Intervista a Lorenzo Infantino su Sergio Ricossa (Libero)

del 14 Aprile 2014

Da Libero del 13 aprile

SERGIO RICOSSA: «Per noi è stato il Liberalismo ma l’Italia non è per liberali»
Martedì a Torino omaggio al grande economista 86enne con Rubbettino e Infantino. Che attacca i troppi idolatri dello Stato e odiatori del mercato

Professor Lorenzo Infantino, martedì prossimo al Circolo dei Lettori di Torino renderete un pubblico omaggio a Sergio Ricossa. Sembra quasi un atto riparatore: Ricossa di omaggi ne ha avuti pochissimi, e omaggi pubblici ancora meno…
«È sicuramente un omaggio allo studioso,ma è soprattutto una testimonianza di affetto e di riconoscenza da parte di suoi amici, quali sicuramente siamo l’editore Rubbettino, Enrico Colombatto e io. La nostra iniziativa si pone quindi su un piano diverso da quello del potere pubblico, che ha mancato e che non può porre rimedio a ciò che imperdonabilmente non ha fatto».

Crede anche lei che se non fosse stato liberale lo avrebbero fatto senatore a vita venti anni fa?
«Ricossa avrebbe ben meritato la nomina a senatore a vita. Conoscendo l’uomo, penso pure che egli avrebbe potuto non accettare. E comunque non si sarebbe trovato a suo agio in mezzo a un ceto politico che ha buttato al vento tutte le occasioni in cui sarebbe stato possibile imprimere alla vita del Paese una svolta liberale. Ma tutto ciò sarebbe venuto dopo. Come dire che la responsabilità di chi ha indossato i paramenti del potere pubblico rimane chiara e incancellabile».

Qual è l’insegnamento di Ricossa che ritiene più importante?
«Quando con la caduta del fascismo è entrato nella vita pubblica, Luigi Einaudi non era più un giovane a cui l’età potesse consentire di coagulare attorno a sé una generazione di attivisti della libertà. Egli era amaramente consapevole dei danni che l’intervento della politica nell’economia si preparava a produrre. Subito dopo Einaudi, solamente Bruno Leoni e Sergio Ricossa hanno avuto chiara consapevolezza di ciò. La prematura scomparsa di Leoni ha poi fatto ricadere sulle sole spalle di Ricossa l’assai poco agevole compito di spiegare e/o ricordare a governanti irresponsabili e a governati incuranti del futuro quale immane dilapidazione si stesse perpetrando. Per quanti appartengono alla mia generazione, Ricossa è stato “il” liberalismo, lo studioso a cui guardare per rendersi conto degli inganni della politica e dei suoi mestieranti».

Il gesto pubblico più noto di Ricossa è stato probabilmente la partecipazione alla “marcia contro il fisco”, nel 1987. Oggi una simile marcia servirebbe più di allora, ma nessuno la fa. Cosa è successo?
«L’impegno civile di Ricossa è stato grande. Oggi non mancano le energie. Sono solo momentaneamente sopite».

Ricossa è stato di certo un grande maestro, ma il suo insegnamento è rimasto privilegio di una nicchia. È l’Italia che non capisce i liberali come Ricossa o sono questi ultimi che non capiscono l’Italia?
«I liberali come Ricossa capiscono perfettamente che cosa sia l’Italia. Il nostro Paese non è la terra in cui sia nato il liberalismo. È la terra di altre tradizioni, intimamente illiberali, tutte accomunate dall’odio nei confronti della libertà individuale di scelta e del mercato, cioè a dire della cooperazione sociale volontaria. Il loro idolo redentore è lo Stato. E tuttavia la mano pubblica non ha redento il Paese. Lo ha scaraventato in fondo a un baratro, in cui dilapidazione delle risorse, avventurismo e corruzione vanno di pari passo. L’esplosione del debito pubblico italiano risale agli anni Ottanta. Ma nei successivi venticinque anni la situazione è ancora peggiorata. Al che hanno contribuito pure governi che dichiaravano di volere salvare l’Italia».

Con Rubbettino state curando la nuova pubblicazione dei libri “storici” di Ricossa. Dovesse consigliarne uno ai giovani lettori di Libero che non conoscono Ricossa, quale sceglierebbe?
«C’è solo l’imbarazzo della scelta, perché ogni libro di Ricossa è una sicura fonte di apprendimento. Mi limito comunque a segnalare I pericoli della solidarietà, ancora fresco di stampa. Ma chi vuole conoscere i nomi degli “attori”, a cui dobbiamo i tanti problemi che abbiamo oggi di fronte, non può rinunziare alla lettura di Come si manda in rovina un Paese»

Intervista di Fausto Carioti

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