Che disastro l’economia da formicaio (Corriere della Sera)

di Arturo Colombo, del 3 Ottobre 2014

Dal Corriere della Sera del 3 ottobre

Negli anni Cinquanta Ernesto Rossi fu una delle grandi firme del «Mondo» di Mario Pannunzio.
Non solo: fu un antifascista convinto, costretto a nove anni di carcere e quattro di confino, insieme al suo amico Riccardo Bauer. Ecco un motivo in più per segnalare la meritoria iniziativa di Gianmarco Pondrano Altavilla, che ha curato il Breviario di un liberista eretico, con prefazione di Gaetano Pecora (Rubbettino, pp. 105, € 10): un testo breve, anzi un’antologia degli scritti di Rossi, che ci restituisce alcuni dei punti chiave del pensiero. «Non mi sono mai preoccupato di sembrare straniero nel mio Paese o “superato” rispetto ai miei contemporanei» sostiene Rossi; e spiega il suo liberismo non tanto sul piano esclusivamente economico, ma piuttosto «come metodo della libertà», che applica anche come analisi impietosa del «caso Italia». Il modello di una «società ordinata come i formicai delle termiti non mi soddisfa affatto» dichiara Rossi, spiegando che solo se si mantiene «il sistema della proprietà privata», è possibile «la conservazione delle libertà politiche, che per me sono un aspetto essenziale della civiltà moderna». Da qui sorgono le analisi, rigorose e spietate, nei confronti dei vizi e delle magagne di cui era (e forse è tuttora) pieno questo nostro Paese. Certe sue amare considerazioni sono diventate proverbiali, come questa: «Siamo democratici perché siamo pessimisti nei riguardi dei governanti». Oppure quest’altra: «Io non mi sono mai preoccupato che gli industriali guadagnassero troppo; mi sono preoccupato che rubassero troppo».

Di Arturo Colombo

Altre Rassegne