È caduto un tabù

di G. Mazzuca, del 18 Ottobre 2013

da Il Giorno/Il Resto del Carlino/La Nazione del 18 ottobre

«VOI credete di perdermi: vi illudete. Voi mi odiate perché mi amate ancora. Mi amate ancora perché sono e rimarrò socialista». Chi pronuncia queste parole, a Milano, il 24 novembre del 1914, non è un massimalista qualsiasi: è il compagno Mussolini che sta spiccando il volo verso l’interventismo e il “Popolo d’Italia”, primo passo che porterà, poi, l’intero Paese verso un tragico destino. Queste righe si leggono nel retro di copertina del libro “Il compagno Benito” (Rubbettino editore) del giornalista inglese Nicholas Farrell e del sottoscritto, in uscita a novembre, che sarà il testo ufficiale della grande mostra sul primo Mussolini apertasi da pochi giorni, a Predappio, proprio nella casa natale del Duce. La rassegna presenta diversi documenti inediti, alcuni clamorosi, che – al di là di tutti gli sviluppi successivi, fino al triste epilogo di Piazzale Loreto -, illuminano aspetti poco conosciuti della vita del figlio del fabbro del piccolo borgo romagnolo. Non solo: come rileva Vittorio Feltri, nella prefazione del libro, i reperti raccolti dimostrano che, a differenza del nazismo, almeno all’inizio, il fascismo non fit un fenomeno di destra per mille motivi, tra cui il fatto innegabile che il suo capo era di estrazione socialista. Di più: fino al mortale abbraccio con Hitler, Mussolini non fu affatto antisemita, anzi.
MA L’ASPETTO, forse, più importante della mostra è che, finalmente, oggi in Romagna, si può cominciare a parlare davvero, in modo serio ed approfondito, di un personaggio che, nel bene e nel male, è stato, comunque, un protagonista della storia del Ventesimo Secolo. Fino a pochi anni fa, Benito era tabù dalle parti di Predappio. Ricordo ancora quando, giovanissimo cronista, venni spedito dal giornale in Romagna dopo un attentato dinamitardo alla tomba del Duce. Certo la cittadina sulle dolci colline forlivesi, da sempre, in occasione delle ricorrenze fatidiche, è stata invasa da bande di nostalgici che assaltavano i negozi folcloristici per fare incetta di souvenir su Mussolini. M guai a discutere criticamente del capo del fascismo e della sua metamorfosi. Adesso, a settant’anni dalla fine della dittatura, finalmente si può. Non è un caso che, tra i grandi artefici della rassegna romagnola, ci siano esponenti di sinistra, come il vulcanico sindaco di Predappio, Antonio Frassineti, e il sindaco di Forlì, nonché valente storico, Roberto Balzani. È partita una vera rivoluzione copernicana dalla casa natale del duce e non mi stupisco: questa volta, però, mi auguro che la svolta faccia solo del bene alla coscienza del Paese.

di G. Mazzuca

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