Il padre degli Impressionisti e la sua anima anarchica. Pissarro tra campagne e città (Il Giorno)

di Gian Marco Walch, del 18 Febbraio 2014

da Il Giorno (Ed. MIlano) del 18 febbraio

Pavia – Dipingeva e insegnava, non da accademico, più fruttuosamente regalando, a colleghi del calibro di Gauguin e Van Gogh, consigli appresi dall’esperienza: «Copri la tela al primo colpo, poi lavoraci sopra fino a quando non vedi più nulla da aggiungere». Dipingeva con inesausta passione, conscio del suo valore ma attento alla virtù dell’umiltà: «Ho cominciato a capire le mie sensazioni, per sapere quello che volevo, a circa quarant’anni. Ma solo vagamente». Dipingeva e, benché lettore assiduo di riviste anarchiche, non si sottraeva al dialogo con le più alte autorità: «Dio si prende cura di imbecilli, bambini e artisti», tre categorie distinte, alla sua epoca.
Un altro maestro francese sta per sbarcare con le sue opere a Pavia: Camille Pissarro. Più che esplicito il titolo della mostra: «L’anima dell’Impressionismo». A ospitarla, dall’elegante inaugurazione di giovedì sera al 2 giugno, saranno le Scuderie del Castello Visconteo, che hanno già accolto Degas, Renoir e, ripartito da poco, dopo avere stabilito il record di visitatori, Monet. Prodotta e realizzata da Alef-cultural project management, forte de Giorno» come media partner, ricca di quadri provenienti da tutto il mondo, quasi animati in uno spettacolo sensoriale, «Camille Pissarro. L’anima dell’Impressionismo», raccontata anche nel bel catalogo edito da Rubbettino, vanta la consulenza scientifica di Philippe Cros, già curatore della rassegna su Menet.
Monsieur Cros, Pavia sembra sempre più un lembo di terra francese...
 «Non è forse il momento più felice per trarre ispirazione dalla storia di Francia ma, più seriamente, il progetto di questa serie di mostre va un po’ nel senso dì una scoperta in profondità di una delle tappe più affascinanti della pittura francese. Infatti, se l’Impressionismo è un movimento dalle intenzioni chiare e abbastanza coerenti, le differenze fra i membri del gruppo sono spesso meno conosciute dal grande pubblico: ecco perché queste esposizioni “monografiche”, per mostrare la diversità nell’unità apparente».
Pissarro anima dell’Impressionismo o maestro degli Impressionisti?
«Più anima che maestro: Pissarro, se non ha mai amato l’idea di essere un “leader”, ha finito comunque per imporsi, come fratello maggiore, o genio tutelare, ma anche perché ha saputo guidare la generazione successiva con i consigli più che con qualunque forma di autorità».
 Nato ai Caraibi, un ritorno ai Caraibi, poi a Caracas: ma non ha mai dipinto i colori della sua terra…
«Pissarro amava soprattutto la campagna e, scegliendo di vivere in Francia, ha dipinto ciò che ha visto. Nessun dubbio che, se fosse ritornato ai Caraibi nell’età matura, avrebbe dipinto i colori esultanti dei tropici».
Tanta campagna, poi i panorami cittadini.
«Una scoperta tardiva per lui, legata unicamente al fatto che per ragioni oculistiche non poteva più dipingere in campagna. Ciò che ha scoperto in città dalle finestre degli hotel gli è talmente piaciuto che ha rinnovato la sua arte a un’età in cui gli artisti invecchiando si ripetono: un miracolo fortuito. Che Pissarro ha saputo sfruttare».
Pissarro e l’anarchia?
«Pissarro fu un vero anarchico, sincero, ma poiché la pittura era il suo primo amore, ha lasciato l’anarchia al dominio delle idee: non si può che esserne felici a ripensare ai tanti attentati che facevano già i titoloni dei giornali».
Monsieur Cros, ma in definitiva di tutti gli Impressionisti chi fu il più Impressionista?
«Lo furono tutti, ognuno a modo suo. Ma, e questo è l’essenziale, Pissarro fu il primo!»

di Gian Marco Walch

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