Giovanni Russo, Nella terra estrema. Reportage sulla Calabria (Libro Aperto)

di Savino Melillo, del 17 Dicembre 2013

Giovanni Russo

Nella terra estrema

Reportage sulla Calabria

da Libro Aperto del mese di Dicembre

Per i tipi della casa editrice Rubbettino è stata pubblicata una pregevole raccolta di scritti di Giovanni Russo, che assume i caratteri di un “reportage” sulla terra estrema della Calabria e s’inserisce nell’alveo di iniziative analoghe assunte da molti scrittori e giornalisti meridionalisti.
La raccolta parte dalla metà degli anni Sessanta e descrive la spinta al cambiamento e alla modernizzazione impressa dai processi migratori interni e dallo spostamento massiccio di popolazione dal Sud arretrato al Nord industrializzato. Per quanto riguarda la Calabria Giovanni Russo evidenzia i limiti e le contraddizioni del cosiddetto miracolo italiano in un’area, come quella calabrese, le cui ragioni economiche e storiche risalivano a periodi lontani.
Giovanni Russo non era convinto che il riscatto dei “cafoni” sarebbe avvenuto soltanto al Nord e non condivideva la mitologia sulla centralità della fabbrica secondo la quale la “rivoluzione” e il “mutamento” sarebbero dipesi soltanto dalla classe operaia, considerando il mondo contadino immobile e rassegnato.
L’esodo biblico avviato negli anni Cinquanta rischiava, infatti, di dissolvere la civiltà contadina e un intero universo di fatiche e di miserie, ma anche di valori e di saperi con il risultato di un generale impoverimento umano e sociale.
La Regione si era messa in moto e le migliorate condizioni di vita, igienico-sanitarie e alimentari portavano i calabresi, come tutti i meridionali, lontano dal mondo della fame, anche se continuava a costituire il problema più grave della nazione.
Come con la storia del gambero più si progrediva nel resto d’Italia e più aumentava il ritardo della sua area estrema. La Calabria, osservata e descritta da Russo, è in bilico tra passato e presente, tradizione e modernizzazione, prospettive nel settore agricolo e sogni d’industrializzazione. L’industria appare ai più l’unica prospettiva per arrestare il flusso migratorio, mentre, a torto, sono considerate non idonee e comunque non sufficienti le vie dell’agricoltura e del turismo per migliorare le condizioni di vita della popolazione.
Altra questione posta nei suoi scritti è quella della pluralità d’interessi di comunità, che pur vivendo nella stessa Regione, non si sentono unite con analoghi problemi e con la necessità di trovare soluzioni comuni.
A leggere gli scritti del 1964 si resta sorpresi nel vedere come riesce a cogliere i segni inquietanti di quella che sarebbe stata la “faida” per il capoluogo regionale e poi la “rivolta” di Reggio Calabria, individuando la spiegazione nella circostanza che gli uffici pubblici costituiscono le principali fonti di reddito per la piccola e media borghesia meridionale e, indirettamente, per i ceti che le gravitano attorno, dai commercianti agli artigiani, ai contadini.
Dalle analisi critiche e propositive, che vanno da metà anni Sessanta a metà anni Settanta emergono, accanto alle speranze, conflitti, tensioni e grandi sogni e, con sempre maggiore evidenza e preoccupazione, il rapporto malato tra criminalità e politica, lo scempio del paesaggio, lo strapotere della ‘ndragheta e la sua crescente penetrazione anche nelle città del Nord.
Intanto la questione meridionale con il passare degli anni cede il passo ad una retorica e malintesa questione settentrionale e la Lega inizia a parlare di separatismo e indipendenza del Nord in disprezzo del federalismo sognato da uomini illuminati del Nord e del Sud, che aveva come meta l’unione e non la separazione delle due Italie.
Russo nei suoi scritti prende le distanze dagli atteggiamenti antimeridionali, ma non fa la difesa d’ufficio del Sud e di fronte alla cancellazione del Sud dall’agenda politica alla domanda che fare ripropone un nuovo meridionalismo dotato di un progetto politico e di un programma economico e sociale condiviso, confermando l’Italia unita e l’Europa come orizzonte ineludibile di riferimento.
Quest’estate istituzioni qualificate, come l’Istat e lo Svimez, hanno lanciato un preoccupato allarme sulle condizioni socio-economiche del Mezzogiorno e sulle prospettive di decrescita e di aggravamento del fenomeno della disoccupazione anche per il 2014.
Le indicazioni emerse nel “reportage sulla Calabria” possono essere utili a individuare politiche capaci di coniugare la crescita e il lavoro e di rianimare i comparti (piccole e medie imprese e servizi) che sono i più colpiti dalla crisi ed evidenziano l’attualità di proposte della cultura meridionalistica e, in particolare, del meridionalismo liberale, di cui Giovanni Russo è un degno alfiere.

di Savino Melillo

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