Cagliostro: fascinoso avventuriero

di Franco Borrelli, del 24 Settembre 2012

Da America Oggi – 23 settembre 2012
Il Cagliostro di Giuseppe Quatriglio “visto” dai personaggi con i quali il mago ebbe a che fare: da Casanova a Goethe, da Caterina II di Russia a Pio VI

Inquietante e misterioso personaggio questo Cagliostro (o, meglio, Giuseppe Balsamo, – nel ritratto a lato – autoproclamatosi Conte Alessandro di Cagliostro, come si faceva chiamare); è il minimo che si possa dire dell’avventuriero siciliano che dal Settecento continua a “tormentare” e che nella sua intensa vita ebbe modo di avere a che fare con gente come Casanova, Goethe, Caterina II di Russia e Pio VI, artisti, uomini, donne di stato e prìncipi della Chiesa. Ce ne offre un esemplare ritratto, ultimo solo in ordine di tempo dopo quelli di centinaia e centinaia di autori, Giuseppe Quatriglio, palermitano anche lui, giornalista e scrittore di fama internazionale e nostro affezionato collaboratore. Una vita, quella di Cagliostro, che sembra uscita dalla fantasia di una mente libera e spregiudicata, e proprio «Il romanzo di Cagliostro» è il titolo che per l’editore Rubbettino il Nostro ha scelto. Quatriglio non si perde per nulla in retoriche trite e ritrite, ma va subito al sodo, all’essenziale, lasciando che sia in fondo il lettore stesso a farsi poi un’idea del personaggio che gli viene descritto pagina dopo pagina. E il Nostro lo fa per capitoli ognuno dedicato ai “grandi” che con il Conte ebbero a che fare, facendoci conoscere l’uomo più che il grande manovratore di cuori e cervelli, facendogli compagnia persino nella fredda cella di San Leo e descrivendoci anche i segreti della sua strana e poi introvabile sepoltura. Non solo. Quatriglio “vede” il Nostro con gli occhi dei suoi stessi contemporanei, e ne esamina altresì la presenza nelle arti, nel mito (il famoso scandalo della collana “stregata” alla corte francese) e nelle pagine che su di lui sono state scritte. Un’ottima appendice chiude infatti il volume con un’ampia scelta di pagine che dal XVIII secolo a oggi sono state su di lui scritte.

In tutta umiltà, ma senza tralasciare alcunché, l’occhio attento di Quatriglio scruta avvenimenti e illusioni, paure e fascini di un uomo che, comunque sia, suscitò e continua a suscitare ancor oggi, più di qualunque personaggio dei suoi tempi, attenzioni, partecipazioni e critiche. “Nell’ultimo ventennio del Settecento – scrive Quatriglio – un copioso materiale stampato venne offerto ad un’opinione pubblica avida di conoscere le gesta dell’avventuriero. Sia per esaltarne i comportamenti di alchimista, veggente e guaritore, sia per denigrarlo, accusandolo di essere un impostore. È pertanto difficile, scrivendo di Cagliostro, dire qualcosa di nuovo. Tuttavia, frugando fra i documenti poco conosciuti, leggendo attentamente note e postille, traducendo testi rari, è sempre possibile imbattersi in qualche particolare scarsamente divulgato“.

Sta proprio qui la forza di queste pagine quatrigliane: il farci riconoscere un personaggio che si credeva delineato già a tutto tondo come fosse davvero la prima volta, proprio attraverso l’esame di quei (e sono tanti) particolari che di Cagliostro offrono una nuova “vista”. Qualunque possa poi essere la conclusione che ognuno di noi tirerà a lettura finita è cosa che sembra di nessuna importanza per l’Autore: lui vuole solo proporre delle novità su un uomo abbastanza noto e poi si mette quasi in disparte lasciando le deduzioni ad ogni altra mente.

Ciò testimonia non solo l’affetto e l’interesse per tale personaggio da parte di Quatriglio, ma illustra anche quanta e quale sia la sua stima del lettore, messo sì dinanzi a fatti e persone ben precisi ma reso in fondo “indipendente” dinanzi ad un personaggio emblematico che ancor oggi, a circa tre secoli di distanza, resta inarrivabile e difficile a delinearsi in tutto e per tutto.

Uno sforzo sintetico davvero enorme perché Quatriglio è riuscito con poco più di un centinaio di pagine a metterne insieme migliaia e migliaia scritte dal Settecento ad oggi. Cagliostro, tra l’altro, come il Nostro fa ben notare, non fece ritorno a Roma per compiacere la moglie e le sue richieste di riunirsi alla famiglia, quanto perché realmente convinto d’avere una missione da svolgere. Ma Roma, si sa, gli fu fatale e il suo destino terreno andò a finire nella rocca di San Leo. Misteriosa e introvabile, a specchio di una vita insolita e per tanti versi ancor affascinante, la tomba che ne raccolse i resti.

Di Franco Borrelli

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