“La questione meridionale diventi d’interesse europeo” (Il Mattino)

di Gigi Di Fiore, del 3 Giugno 2014

da Il Mattino del 31 Maggio

La politica nazionale non ne discute, la questione meridionale è definizione bandita dal dibattito economico e l’iniziativa dell’editore Florindo Rubbettino sembra quasi una sfida. «Senza freni» a parlare di Mezzogiorno e di possibilità di sviluppo, mettendo insieme economisti e storici. C’è l’analisi sul passato, unite alle proposte per superare le difficoltà del Sud, perché «le parole sono importanti» dice l’assessore regionale calabrese Mario Caligiuri. In un’Italia di economia agricola, come quella degli anni dell’unità, il divario tra le due aree del Paese non poteva essere elevato. Lo evidenziano economisti come Vittorio Daniele e Guido Pescosolido. In quegli anni, il vero parametro di sviluppo industriale non poteva che essere la Gran Bretagna, non il Piemonte. «Ragioni di posizione geografica più vicina ai grandi mercati europei, unite a scelte di politica economica, alimentarono un divario in crescita nei primi 20 anni unitari», argomenta il professore Daniele. Le tariffe doganali del 1887 misero poi in ginocchio l’esportazione della produzione agricola meridionale, spiega il professore Pescosolido che ricorda come «l’annuario statistico italiano del 1864 sottovalutò, con dati superati o ignorati, la produzione agricola meridionale». Niente divari economici all’alba dell’unità, ma differenze sociali. E proprio il parametro della «coesione sociale» viene considerato «determinante per ogni sviluppo» dal sociologo Carlo Borgomeo. Il Mezzogiomo però è anche vittima di una «narrazione ricca di stereotipi di cui sono autori spesso proprio i meridionali», spiega la docente di storia Marta Petrusewicz. E si è sviluppato da anni un nuovo interesse nel Sud che rivendica la sua storia, per poter ripartire da un’ identità senza pregiudizi. Quando il discorso si sposta sulla crisi attuale e sulle proposte, l’analisi si complica. «Il Sud non è la palla al piede del Paese, l’Italia non va da nessuna parte senza il Mezzogiorno», dice Massimo Lo Cicero. E Paolo Savona analizza le ripercussioni negative, sull’economia meridionale, della parità di valuta, introdotta sia dopo l’unità sia con l’euro agganciato a parametri validi in quel momento per il centro-nord. E propone: «Bisogna avviare un’azione culturale e politica per riconoscere l’esistenza dell’handicap valutario, decidendo politiche adeguate». Un’azione impossibile, però, senza l’intervento dell’Europa. Per questo, Savona auspica che la «questione meridionale» diventi «questione europea». Proposte di rottura, in questa fase post-elettorale. Aggiunge Paolo Savona: «Va riformata l’architettura istituzionale dell’Ue, oppure va preparata un’uscita ordinata dagli accordi europei per dotare il Paese delle politiche necessarie a rimuovere il dualismo meridionale».

Lo sviluppo si coniuga con investimenti e credito agevolato, formule della Cassa per il Mezzogiorno. «Espeienza fallita», la considera Beniamino Quintieri. Ma Amedeo Lepore ricostruisce le diverse fasi della Casmez e sottolinea i benefici che portò per lo sviluppo del Sud, nel periodo compreso trail 1950 al 1972. Poi, la crisi petrolifera, la nascita delle Regioni e la loro incapacità nei progetti e nella spesa. Dice Lepore: «Bisogna ripartire da una vera politica industriale, favorire un nuovo Sud di governo. E non si può prescindere da indirizzi dello Stato centrale, che puntino sui giovani e sulle imprese meridionali». Di Mezzogiomo si discute nella sede della casa editrice Rubbettino, ma da tempo non se ne parla più a Roma. La proposta delle macroregioni, le critiche alle farraginose burocrazie regionali, il divario nord-sud sono temi scomparsi nell’agenda politica della crisi europea. La politica ha in evidenza altri argomenti e il direttore del Mattino, Alessandro Barbano, lo sottolinea in conclusione: «Il Sud non è centrale nel dibattito nazionale, esiste un’assenza della politica che va rifondata per dare voce al Mezzogiorno». Un libro dei sogni, nella generale e diffusa sfiducia. Anche se nel Sud non si perde la capacità dí sognare, come a Favara, in Sicilia, dove il notaio Andrea Bartoli in tre mesi ha realizzato nel centro storico recuperato il suo «Farm cultural park», modello atipico di sviluppo del territorio. Una goccia nel mare. Nel Sud non basta.

di Gigi Di Fiore

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