Blocco 52 – Una storia scomparsa, una città perduta

di ANDREA CONSONNI, del 18 Gennaio 2013

Lankelot.eu – 18 gennaio 2013

“A ottobre la Voskhod 1 ha portato i cosmonauti Komarov, Feoktistov e Yegorov intorno al pianeta e per la prima volta l’equipaggio non indossava le tute spaziali. Tra pochi giorni partirà la Voskhod 2 e sarà un nuovo successo del socialismo sovietico. Anche questa terra del meridione d’Italia, come quelle del socialismo realizzato, deve riscattarsi dall’arretratezza. L’unione dei proletari di tutto il mondo è la nostra forza.” (pp. 12-13)

Questa è l’atmosfera che si respira nel romanzo “Blocco 52 – Una storia scomparsa, una città perduta” (Rubbettino) di Lou Palanca. Non il Palanca, Massimo, calciatore degli anni ’70-’80 che fece faville nel Catanzaro, ma un collettivo di scrittori composto da Fabio Cuzzola, Valerio De Nardo, Nicola Fiorita, Maura Ranieri e Danilo Colabraro che si rifà agli insegnamenti di Luther Blissett/Wu Ming e più in generale all’esperienza di quel New Italian Epic attorno a cui si è dibattuto aspramente negli ultimi anni.

“Blocco 52” è un romanzo corale che riporta alla luce un episodio dimenticato della nostra storia recente: l’assassinio di Luigi Silipo, sindacalista dei braccianti ed eretico dirigente del Partito Comunista in Calabria, avvenuto a Catanzaro il 1 aprile 1965. Un nome e un episodio che non diranno assolutamente nulla alla maggior parte degli italiani, compreso al sottoscritto, ma non disperatevi troppo perché anche in Calabria quel nome è stato dimenticato e, come più volte ricordato nel testo, nemmeno in una biblioteca o su internet troverete molte informazioni. La lapide di Silipo appassisce nel blocco 52 del cimitero di Catanzaro. Oblio, dimenticanza circondano quell’omicidio che ancora oggi rimane senza colpevoli, senza mandanti, senza uno straccio di verità. Chi sono stati i responsabili? La criminalità organizzata? Fu un delitto ascrivibile a un disegno partortio dall’eversione nera e dai poteri forti oppure fu figlio delle divergenze interne al partito causate anche degli attriti fra le varie anime già messe a dura prova dai fatti di Ungheria e da ciò che sarebbe accaduto anche a Praga? Oppure fu una questione privata legata a questioni passionali, di tradimenti e amanti? Certamente Silipo fu un personaggio scomodo, misterioso, controverso, allergico al centralismo democratico del partito e alla sua fedeltà a Mosca, un uomo desideroso di cambiare lo stato di cose in Calabria ma anche coi piedi ben piantati per terra e consapevole del tempo necessario e della moderazione, mai asservita, per rinnovare il Meridione d’Italia e non solo.

“Blocco 52” inizia con l’omicidio in presa diretta e mescola finzione e realtà, a personaggi veri accosta personaggi inventati, il tutto con una narrazione frammentaria e non cronologica spingendosi fino ai giorni nostri. Attorno a un Luigi Silipo che vive per il partito e la lotta:

“I compagni cattolici devono battersi con tutte le forze per ottenere il superamento dell’obbligatorietà della messa in latino, i compagni contadini sono tenuti a evitare atti di violenza che farebbero il gioco dei provocatori al servizio ei grandi latifondisti del Marchesato, il comitato regionale del partito deve pensare a un’iniziativa di valorizzazione del bergamotto, i compagni studenti hanno il compito urgente di indire una manifestione contro il governo fantoccio del Vietnam del sud, Sarino e Valerio devono respingere in ogni modo l’accusa di aver assuto posizioni filocinesi individuando testimoni e atti di ogni genere utili a confutare le affermazioni di Cinanni. La mia vita passa così, un miscuglio di ordini, appunti, discorsi, strategie al servizio del partito. Che annulla le delusioni, che sublima i desideri, che confonde le esitazioni, che consuma il tempo. La mia vita passa così. Poi, ogni tanto, c’è Caterina che si prende il suo spazio.” (pag. 26)

Ruotano politici di lungo corso e giovani pieni di speranza come il sardo Gavino Piras che appena uscito dalle Frattocchie viene spedito dal partito in Calabria e che con gli anni lascerà da parte gli ideali per trasformarsi in un politico senza spina dorsale e avvezzo a ogni genere di compromesso e poi contadini, bottegai, nobili e Maria Grazia, una maestra socialista piena di vita, femminista, capace di sfidare l’ortodossia comunista e le imposizioni della Chiesa e che tanto si differenzia dalle altre donne, analfabete, serve, allevate nell’obbedienza al maschio e poi uomini indomiti come Vincenzo Dattilo, dietro al quale è facile riconosce Fabio Cuzzola e come lui insegnante innamorato dei propri studenti e degli anfratti più bui della storia d’Italia e che si cala nei sotterranei, fisici e mentali, del nostro paese rintracciando faldoni ammuffiti e scontrandosi con gli sfregi che quotidianamente vengono inferti alla carne delle vittime e poi è impossibile dimenticare la figura tragica di Nina, forse il personaggio più bello del romanzo, che si colora di sfumature da spia, corriere di denaro, da rivoluzionaria senza confini ma che soprattutto opera nel silenzio per accendere la miccia della futura primavera di Praga, stanca com’è di sottostare ai diktat del partito e di chiudere gli occhi e le orecchie all’orrore del blocco sovietico.

La forza di questo romanzo risiede senza alcun dubbio nell’aver riportato alla luce un episodio del genere che seppur dimenticato detiene una grande importanza nell’economia di un paese che ancora oggi nel 2013 non ha risolto il problema del Mezzogiorno e che è ovunque infiltrato, se non direttamente controllato, dalle organizzazioni criminali. “Blocco 52” convince nelle ambientazioni perché anche se non ho mai goduto della fortuna di visitare la Calabria non credo di esagerare nel dire che l’autore è riuscito perfettamente a descrivere una città/regione in trasformazione, sia da un punto di vista sociale sia per quanto riguarda gli scempi architettonici che avrebbero distrutto Catanzaro e il romanzo convince anche nel restituire pienamente le atmosfere degli anni sessanta, i suoni, le discussioni, i film (Il dottor Zivago), i primi sintomi del ’68 e della rivoluzione sessuale. Dove invece il romanzo convince meno è nelle caratterizzazioni dei personaggi, soprattutto di Silipo e dei dirigenti comunisti che appaiono quasi come delle macchiette, troppo ingessate nel linguaggio e nel fluire dei pensieri e se è vero che una certa rigidità di pensiero e linguaggio erano caratteristiche tipiche di quel mondo, nel libro tutto ciò diventa stereotipato e ripetuto eccessivamente e una maggiore varietà linguistica di ciascun personaggio e personalità nei dialoghi avrebbero sicuramente giovato al romanzo. Così come il romanzo pecca nella tensione narrativa, dopo una quarantina di pagine “Blocco 52” sembra sfilacciarsi, incapace com’è di trovare una propria identità: non è un saggio, non è un romanzo, non è nemmeno qualcosa di ibrido e forse meglio sarebbe stato se l’autore avesse privilegiato una delle due strade oppure avesse escogitato una strada alternativa e potenzialmente più rischiosa ma più magmatica e più che ai Wu Ming penso a un romanzo che si ponesse sulla scia di quanto compiuto da James Ellroy con la sua personale storia degli Stati Uniti.

Stiamo comunque parlando sempre di un’opera prima coraggiosa e va applaudito l’autore per aver scelto un argomento così rischioso e dimenticato e di averlo fatto soprattutto in un’Italia come questa dove altro non si fa che parlare di spread, conti pubblici, primarie, liste bloccate e dove i valori, gli ideali, il coraggio, le grandi battaglie sono stati relegati a qualcosa di secondario, di inutile, di troppo umano per essere presi in considerazione. 

DI ANDREA CONSONNI 

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