Freud, la Storia e le paure di Masaniello secondo Musi (Il Mattino)

di Luigi Mascilli Migliorini, del 22 Settembre 2015

Da Il Mattino 22 Settembre

Nulla, almeno all’apparenza, sembra prevedere che i sentieri sinuosi dell’inconscio, le difficili esplorazioni dell’interiorità emotiva, possano incrociarsi con le strade lineari battute dalla Storia, quella con la maiuscola, quella che prova ad offrire, come risultato finale delle sue indagini ben sorrette da prove e documenti: una chiarezza del reale tanto distante dalle tormentose, irrisolte interrogazioni delle storie plurali e minuscole. Le cose, a guardarle da vicino, non stanno proprio così e c’è un’esagerazione quasi caricaturale nel volerle rappresentare in questo modo. Ma non è facile trovare un punto di giudizio sereno e di equilibrato incontro. Per molti aspetti, la psicologia e poi la psicoanalisi, come altre «scienze sociali», sono nate dal desideriofin troppo irruento diriempire i moltivuo – ti concettuali e interpretativi che l’imperialismo della storia, pienamente Montante alla fine dell’800, aveva- si riteneva – lasciato in eredità ad un secolo, il ‘900, che sin dalle sue prime battute si annuncia insoddisfatto (e qualcuno potrà aggiungere, col senno di poi, insoddisfacente). Ecomentre gli uni partivano all’assalto di una cittadella – la storia – diventata fin troppo sicura di sé, dei propri canoni e del proprio ruolo, gli altri- gli storici – avvertivano con fastidio le punzecchiature che arrivavano dal campo opposto, e si risparmiavano, almeno fino a quando quelle punzecchiature non sono diventate assalti e vere invasioni di campo, qualsiasi confronto che non fosse quello segnato da una prudente condiscendenza nei confronti di scalpitanti parvenus.
Ci voleva, quindi, uno storico di tempra come Aurelio Musi (tempra di studioso come sanno tutti coloro che ne leggono le opere importanti sulla Spagna imperiale e sul Mezzogiorno spagnolo, ma anche tempra umana come sanno i suoi amici) per offrirci in un libro breve (un centinaio di pagine) ma densissimo – Freud e la storia, editore Rubbettino – uno dei migliori esempi di comprensione del rapporto Ira storia e psicoanalisi nell’attuale panorama internazionale. Storia e psicoanalisi: si intitolava così, nella traduzione italiana uscita a Napoli ne1 1975 per l’editore Guida e per consiglio di quello straordinario anticipatore di questioni della contemporaneità che è stato Sergio Moravia, il libro di un giovane, allora, e originale storico francese, Alain Besarwon. Si rovesciavano, in quelle pagine domande, inquietudini, possibili punti di equilibrio, che hanno distinto poi la sua biografia. Si ritrova, a distanza di anni, la stessa qualità di tensione intellettuale nel lavoro condotto da Musi, che ricorre in molte occasioni alla propria esperienza di storico per chiarire un passaggio concettuale, un tornante biografico, una consonanza o un disaccordo. Accade così, quando, per spiegare in quale misura la pratica dell’analogia sia uno dei modi più frequenti con i quali Freud si avvicina e usa la storia, ma anche per far capire che cosa sia o possa essere l’analogia nel lavoro, nella scrittura di uno storico, Musi riepiloga i caratteri peculiari di un tema che gli è particolarmente caro, l’impero spagnolo, e la discussione sugli imperi, in una allargata scala cronologica e conoscitiva, sviluppatasi dal momento in cui, dopo il 1989, si è assistito al crollo di un grande impero della contemporaneità come quello sovietico.
Ancora più coinvolgente è il capitolo sulle «paure di Masaniello», dove Musi,mettendosi in gioco sul suo terreno, e intorno al suo eroe, preferiti, ci accompagna nella esplorazione dell’«aver paura- far paura» del protagonista della rivolta napoletana. Endiadi polivalente, come quella che la completa – «paure-follia» – nella lettura delle quali è preziosa la lezione di Freud, ma che possono aiutare la comprensione di un evento solo se lo storico si impegna e riesce a trasferire a quella lezione la storicità, cioè la immersione nel contesto determinato, che la lezione di Freud non prevede esplicitamente e che, tuttavia, racchiude.
Quest’educazione alla storicità nell’opera di Freud è uno dei fili conduttori del libro, dalla formazione e la passione giovanile del padre della psicoanalisi per le figure forti, «paterne», di Alessandro Magno e Napoleone, fino alle grandi opere della maturità,Il disagio della civiltà, ovviamente per tutte, ma anche L’uomo Mosé,
riepilogo del proprio rapporto con l’ebraismo che è – osserva giustamente Musi – uno dei punti-chiave per capire il ruolo della storia e della storicità nella vita
intellettuale di Freud.
Giunti alla conclusione, maiuscole e minuscole si sono imbrogliate. 12 vita che la storia prova a raccontare immergendosi nel passato, non è lontana dalle vite che Freud, la psicoanalisi raccontano immergendosi nel profondo. Freud anticipa, ci dice Aurelio Musi, un superamento della dicotomia tra culture umanistiche e culture scientifiche che oggi le neuroscienze rendono, con le loro scoperte, una oggettività dell’essere umano ancor più che una petizione di principio. Le scienze della vita diventano oggi quello che, nei primi decenni del Novecento già Freud intuiva che esse fossero: tutte insieme, uguali e diverse, scienze dell’umano.

Di Luigi Mascilli Migliorini

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