David di Donatello del film “Anime nere”, tratto dal romanzo omonimo di Gioacchino Criaco edito da Rubbettino, deve farci riflettere sul ruolo fondamentale della cultura per il riscatto della Calabria. Al di là delle polemiche sulla “lettura” che romanzo e film danno della realtà calabrese, emerge un dato: in Calabria è possibile fare buona scrittura, buona editoria, buon cinema. Gioacchino Criaco, Francesco Munzi, Florindo Rubbettino salgono meritatamente sul podio”. Lo afferma in una nota la vice coordinatrice regionale di Forza Italia, Wanda Ferro. “Ma mentre le altre Regioni – aggiunge – hanno un ruolo attivo nella produzione culturale, in particolare letteraria e cinematografica, investendo competenze e risorse, nella nostra si respira un’aria “mortifera” in cui la politica sembra occuparsi di tutt’altro. Ora, probabilmente, il presidente Oliverio non si farà sfuggire l’occasione di inviare un messaggio di auguri all’autore, all’editore e al regista di “Anime nere”, ma finirà tutto lì. La Calabria della cultura ha bisogno di altro, di una film commission che funzioni e lavori, di leggi e programmi speciali per l’editoria e il cinema, di incentivi per le biblioteche e le scuole di scrittura. Se dopo sette mesi non ci si è preoccupati nemmeno di nominare assessore e dirigente della cultura, c’è veramente poco da stare allegri”.

Da Cronaca del Garantista del 13 giugno
Anime Nere è il miglior film. Criaco:«I sogni si avverano»

Miglior film, miglior regia, miglior sceneggiatura, miglior montaggio, miglior produzione, miglior canzone originale, miglior colonna sonora, miglior fonico di presa diretta, miglior fotografia. È un trionfo assoluto per “Anime nere” ai David di Donatello. Il film, forte di ben sedici nomination, conquista i premi più importanti agli Oscar italiani, la più prestigiosa manifestazione per il cinema di casa nostra. «Questo successo appartiene a tutti. Ma voglio dire grazie in particolare a Gioacchino Criaco, dal cui romanzo è nato tutto, e ai paesi che hanno visto e accolto la lavorazione del film, Africo, la Locride tutta, i giovani del luogo, senza il loro appoggio non ce l’avrei mai fatta», Francesco Munzi, emozionato, sul palco dei David con poche frasi dipinge il percorso di un film “corale”, vissuto come opera collettiva, come lavoro in stretta sinergia con il territorio. Un lavoro di Munzi, di Criaco, delle professionalità calabresi e della gente. «Un film così poteva essere fatto solo in collaborazione con le persone del luogo, e così è stato» ha detto Munzi all’uscita del film, quando dai tredici minuti di applausi a Venezia7l, lo scorso anno, “Anime nere” decollava verso un successo in crescendo, con apprezzamento di pubblico e critica, premi, festival internazionali e grande accoglienza sui difficili mercati esteri, quello Usa in particolare, patria incontrastata del grande cinema, dove il film ha visto file ai botteghini e recensioni entusiastiche sulle principali testate. Grande vittoria e consacrazione per Munzi, dopo “Saimir” e “Il resto della notte”, premiati e applauditi, che ne avevano rivelato il talento di regista fuori dagli schemi. Grande vittoria e riscatto per una Calabria che sembrava esclusa dai circuiti del grande cinema. E grande vittoria per Gioacchino Criaco che ha sempre perseguito il sogno per una regione negletta, derubata della speranza. «Nove David sono un successo storico – ci dice al telefono -. Questa è una vittoria di Francesco Munzi e della Locride, la dimostrazione che qui possono nascere prodotti di grande qualità e che non siamo destinati al nulla e alla perdizione. Questo è il riscatto di tutti, ma soprattutto di giovanissimi in situazioni difficili. Non siamo schiacciati da un destino precostituito. I sogni si avverano». Ai premi e ai successi nei festival non hanno mai pensato nei tre lunghi anni di lavorazione. Ma ci hanno creduto nel film, con forza, con tenacia, con testarda determinazione. Attori, comparse, collaboratori, la gente di Africo, un intero territorio. Ci ha creduto Gioacchino Criaco che ha visto le “anime nere” del suo bestseller uscire dalle pagine del libro per prendere nuova vita. Ci ha creduto la casa editrice che ha scoperto e pubblicato con coraggio il dirompente romanzo di Criaco, la Rubbettino di Soveria Mannelli, in provincia di Catanzaro. Ma soprattutto ci ha creduto Francesco Munzi. Lui, romano, regista di un cinema che guarda le cose “da dentro” con occhi liberi, ha creduto senza cedimenti, neppure nei momenti più difficili, che comunque ci sono stati, in questa opera tutta calabrese. Ha creduto nella potenza della storia narrata di Criaco e nell’ispirazione scaturita quando ha deciso di conoscere l’Aspromonte da vicino, contro tutto e tutti. Ci crede Munzi e trascina la scrittura di una sceneggiatura, con lo stesso Criaco e con Fabrizio Ruggirello, purtroppo prematuramente scomparso senza aver visto la realizzazione del film. Munzi vuole dei volti prima di tutto, degli sguardi per le sue “anime nere”. I giovani filmmaker Vincenzo Caricari e Bernardo Migliaccio Spina, insieme ai collaboratori del regista, setacciano scuole, luoghi di ritrovo, piazze durante le feste di paese. Munzi guarda migliaia di provini, osserva volti per strada, fa incontri del tutto casuali che poi si rivelano determinanti. La scelta dei tre protagonisti cade su Marco Leonardi, Peppino Mazzotta e Fabrizio Ferracane, due calabresi e un siciliano che offriranno prove magistrali del loro talento. Ma c’è pure il sorprendente Giuseppe Fumo. E Stefano Priolo, Pasquale Romeo, Cosimo Spagnolo, Antonio Brescia. Ci sono le donne: Aurora Quattrocchi, Barbora Bobulova, Anna Ferruzzo, Manuela Ventura. Ma bisognerebbe davvero elencarli tutti, anche le comparse. Anche chi è andato sul set con un caffè. Perché sono loro che, dal cuore dell’Aspromonte, con Munzi e Criaco, hanno dato il via al sogno.

di Maria Teresa D’Agostino

Da Corrieredellacalabria.it
Trionfo “Anime nere”, Oliverio: «Le istituzioni aiutino il cinema»

«Il trionfo ai David di Donatello di “Anime nere”, con l’assegnazione di nove statuette al film di Francesco Munzi girato in Calabria, non può che riscuotere il plauso e l’ammirazione delle istituzioni che rappresento». È quanto afferma, in una nota, il presidente della Regione Calabria, Mario Oliverio.
«Il ringraziamento del regista alla Calabria e alle comunità della Locride che hanno sostenuto in solitudine un film coraggioso sulla modernità complessa della ‘ndrangheta – prosegue Oliverio – rappresenta la dimostrazione che anche nella nostra regione le migliori culture possono sconfiggere i più pericolosi tabù e luoghi comuni. Un grazie sentito voglio rivolgerlo anche allo scrittore calabrese Gioacchino Criaco che, con il suo romanzo edito da Rubettino, ha permesso un’operazione culturale di alto respiro».
«Per troppo tempo – dice ancora il governatore della Calabria – le istituzioni hanno ignorato le capacità dell’economia creativa locale, mai considerata nel pieno delle sue possibilità. Soprattutto sul versante del cinema è giunto il momento di avviare al meglio il sostegno istituzionale di questo comparto. L’enorme successo di “Anime nere” ci sprona a farlo nel più breve tempo possibile».

Da La Voce di Rovigo del 14 giugno
Muccino spara a zero sui David

“E’ stato bello ieri sera alla premiazione dei David ritrovarsi a casa!! Ma certo sembrava volassero più coltelli che in una macelleria”. Gabriele Muccino su twitter torna ad attaccare i David di Donatello. Il regista, già nel maggio dell’anno scorso dagli Stati Uniti aveva dedicato alla manifestazione un post al vetriolo sul suo profilo facebook, definendola “una pagliacciata lobbistica der cinema italiano”. Venerdì sera il regista de “L’ultimo bacio”, ha però partecipato alla cerimonia e ha ritirato un premo speciale. Ma non risparmia una vena polemica: “Ieri sera ho ritirato un David Speciale. Ma perché Speciale? Non ricevo candidature dal 2003 quando per RicordatidiMe, su 13, ne vinsi o”. E ribadisce quello che aveva già scritto l’anno scorso sul social: “La Giuria dei David non considerò i miei primi 2 film americani nemmeno candidabili nella cinquina dei film stranieri. 450 mln nel mondo”. Venerdì ha trionfato Francesco Munzi con “Anime nere”, vincitore di ben nove statuette: miglior film, migliore regia, migliore sceneggiatura, migliore produttore, migliore autore della fotografia, migliore musicista, migliore canzone originale, miglior montatore e miglior fonico di presa diretta. “Vince Francesco Munzi, soprattutto: ha fatto il film che voleva fare, e dentro c’è tutta la sua bravura e la sua sensibilità artistica”, è il commento di Gioacchino Criaco, lo scrittore calabrese di Africo, autore del romanzo edito da Rubbettino dal quale è tratto l’omonimo film di Munzi. Accanto a Munzi “vince la Rubbettino, e Florindo Rubbettino – aggiunge Criaco – che ha sostenuto il progetto di un libro, prima, e di un film dopo. E poi, libro e film vanno oltre, superano la loro natura artistica per diventare fatto sociale, facendo vincere quella Calabria considerata senza speranza: la Calabria delle rughe della Locride, dei balzi d’Aspromonte. Vincono gli Africoti, i locridei che hanno dato il meglio di loro stessi perché Munzi realizzasse la sua opera. Vincono gli ultimi che hanno dato l’anima, davanti e intorno la camera da presa, per dimostrare che il male non è un fatto genetico, ma un prodotto sociale e basta avere opportunità e il destino muta”. Di fronte a una Calabria che vince, insieme con il film di Munzi, secondo Criaco ce n’è una che perde, quella “dei vinti, di quelli che tanto non si può far nulla! Quella del rancore, della mediocrità. Quella dei migliori siamo noi e gli altri sono feccia. Perde un’ autoproclamata intellighenzia da sagra paesana. Una politica che non ha visione e non ha entusiasmo. Perde la Calabria che si sente migliore – avverte lo scrittore – ed è la peggiore e non ha visto che il film aveva vinto a Venezia, nei festival internazionali, fra i calabresi normali; e vincerà ancora. Perché non è solo un film, ma un piccolo grande sogno, dei calabresi ultimi che vogliono diventare i primi”.

Da Il Quotidiano del Sud del 14 giugno
Munzi, un trionfo tutto calabrese

Un film che parla di Calabria, girato in Calabria, con molti attori calabresi (di cui molti non professionisti); tratto da un libro di uno scrittore calabrese pubblicato da una piccola grande casa editrice calabrese. C’è la Calabria, la sua storia (in chiaroscuro) e la sua gente dietro al trionfo di Francesco Munzi ai David di Donatello. “Anime Nere” porta a casa nove statuette (miglior film, regista, canzone originale, produttore, fonico di presa diretta, fotografia, montatore, sceneggiatura, musicista) e segna il successo di un progetto che a portato la storia di Gioacchino Criaco in giro per tutto il mondo, riscuotendo ovunque elogi e apprezzamenti.
Sul palco del Teatro Olimpico, a cerimonia dei David appena finita, Francesco Munzi è incredulo e felice. «Sono contento per il numero di premi perché va a premiare quello che è stato un vero lavoro collettivo» spiega e ricorda quanto sia stato difficile riuscire a partire con il progetto.
«Mi stavo scoraggiando, ma poi ho incontrato Gianni Amelio, un regista che con il suo cinema sociale è stato sempre un punto di riferimento, sono cresciuto con i suoi film, e lui mi ha dato un consiglio utilissimo – racconta -. Mi ha detto che dovevo essere come una pallina da ping pong che rimbalza contro il muro, tornare a insistere e insistere fino a riuscire a fare il mio film. Ho seguito il suo consiglio e aveva ragione». Munzi, nei ringraziamenti non ha dimenticato la Calabria, ambientazione della storia: «Continuare a parlare dell’influenza delle organizzazioni criminali sulla vita della gente, come ho fatto in Anime nere, è importante, e soprattutto se lo si fa in modo corretto. Io ho scelto le storie delle persone, perché così si sbaglia meno».
LA GIOIA DI CRIACO – «Vince Francesco Munzi, soprattutto: ha fatto il film che voleva fare, e dentro c’è tutta la sua bravura e la sua sensibilità artistica» ,È il commento di Gioacchino Criaco, lo scrittore calabrese di Africo, autore del romanzo edito da Rubbettino dal quale è tratto l’omonimo film di Francesco Munzi. Accanto a Munzi «vince la Rubbettino, e Florindo Rubbettino – aggiunge Criaco – che ha sostenuto il progetto di un libro, prima, e di un film dopo. E poi, libro e film vanno oltre, superano la loro natura artistica per diventare fatto sociale, facendo vincere quella Calabria considerata senza speranza: la Calabria delle rughe della Locride, dei balzi d’Aspromonte. Vincono gli Africoti, i locridei che hanno dato il meglio di loro stessi perché Munzi realizzasse la sua opera. Vincono gli ultimi che hanno dato l’anima, davanti e intorno la camera da presa, per dimostrare che il male non è un fatto genetico, ma un prodotto sociale e basta avere opportunità e il destino muta». Di fronte a una Calabria che vince, insieme con il film di Munzi, secondo Criaco ce n’è una che perde, quella «dei vinti, di quelli che tanto non si può far nullal. Quella del rancore, della mediocrità. Quella dei migliori siamo noi e gli altri sono feccia. Perde un’autoproclamata intellighenzia da sagra paesana. Una politica che non ha visione e non ha entusiasmo. Perde la Calabria che si sente migliore – avverte lo scrittore – ed è la peggiore».
IL PLAUSO DELLE ISTITUZIONI – «Il trionfo di “Anime nere”, non può che riscuotere il plauso e l’ammirazione delle istituzioni che rappresento». È quanto afferma, in una nota, il presidente della Regione Calabria, Mario Oliverio. «Il ringraziamento del regista alla Calabria e alle comunità della Locride che hanno sostenuto in solitudine un film coraggioso sulla modernità complessa della ‘ndrangheta – prosegue Oliverio – rappresenta la dimostrazione che anche nella nostra regione le migliori culture possono sconfiggere i più pericolosi tabù e luoghi comuni». Gli auguri a Munzi, a Criaco e a tutto l’entourage di “Anime Nere” arrivano anche dalla vice coordinatrice regionale di Forza Italia, Wanda Ferro, che non risparmia una stoccata al Governatore: «Ma mentre le altre Regioni – aggiunge – hanno un ruolo attivo nella produzione culturale, in particolare letteraria e cinematografica, investendo competenze e risorse, nella nostra si respira un’aria «mortifera» in cui la politica sembra occuparsi di tutt’altro. Ora, probabilmente, il presidente Oliverio non si farà sfuggire l’occasione di inviare un messaggio di auguri all’autore, all’editore e al regista di “Anime nere”, ma finirà tutto lì. La Calabria della cultura ha bisogno di altro, di una film commission che funzioni e lavori, di leggi e programmi speciali per l’editoria e il cinema, di incentivi per le biblioteche e le scuole di scrittura. Se dopo sette mesi non ci si è preoccupati nemmeno di nominare assessore e dirigente della cultura, c’è veramente poco da stare allegri».

Da Il Quotidiano del Sud del 14 giugno
Le anime nere e le anime bianche

Quando nell’estate scorsa – dopo il trionfo al Festival di Venezia – scrivemmo su queste colonne che il film di Munzi “Anime nere”‘ tratto dal libro del nostro Gioacchino Criaco era un segnale di una Calabria nuova e diversa, che finalmente si vedeva e veniva anche ammirata e premiata, qualcuno aveva storto il muso. Anche ai piani cosiddetti alti della politica d’allora si disse e si scrisse infatti che era invece la solita immagine della Calabria che veniva propinata, che così non andava, etc etc. Non avevano visto il film, non avevano letto il libro e non sapevano quello che c’era avanti e dietro quella pellicola e quelle pagine. Ora che il trionfo ai David di Donatello ha certificato quello che in verità era chiaro fin dall’inizio forse quelle anime autodefinitesi bianche farebbero bene a fare una serena autocritica, perché ha vinto Francesco Munzi, soprattutto, ma accanto a lui – come ha saggiamente e giustamente detto Gioacchino Criaco – vince la Rubbettino, Florindo Rubbettino, che ha sostenuto il progetto di un libro, prima, e di un film dopo. Non era né semplice e né scontato e va dato atto all’editore di Soveria Mannelli e al suo staff di avere visto giusto e lungo. E poi, libro e film vanno oltre, superano la loro natura artistica per diventare fatto sociale, facendo vincere – parole sempre di Criaco – quella Calabria considerata senza speranza: la “Calabria delle rughe della Locride, dei balzi d’Aspromonte. Vincono gli Africoti, i locridei che hanno dato il meglio di loro stessi perché Munzi realizzasse la sua opera. Vincono gli ultimi che hanno dato l’anima, davanti e intorno la camera da presa, per dimostrare che il male non è un fatto genetico, ma un prodotto sociale e basta avere opportunità e il destino muta. E perde la Calabria dei vinti, di quelli che tanto non si può far nulla. Quella del rancore, della mediocrità. Quella dei migliori siamo noi e gli altri sono feccia. Perde un’autoproclamata intellighenzia da sagra paesana. Una politica che non ha visione e non ha entusiasmo. Perde la Calabria che si sente migliore ed è la peggiore e non ha visto che il film aveva vinto a Venezia, nei festival internazionali, fra i calabresi normali; e vincerà ancora. Perché non è solo un film, ma un piccolo grande sogno, dei calabresi ultimi che vogliono diventare i primi”. È una doppia soddisfazione per lo scrittore di Africo: un riconoscimento per un romanzo tanto amato dai lettori quanto avversato da certa intellighenzia meridionale e un momento di riscatto per quei tanti giovani calabresi e locridei per i quali la storia stessa di Criaco è un segno di speranza in un futuro migliore. La storia di Criaco si lega infatti a doppio filo con la storia del successo del suo romanzo prima e del film poi. Un film partito quasi in sordina, realizzato con pochi mezzi per poi arrivare a conquistare il pubblico del festival del cinema di Venezia (tredici minuti di applausi) e via via delle kermesse cinematografiche di tutto il mondo, da Londra a New York, da Oslo a Taipei fino al traguardo dei David dell’altra sera. Anime nere e anime bianche possono così riappacificarsi se solo le seconde volessero ammettere che è possibile anche dalle nostre parti fare altro e farlo bene senza vendersi l’anima (a proposito…) al diavolo.

di Filippo Veltri

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