La sfida dell’umano in un libro del vescovo Vincenzo Bertolone (Adista Notizie)

di Valerio Gigante, del 3 Giugno 2015

Vincenzo Bertolone

I care humanum

Passare la fiaccola della nuova umanità

https://www.store.rubbettinoeditore.it/media/catalog/product/cache/1/image/9df78eab33525d08d6e5fb8d27136e95/b/e/bertolone_piatto_150.jpgDa Adista Notizie 6 giugno

I care humanum è un titolo costruito su un interessante pastiche linguistico culturale. Mette insieme, all’interno della stessa espressione, il famoso motto della scuola di Barbiana, che vuol dire “me ne importa, mi sta a cuore”, con un celebre verso del poeta latino Terenzio, tratto dalla commedia Heautontimorumenos (ossia “Il punitore di se stesso”). L’opera teatrale si apre con un vecchio, Menedemo, che per espiare il proprio senso di colpa per aver indotto il figlio a lasciare la sua casa dopo che ne aveva impedito l’amore con una giovane di più bassa condizione sociale, si autopunisce lavorando senza posa il proprio podere. Il vicino Cremete gli si avvicina preoccupato, chiedendogli il motivo di tanta inutile fatica. Alla risposta seccata di Menedemo, che invita Cremete a farsi i fatti suoi, il vicino replica: «Homo sum, humani nihil a me alienum puto». Cioè: “Sono uomo, nulla di ciò che riguarda la condizione umana mi è indifferente”. È una delle frasi più celebri della letteratura latina, quella su cui si fonda l’ideale di humanitas elaborato poi da Cicerone e ripreso in seguito dalla cultura umanistico-rinascimentale: l’apertura verso l’altro, cui ci unisce la medesima fragilità, la medesima ricerca, la medesima condizione umana. I care humanum (che, sia detto per inciso, è anche espressione che vorrebbe realizzare la sintesi tra passato presente, inglese e latino, tradizione e modernità) è il titolo scelto da p. Vincenzo Bertolone, religioso della Congregazione dei Missionari Servi dei Poveri, attuale arcivescovo di Catanzaro Squillace, postulatore di diverse cause di canonizzazione, tra cui quella di don Pino Puglisi, per un suo interessante libro, appena uscito per la casa editrice Rubbettino (I care Humanum. Passare la fiaccola della nuova umanità, pp. 150, euro 12). Il libro affronta la questione antropologica dell’identità e della ricerca umana, fondendo assieme il punto di vista antico e quello moderno, la prospettiva cristiana con quella elaborata dal pensiero laico. I due assi fondamentali sui quali si svolge la riflessione di Bertolone sono la libertà e la relazione: non l’essere umano visto quindi come individuo isolato, ma come persona che comunica, capace di relazione.
Il testo è un saggio pastorale scritto da p. Bertolone in preparazione al V Convegno ecclesiale di Firenze (9-13 novembre 2015) che focalizzerà l’attenzione su “Cristo Gesù per un nuovo umanesimo”: per questa ragione il libro non si sofferma solo sulla riflessione teorica intorno alla necessità di pensare un nuovo umanesimo per la società contemporanea, ma cerca di fornire anche delle indicazioni pastorali.
Dopo la prefazione, firmata dal card. Gianfranco Ravasi, presidente del Pontificio Consiglio della Cultura, il libro si articola in cinque capitoli (“Verso un ‘nuovo umanesimo’?”, “Un uomo nuovo per una vita nuova”, “Creato secondo Dio. La ‘sfida’: sentirci bambini”, “Dalle periferie del mondo il ‘novum’. L’auspicio: a ogni donna finalmente il suo ruolo!”, “Famiglia naturale e matrimonio”), che tentano di delineare uno stile ecclesiale che, sulla scia di quello che per l’autore è il magistero di Francesco, sia capace di «farsi più “prossimo” agli esseri umani», a «non ergersi sopra di essi», a «vivere al loro interno e tra di loro, puntando dritto alla novità di vita». Insomma, nello spirito del Concilio Vaticano II, il messaggio cristiano non può – se ha veramente a cuore l’umano – evitare il dialogo con il mondo contemporaneo e le culture secola-rizzate; deve, anzi – scrive p. Bertolone – sentire «l’urgenza di un dialogo con le etiche, con le visioni religiose e con le varie forme di sapere attuale della stagione postmoderna, in un’opera da condurre insieme con tutte le persone di buona volontà, con l’obiettivo di riscoprire i semi dell’umano e di ripiantarli nel dissodato terreno ultramoderno».
In questo senso, cioè nella prospettiva della concreta visione pastorale che Bertolone suggerisce, la seconda parte del libro lasciail lettore con il desiderio (in parte insoddisfatto) di vedere i temi più controversi che caratterizzano il dibattito pubblico non solo affrontati secondo la dottrina vigente (prospettiva ovvia per un arcivescovo cattolico), ma anche analizzati in maniera problematica e proiettati nell’orizzonte di novità e speranza suscitato – anche all’interno delle comunità ecclesiali – dal pontificato di Francesco. A parte l’invito piuttosto tradizionale a riscoprire il Catechismo, («perché non puntare tutti sul Catechismo, che attinge a piene mani dal tesoro della dottrina sociale della Chiesa?»), quando si parla di famiglia, la si declina invece nel senso tradizionale di unione tra uomo e donnafondata sul matrimonio sacramentale. Altre forme di unioni, sulla cui forte presenza nella società contemporanea l’autore pure insiste ci si debba interrogare, non sembrano rientrare nel novero di quelle che la Chiesa può accogliere al suo interno. Lo stesso vale per le unioni omosessuali. L’idea anzi che esista una questione di “genere” viene risolutamente rifiutata da Bertolone, a favore dellapiù classica divisione sessuata, unicamente maschile e femminile. Tertium non datur. Sulle questioni legate alla sessualità ed alla contraccezione, il libro rimanda all’enciclica Humanae Vitae (del 1968!); sulla fecondazione assistita, pur richiamando la necessità di comprendere le motivazioni di fondo che portano tante coppie a ricercare la genitorialità anche se sterili, la soluzione prospettata da p. Bertolone è quella di riscoprire la «fecondità spirituale,educativa, sociale». Cioè di restare senza figli biologici.
Maggiore apertura sulla questione dei divorziati risposati. Ma anche in questo caso resta l’amaro in bocca: l’autore si limita infatti a porre l’interrogativo di come favorire una maggiore partecipazione di questi credenti alla vita ecclesiale; descrive le ipotesi che sono state avanzate in ambito teologicoe pastorale, ma si esime dall’esprimere la propria opinione in merito.

Di Valerio Gigante

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