I fantasmi di Giulio Questi (Blow Up)

di Alberto Pezzotta, del 2 Dicembre 2014

Giulio Questi

Se non ricordo male

Frammenti autobiografici raccolti da Domenico Monetti e Luca Pallanch

Da Blow Up di dicembre

“Il fantasma di una guerra lontana nel tempo. Nessun reduce. Solo fantasmi nella polvere di una strada di montagna.” Così Giulio Questi commenta la foto che compare sulla copertina di Uomini e comandanti (Einaudi, pp.194, € 18), che per la prima volta, a cura di Angelo Bendotti, raccoglie in un’edizione ufficiale ( e prestigiosa) racconti dispersi nell’arco di mezzo secolo in riviste (da “Il Politecnico” di Vittorini in giù) e pubblicazioni private. Racconti che in gran parte nascono dall’esperienza dell’autore che, diciannovenne, nel 1943 comincia a combattere tra le valli bergamasche, spesso in formazioni irregolari, spesso rischiando di essere ucciso non solo dai nazifascisti ma dalle altre formazioni o dall’incapacità dei suoi comandanti.
Fantasmi lontani in un mondo che ha dimenticato tutto. Ma i fantasmi ritornano, come mostra un racconto degli anni novanta (Visitors), poi diventato un omonimo cortometraggio digitale nel 2006. I fantasmi dei fascisti morti ammazzati, per cominciare: ma senza particolare rancore. Solo per chiudere il cerchio. Sempre che lo permetta la memoria.
“Nella guerra ravvicinata, com’era la nostra, sei più cosciente di tutto perchè la gente che ammazzi la vedi da vicino, sia da viva che da morta. Io posso dire con certezza non che non provi niente, ma che non fai in tempo a provare qualcosa: se uccidi perchè stai per essere ucciso, sei pieno di adrenalina e non pensi a niente. La domanda diventa più lecita così:”E vent’anni dopo? Venti e anche cinquant’anni dopo molte cose affiorano all’improvviso, a volte un solo dettaglio fotografico che esplode terribile: angoscia, paura, orrore, mai più la guerra, mai più avere vent’anni!… Sì, si maledicono i propri vent’anni. La memoria è molto più aggressiva e crudele della realtà”. Questi lo dice nell’altro suo libro uscito nel 2014: Se non ricordo male. Frammenti autobiografici (Rubbettino, pp.194, € 14), che nasce dalle trascrizioni di un’intervista fiume amorevolmente curata da Domenico Monetti e Luca Pallanc. I due libri si completano e si illuminano a vicenda, e finalmente collocano nella cultura italiana una figura sfuggente e schiva, nota ai più per bene tre film (il western Se sei vivo spara da tempo celebre, il thriller pop La morte ha fatto l’uovo e il più indefinibile Arcana, che sembra un Olmi lisergico o uno Lodorowsky lombardo), e che attraversa carsicamente oltre mezzo secolo di storia: tra documentari negli anni cinquanta, decine di progetti mai realizzati, film digitali girati in solitudine a cavallo del nuovo millennio.
E se del cinema di Questi ormai è stato detto tanto e in modo anche superficiale (vedi l’arruolamento di Se sei vivo spara nei cult della cinefilia trashista internazionale), la scoperta di Questi scrittore pone tutto in una prospettiva più profonda. Non solo e non tanto perchè si tocca con mano il fondo di orrore autentico della violenza e della guerra che poi viene rielaborato nei film di genere (cosa che per altro si sapeva già da un pezzo, ed era diventata un altro luogo comune) – quanto perchè leggere oggi di brigate partigiane di irregolari sbandati e azioni di guerriglia fallite nelle valli del bergamasco, è uno shock più forte di qualunque immagine di fiction. Uno shock duplice: in quanto Questi evoca un passato doppiamente rimosso (oggi si dimentica sia la resistenza sia il caos, l’approssimazione, le violenze intestine); e in quanto lo racconta in quel modo. Questi ha un linguaggio, uno stile, una visione che si impongono perentori, suscitando ammirazione spesso ad ogni frase. Abbassa vertiginosamente il tono ma non scade mai nella retorica dell’antiretorica. Resta oggettivo, ferocemente oggettivo, e piuttosto va sempre a cogliere i paradossi, le assurdità, il surrealismo involontario che rende la realtà incerta come un brutto sogno. Questi non mette mai in dubbio che nel 1943 la scelta da fare fosse quella. Non è un revisionista! Constata invece come qualunque ideale venga triturato e dimenticato nella fatica quotidiana della sopravvivenza.
In Uomini e comandanti ci sono anche racconti non resistenziali, dove emerge una vena più fumista, egualmente crudele ma mai gratuita. Ad libitum echi e riferimenti, da Cortàzar in su. E anche questi altri racconti si apprezzano ancora di più se letti in parallelo con Se non ricordo male. Dove Questi racconta la sua vita non come un romanzo (non c’è compiacimento), ma come un dato di fatto. Parla in prima persona, ma ragiona in terza. Ed è un’epopea del tempo perduto e sprecato, gettato in decine di avventure senza esito, da New York a Londra alla Colombia dove conosce García Márquez (protagonista di uno dei racconti di Uomini e comandanti). Dove l’io narrante fa cose incredibili come se fossero le più facili e normali del mondo. E alla fine si trova a un’invidiabile età a vedere le parole che si allineano a fissare con ironica icasticità un mondo perduto. Fantasmi. Placati dallo stile e dal linguaggio? Chissà.

di Alberto Pezzotta

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