L’Europa non si dimentichi che l’Italia è il terzo contribuente (Libero Quotidiano)

di Antonio Patuelli, del 22 Giugno 2015

Da Libero Quotidiano del 21 giugno

Forse in pochi sanno che l’importo stimato del sostegno finanziario dell’Italia ai paesi dell’Unione Monetaria Europea, nel 2014, si aggira intorno ai 61 miliardi e che l’Italia è stata, nel 2013, il terzo contributore dopo la Germania e la Francia.
Questa riflessione è utile per mettere a fuoco impegni e responsabilità che l’appartenenza all’Unione richiede, ma anche rivendicare, con maggiore consapevolezza, un ruolo non secondario del nostro Paese.
Mentre imperversano, non solo in Italia, forti polemiche, spesso preconcette, sull’euro e sull’Europa, quando in Italia si continuano a fare sacrifici anche con alte imposte, occorre razionalmente evitare i luoghi comuni e domandarsi quali correzioni possano essere costruttivamente poste in essere per sviluppare una nuova Europa più unita, solidale e vicina alle popolazioni.
Il progressivo consolidamento del disegno della Unione Bancaria impone di riconosce ed affermare con decisione quanto l’Italia ha dato a questa Europa.
Un esempio su cui riflettere è quello dell’esperienza sui sostegni finanziari ai paesi dell’Unione Monetaria Europea.
Al 2013 il contributo finanziario dell’Italia a sostegno degli altri Stati dell’Unione Monetaria Europea è risultato di 55,6 miliardi di euro, per 10 miliardi in prestiti, per 34,1 miliardi di euro attraverso il Fondo Europeo di Stabilità Finanziaria – FESF – e per 11,5 attraverso il meccanismo europeo di stabilità – ESM.
A fine 2014 l’importo stimato del sostegno finanziario dell’Italia ai paesi dell’Unione Monetaria Europea ammonta a circa 61 miliardi. Insomma, nel 2013 l’Italia è stato il terzo contributore, superata soltanto dalla Germania (con 77,3 miliardi di euro) e dalla Francia (58 miliardi di euro). Cinque sono stati i Paesi che hanno ricevuto assistenza dai due fondi e hanno ricevuto più di quanto abbiano versato.
L’Italia è stata solamente contribuente di tali fondi, senza aver utilizzato alcunché. Ciò evidenzia in modo più emblematico come, pur vivendo nel 2013 ancora una gravissima crisi, l’Unione Monetaria Europea è costata all’Italia, che non ha beneficiato di sostegni.
Lo stesso scenario lo osserviamo nella economia bancaria. Il nuovo “fondo salvabanche” (fondo di risoluzione europeo, SRF) recentemente messo a punto dall’Unione Europea, non utilizzerà in alcun modo fondi pubblici, ma solamente risorse delle banche e dei rispettivi azionisti, obbligazionisti e depositanti. Insomma, il fondo europeo “salvabanche” seguirà l’esempio italiano di questi anni che non ha visto alcun soggetto pubblico nella Repubblica italiana versare anche un solo euro a favore di banche, tutte private e che hanno realizzato assai ingenti aumenti di capitale con benefici sia negli impegnativi “esami” europei del 2014, sia per favorire l’aumento dei prestiti ad imprese e famiglie. L’Europa è una conquista fondamentale da difendere con coraggio e decisione, ma non in modo acritico.
Per realizzare una nuova Europa, per vedere riconosciuto il ruolo italiano occorre quindi partire facendo un bilancio critico anche della esperienza realizzata da questi meccanismi e porre in essere le necessarie correzioni.

Di Antonio Patuelli

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