Il meridione d’Italia nel libro di Dante Maffia (l'opinione.it)

di Giuseppe Talarico, del 24 Settembre 2015

Da l’opinione.it 24 Settembre

La lettura del libro di Dante Maffia, intitolato “Monte Sardo” ed edito dalla Rubbettino, ha fatto riaffiorare nel mio animo una riflessione di Alberto Moravia contenuta nel diario Europeo pubblicato sulla terza pagina del Corriere della Sera negli anni Ottanta: “La mafia al sud, nelle sue diverse forme e declinazioni, è un fenomeno che nasce dalla putrefazione della cultura contadina”.

Dante Maffia, scrittore e studioso di letteratura, insignito nel 2010 del prestigioso premio letterario Matteotti dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri, è un intellettuale che nei suoi diversi e molteplici libri, romanzi, saggi e opere poetiche, ha con la scrittura letteraria scrutato e osservato con lo sguardo dell’antropologo la realtà meridionale, per comprenderne lo sviluppo e la evoluzione civile e sociale. Monte Sardo è un piccolo paese di mille abitanti adagiato su di una collina da cui si può, in preda alla estasi dei sensi e al loro incanto, immergere lo sguardo nelle acque limpide e azzurre del mare.

Nel libro il lettore è colpito dalla descrizione di questa comunità, un microcosmo, nel quale le epoche storiche si succedono con i mutamenti che comportano, evocato con immagini liriche intense e di rara perfezione stilistica. Nella prima parte del libro, è evidente il riferimento storico alla realtà della Calabria del secondo dopo guerra. Monte Sardo, come tanti piccoli paesi del sud Italia, è visto come un luogo in cui tutto nel tempo lungo i secoli si è come pietrificato e cristallizzato. Infatti si ha la sensazione che i suoi abitanti abbiano vissuto in un cerchio, che si muoveva lentamente, senza che le immagini mutassero.

A Monte Sardo, negli anni Cinquanta del secolo scorso, vi era la netta contrapposizione tra i signori e i possidenti, un ceto sociale formato da una nobiltà inetta e da professionista privi di cultura, e i suoi cittadini, il popolo costituito da operai e contadini analfabeti e sprovvisti della capacità politica di fare valere i loro diritti civili e sociali. Il personaggio che il lettore del libro incontra e che diviene il protagonista di questa narrazione, avvincente e emozionante, è il giovane Tommaso, un adolescente intelligente, che scopre da piccolo l’amore e la sua passione per i libri, le parole, la scrittura e soprattutto la poesia. In un dialogo che ha con sua madre Rosina, Tommaso, essendo consapevole di essere nato in un piccolo borgo dove i libri sono un oggetto sconosciuto, le confessa che solo le parole riescono ad afferrare il senso delle cose, che altrimenti andrebbe a perdersi nel nulla e svanirebbe irrimediabilmente.

Tommaso, con la sua sensibilità, constata con grande angoscia e disagio umano che mentre il popolo vive in miseria e non riesce ad avere una vita dignitosa e libera, i magazzini posti al disotto dei palazzi eleganti dei signori sono ricolmi di ogni ben di Dio. Nel libro la narrazione è basata su due diversi registri espressivi tra loro mirabilmente combinati e mescolati: la narrazione in terza persona e il commento che, alla fine di ogni capitolo, è affidato ai giocatori di carte, che commentano i fatti accaduti nel piccolo paese con espressioni sagaci e sarcastiche, rivelando una inclinazione irresistibile per il pettegolezzo assai vivo nelle piccole realtà meridionali. Tommaso, l’intellettuale del paese, prosegue i suoi studi e intuisce, grazie alla sua sensibilità e alla sua intelligenza e alla sue letture, che i notabili tra loro si scambiavano favori a Monte Sardo, destinando i terreni per l’uso di fabbricazione ai loro sodali, intessendo relazioni con gli uomini politici regionali e nazionali per ottenere sovvenzioni dalle istituzioni, in modo da coltivare con cinismo i loro interessi a danno del popolo.

Nel libro per descrivere questi meccanismi di potere, fonte di ogni nequizia e ingiustizia, l’autore adopera la efficace espressione di ‘Ndrangata Paesana. Ciccio Viceconte, figlio di un umile sarto e maestro elementare, per restituire dignità alla gente e liberare Monte Sardo dalla presenza soffocante del sistema di potere al capo del quale vi erano i ceti dominanti, i nobili e ricchi professionisti, da militante socialista li sfida in una elezione comunale e vince le elezioni. In quel periodo non si poteva pronunciare la parola eguaglianza e il prete di Monte Sardo minacciava di fare arrestare che si rifiutava di prendere la tessera della Democrazia Cristiana. Sono belle e indimenticabili le descrizioni nel libro che mostrano come, con la vittoria del sindaco socialista Ciccio Viceconte, a Monte Sardo mutarono in modo profondo i rapporti tra i cittadini e si ebbe la affermazione del principio della legalità e del valore della democrazia Repubblicana. Con il sindaco socialista, dopo tante vessazioni e oppressioni subite dal popolo, venne di fatto nel secondo dopo guerra a Monte Sardo inaugurata una nuova stagione politica all’insegna della dignità di ogni cittadino, in base ai valori contemplati nella costituzione.

In questa parte della narrazione è straordinario seguire i mutamenti di Monte Sardo e la lenta e ineluttabile maturazione civile e sociale dei suoi cittadini. Tuttavia, malgrado i cambiamenti politici e la fine del feudalesimo, che aveva tenuto fermo e pietrificato nel tempo Monte Sardo, il paese con la emigrazione si spopola e diventa un luogo desolato e spettrale. Tommaso, divenuto uno studente liceale, inizia a sentire la realtà paesana come una cappa di piombo opprimente e insopportabile. In questo periodo, mentre sperimenta la sofferenza e il dolore, provocati dalla morte di sua madre e di suo padre, Tommaso riflette che al sud si è incapaci di valorizzare le bellezze paesaggistiche e il mare dal colore azzurro intenso, per farli divenire fonte di uno sviluppo autentico ed effettivo della economia meridionale. Anche a Monte Sardo arriva il benessere e anche in questo piccolo borgo i giovani possono studiare e esprimere il loro talento.

Tuttavia la presenza di tanti professionisti e laureati, come osserva acutamente Tommaso, non corrisponde ad una crescita reale del livello culturale del meridione e di Monte Sardo, realtà arretrate che si dibattono tra le loro antiche e ancestrali incongruenze e problemi atavici, che costituiscono un nodo irrisolto nella storia Italiana. Sono belle le pagine del libro in cui Tommaso, avviato a diventare un famoso scrittore, medita sulla genesi delle opere letterarie, visto che secondo la sua idea i versi e le opere letterarie nascono, non solo dalle letture dei grandi libri, ma dalle esperienze di vita, dai viaggi, dalle malattie e dalle gioie, dalle esaltazioni e dalle cadute e dalle resurrezioni, che vi sono nella vita di tutti gli uomini e anche in quella degli scrittori. Commovente e indimenticabile è il dialogo che Tommaso ha con Ciccio Viceconte, divenuto un politico autorevole, intorno alla relazione tra Politica e Letteratura.

La politica è la possibilità di agire con i mezzi della cultura per liberare il popolo dalla ingiustizia e renderlo libero e consapevole dei propri diritti; la letteratura e le opere letterarie sono fondamentali per indagare la parte interiore dell’uomo, capire chi egli sia e quale sia il fine verso il quale si muove. Per Tommaso, prima ancora di divenire uno scrittore di successo, la letteratura doveva aiutare gli uomini onesti ed educati intellettualmente a cambiare il mondo attraverso l’incanto della poesia, per renderlo più giusto e migliore, meno violento e meno indifferente. Nella parte finale del libro Tommaso con disincanto e amarezza constata che le legittime attese del riscatto del sud e non solo del suo Paese di origine Monte Sardo, dove si è formata la sua sensibilità letteraria ascoltando i racconti dei suoi amici, sono state tradite da una classe dirigente corrotta e inconcludente. Questo libro di Dante Maffia si pone di diritto nella tradizione delle letteratura meridionalistica e fa pensare alle grandi opere di Giovanni Verga, di Carlo Levi, di Ignazio Silone, e al recente romanzo di Carmine Abate La Collina del Vento. Un libro che aiuta a capire lo sfacelo politico e civile in cui sono precipitati la Calabria e il Sud Italia.

Di Giuseppe Talarico

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