Hedy Lamarr. Una scienziata a Hollywood (guru)

di Michele Scozzai, del 23 Maggio 2012

Da Focus Storia – 06/2012
Fu un’anima perdente. Senza identità né amore. Indossava la maschera di una dea. Un volto che maledisse e che, a suo dire, le portò “tragedia e mal di cuore“, e che calamitò “sei sfortunati compagni di matrimonio“. Eppure Hedwig Kiesler, la viennese di origine ebraica che il premio Pulitzer George Weller definì nel 1931 “la più bella ragazza del mondo “, fu un’intelligente manager di se stessa e un’innovativa provocatrice del grande schermo, che ben poco si fece mancare e molto restituì a un velenoso destino.Ribattezzata Hedy Lamarr dal guru hollywoodiano Louis B. Mayer (non senza un gusto sottilmente macabro, visto che il richiamo era alla diva del muto Barbara La Marr, morta trentenne di eroina) la vita dell’ attrice austriaca fu un amaro cortocircuito emotivo, un tortuoso labirinto snodatosi per oltre 80 anni tra finzione e realtà, senza che vi fosse mai un confine tra l’una e l’altra. Quando un giornalista, nel 1946, le chiese con un pizzico di malizia per quale ragione non ci fossero le sue impronte davanti al Teatro Cinese di Los Angeles, su quell’Hollywood Boulevard che reca le orme delle celebrità dello spettacolo, lei rispose laconica: “Vengo calpestata abbastanza anche senza stare sul marciapiede“.

Bambina prodigio. Hedwig era nata a Vienna il 9 novembre 1914. I genitori, entrambi ebrei, provenivano dall’ alta borghesia e con la figlia mantennero una condotta tipicamente ottocentesca: scarse attenzioni e un’ educazione affidata, come consuetudine, a uno stuolo di governanti. Nonostante i momenti di tenerezza rievocati nella travagliata autobiografia, i rapporti con la famiglia non furono mai facili: fino all’ultimo dei suoi giorni Hedwig avrebbe evitato di ammettere le proprie radici religiose. «In molte interviste parlò dei genitori come di persone poco affettuose» nota la storica irlandese Rum Barton nel suo libro Hedy Lamarr, la vita e le invenzioni della donna più bella della storia del cinema (Castelvecchi). Era una bambina brillante, la futura star. Imparò a disegnare (passione che non avrebbe mai abbandonato) e a cavarsela con le lingue. Attratta dal teatro, trascorreva i pomeriggi a recitare fiabe per un pubblico immaginario. A 12 anni eluse la sorveglianza e partecipò a un concorso di bellezza: incantò la giuria e se ne tornò a casa con il premio più ambito (scatenando l’ira di mamma Gertrud). L’anno dopo vide per la prima volta un film sul grande schermo: Metropolis, di Fritz Lang. In questo periodo cominciò a circondarsi di ragazzi e, a mano a mano, ad appassionarsi al sesso (non respingendo digressioni lesbiche). Nel 1929, in piena crisi economica, si iscrisse a un corso di recitazione e una mattina, marinando la scuola, s’intrufolò negli studi della Sascha Film, dove convinse gli sceneggiatori a farsi dare una particina.

Testarda. I genitori di Hedwig acconsentirono con riluttanza, certi comunque che quell’ esperienza non avrebbe avuto seguito. Si sbagliavano: la ragazzina, che all’epoca aveva solo 15 anni, emancipata e testarda, cominciò la sua carriera. Dopo un paio di anni recitava nei panni di una segretaria nel film La signora dei fiori e, nonostante il ruolo periferico, i suoi occhi verdi “graziosi come un dipinto“, non sfuggirono al critico del periodico tedesco Lichtbild-Buhne. Ma fu soprattutto l’incontro a Vienna con Max Reinhardt , uno dei più celebri drammaturghi dell’epoca, a farla uscire dall’anonimato. L’ uomo stava lavorando a una commedia di Édouard Bourdet (Il sesso debole) ed era a caccia di talenti, così Hedwig ottenne una parte piccola ma bella. Con Reinhardt affinò le sue tecniche di recitazione e l’uomo «le insegnò le canzoni americane che il suo personaggio avrebbe dovuto interpretare» racconta il giornalista Edoardo Segantini, che ha di recente pubblicato il libro Hedy Lamarr, la donna gatto (Rubbettino). La commedia Il sesso debole venne rappresentata per un mese, riscuotendo un «enorme successo». Hedwig (ma già allora lei preferiva il diminutivo Hedy) si rese conto che per sfondare si sarebbe dovuta trasferire a Berlino, il centro di gravità della comunità artistica dell’ epoca. Fece i bagagli e partì. Nella metropoli tedesca ebbe modo di frequentare personaggi di spicco e di farsi conoscere grazie anche alla partecipazione ad altri due film. Finalmente il mondo cominciò ad accorgersi di lei: il quotidiano New York Times parlò di “un’affascinante nuova attrice austriaca“. Tornata a Vienna, nel 1932 accadde l’episodio che segnò la sua carriera rendendola molto nota: fu scritturata per Estasi, di Gustav Machaty. Il film fece scandalo: la giovane Hedy interpretò il primo nudo integrale della Storia (mentre correva in un bosco e nuotava in un laghetto) e recitò la prima estasi erotica davanti a una macchina da presa. Nella pellicola si vede ben poco: la scena del lago dura pochi istanti e il finto orgasmo solo il tempo di una smorfia di fastidio causata da una puntura di spillo: “Ricordo una puntura particolarmente dolorosa” raccontò Hedy, e fu allora che “la telecamera fece un primo piano della mia faccia distorta in un’autentica agonia“.

Trauma di famiglia. Estasi, su cui si scagliò la censura, fu un evento per i media e un vero trauma per i genitori di Hedwig: germogliarono indiscrezioni e leggende, compresa quella secondo cui il sesso tra gli attori non fosse stato propriamente una recita. Non ancora ventenne, ormai famosa, nel 1933 Hedy sposò il mercante d’armi Fritz Mandi, ma si ritrovò prigioniera in una gabbia dorata: “Mandi” annoterà “non mi aveva sposata, mi aveva semplicemente aggiunto alla sua collezione“. Travestita da cameriera, e con le tasche piene di gioielli, l’attrice scappò e nel 1937 ottenne il divorzio (come successe con i successivi cinque mariti). Raggiunta Londra, venne avvicinata da uno degli agenti di Louis Mayer, di passaggio in Europa: il capo della Mgm, la casa cinematografica del leone ruggente, la voleva conoscere. I due s’incontrarono, ma non fu un idillio: Mayer, che aveva il fiuto di un cane da tartufo, la rimproverò per quel “sedere nudo” visto in Estasi. Tuttavia, dopo una lunga trattativa, la ragazza austriaca strappò un contratto di 7 anni a 500 dollari la settimana.

Non male come inizio. In cambio avrebbe dovuto imparare l’inglese e cambiare nome: da quel momento sarebbe stata Hedy Lamarr.

L’America mi aspetta. Trasferitasi a Los Angeles, Hedy iniziò a prendere confidenza con gli studios e a frequentare le maggiori star dell’epoca. Finché, nel 1938, l’attore Charles Boyer e il produttore Walter Wanger (che a 43 anni stava per lanciare il mitico Ombre rosse, il film capolavoro di John Ford) la scelsero per recitare in Un’americana nella casbah. Mayer “prestò” Hedy a Wagner e la pellicola sfondò. Lamarr, pratica e tenace negli affari, fu proiettata fra le stelle. Giunse a dire: “Se un uomo mi manda dei fiori, guardo sempre se tra i boccioli c’è un bracciale di diamanti. Se non c’è, non vedo l’utilità dei fiori“. Partita dal nulla, aveva imparato a dirigere e a giocare d’anticipo. Ma, schiava della propria immagine, il piedistallo non le resse sotto i piedi. Senza patria né famiglia, Hedy era in cerca di un filo di certezza al quale aggrapparsi: le sue relazioni sentimentali non duravano che pochi mesi, la guerra la preoccupava e, nonostante i soldi non le mancassero (era una delle attrici più pagate d’America), non poteva dirsi felice. Il successivo film fu un totale fiasco. Finì in analisi e non ne uscì più. Adottò un bimbo (che poi, per una banale lite, cacciò di casa) e ne ebbe due dal matrimonio con l’attore inglese John Loder.

Attrice e scienziata. Mentre continuava a girare una pellicola dopo l’altra, negli anni del conflitto Hedy s’impegnò a raccogliere fondi per sostenere gli Usa: in una sola sera, dispensando baci, racimolò 7 milioni di dollari. Nel 1940 era entrata in contatto con il musicista di origini prussiane George Antheil, che si occupava di strumenti musicali comandati automaticamente. Durante una cena, scrive Segantini, Hedy confidò a George “di sapere molte cose a proposito di munizioni, questioni militari e armi segrete“: era il prologo di uno dei passaggi più ambigui della sua vita. Non c’è

modo di sapere, prosegue il giornalista, se Hedy avesse trafugato progetti e documenti all’ ex marito rritz Mandi, ma l’esponente socialista Hans Janitschek se ne disse convinto e ipotizzò addirittura che la sua fuga da Vienna fosse stata favorita dai servizi inglesi. Lamarr raccontò ad Antheil di una propria idea e insieme cominciarono a lavorarci: si trattava di un sistema, chiamato Secret communication system, per guidare via radio i siluri, evitando che venissero individuati.

Hedy sapeva bene che quello era uno dei grandi problemi della guerra navale, circostanza piuttosto insolita per un’ attrice di 26 anni senza alcuna formazione scientifica. Eppure i due non impiegarono che pochi mesi per giungere a una soluzione: “Servendosi dei rotoli di carta perforati dei pianoforti meccanici, Lamarr e Antheil misero a punto un’apparecchiatura in grado di modificare di continuo le frequenze radio (frequency hopping) rendendole di fatto non intercettabili» spiega Segantini. L’invenzione fu brevettata nel 1942 con l’aiuto del fisico Samuel Stuart McKeown, del California Institute of Technology, ma la Marina Usa la giudicò non utilizzabile in pratica. Per l’attrice, che abbandonò il progetto, fu un pugno dolente: non immaginava che alcuni decenni più tardi, su quel concetto, si sarebbe basata la tecnologia delle moderne telecomunicazioni. «Hedy e George» precisa la ricercatrice Usa An Pham «non ne avrebbero mai ricavato un centesimo».

Sul viale del tramonto. Nel frattempo, sul set, le prestazioni dell’ austriaca si rivelavano poco convincenti. «Lavorare con lei era difficile: era una donna ribelle e combattiva» dice Pham e, salvo eccezioni, i suoi film non intasavano i botteghini. Nel ruolo di protagonista in Sansone e Dalila (1949) di Cecil B. DeMille (per lo stratosferico cachet di centomila dollari), ritrovò uno sprazzo di celebrità: secondo la critica fu un polpettone inguardabile (“È l’unico film in cui le tette del protagonista maschile sono più grandi di quelle dell’attrice” disse Groucho Marx) ma alla gente piacque e incassò cifre da record. Fu un’ onda corta: Hedy era alla deriva, non era e non sarebbe mai stata la grande attrice che sognava di essere. Triste e stanca, nota Pham «si sottopose a interventi di chirurgia estetica che le avrebbero deturpato il viso». Qualche tempo dopo interpretò Giovanna d’Arco e il Los Angeles Times sentenziò: “Non riesce a esprimere calore neppure quando viene arsa viva”. Dopo aver mostrato alcuni segni di instabilità mentale, negli Anni ’50 abbandonò le scene. Si appassionò al mondo della finanza, ma per due volte venne sorpresa a rubare in un supermercato. Quando poi 1966 uscì la sua autobiografia, L’estasi e io (in Italia edito da Sugar) , curata da una coppia di scrittori, l’attrice sostenne che molti episodi citati nel libro erano stati inventati, alcuni esasperati (in particolare quelli legati al sesso) e altri ancora ignorati del tutto. Ma nonostante la causa da lei intentata contro l’editore, il volume fu pubblicato e il danno d’immagine fu enorme. Soltanto la vecchiaia le restituì un po’ di serenità, anche se accompagnata dalla nostalgia per Vienna.

L’ultimo viaggio. Il 18 gennaio 2000, Hedy si mise qualche goccia di profumo e andò a dormire. «Era come se presagisse l’inizio di un nuovo viaggio» dice Segantini. Il giorno dopo fu stroncata da un infarto. Lasciò più di tre milioni di dollari. Il suo agente Robert Lantz disse: “L’unico grande amore di Hedy Lamarr fu Hedy Lamarr“.

Di Michele Scozzai


Altre Rassegne