Attentato di Brindisi: un atto terroristico?

del 22 Maggio 2012

Il ministro Cancellieri, riferendo alla Camera sull’attentato di Brindisi, ha dichiarato che il fatto può prestarsi a una lettura in chiave terroristica.
Per offrire un nostro contributo al dibattito, abbiamo pensato dunque di chiedere un parere ad Alessandro Orsini, autore del fondamentale volume Anatomia delle Brigate Rosse.
Alessandro Orsini, tra i più autorevoli studiosi di terrorismo, ha analizzato l’attentato di Brindisi ponendo a confronto la figura dell’attentatore, che sembra emergere dalle prime indagini, con quella di altri terroristi solitari che hanno seminato il terrore fuori dall’Italia. Orsini introduce alcune importanti informazioni, sconosciute al pubblico italiano, che aiutano a portare un po’ di chiarezza in quello che, allo stato attuale, rimane un fitto mistero.

La strage di Brindisi: quale terrorismo?
di Alessandro Orsini
Un uomo con un braccio offeso e claudicante è stato trattenuto per ore nella Questura di Brindisi. Non è lui che alle 7 e 50 di sabato 19 maggio 2012 ha fatto esplodere una bomba davanti all’Istituto professionale “Morvillo-Falcone”, dilaniando una ragazza di sedici anni, Melissa Bassi, e ferendone gravemente altre cinque. Il fatto che un innocente sia stato interrogato fino alle tre del mattino lascia intendere che la polizia brancola nel buio. Questo induce a ritenere che l’attentatore sia un uomo esperto, il quale, almeno fino a questo momento, dimostra di avere studiato con attenzione anche la via di fuga e il luogo in cui nascondersi. L’attentatore non è stato ancora individuato, ma gli investigatori ipotizzano che si sia trattato del gesto di un uomo isolato. Se questa ipotesi fosse confermata, saremmo in presenza di una forma di terrorismo fino a oggi sconosciuta in Italia, ma nota in altri Paesi. Gli esperti chiamano i terroristi che agiscono isolatamente “lone wolf terrorist” (terrorista lupo solitario).

In genere, si tratta di persone motivate dall’odio contro il mondo, o contro una particolare categoria sociale, che agiscono al di fuori di strutture organizzate.

Il caso più noto al pubblico italiano è quello di Anders Breivik, il terrorista di Oslo che il 22 luglio 2011 ha provocato 77 morti e 151 feriti. Il massacro più grande avvenne sull’isola di Utoya, in occasione di un raduno del movimento giovanile del Partito laburista. Breivik vi si recò con un fucile e aprì il fuoco sulla folla. Il massacro di Breivik è stato ricostruito nella tesi di laurea di una studentessa dell’Università LUISS Guido Carli: “Breivik, indossando l’uniforme da poliziotto, fece radunare con un pretesto tutti i ragazzi in un punto e cominciò a sparare senza pietà, anche a coloro che lo supplicavano di desistere e a quelli che si fingevano privi di vita. Utilizzò dei proiettili a espansione, che nell’impatto si suddividono in più parti causando molti danni. Dai racconti dei superstiti, si denota l’impressionante freddezza e la tranquillità che mostrò nel cospargere l’isola di sangue”.

Breivik ebbe un importante predecessore in Timothy McVeigh, il quale piazzò una bomba nell’Alfred P. Murrah Federal Building di Oklahoma City, provocando la morte di 168 persone, il 19 aprile 1995. McVeigh esprimeva idee simili a quelle di Breivik. Era un fondmentalista cristiano di estrema destra convinto che il mondo fosse sull’orlo di una catastrofe.

Vi sono altri casi di terroristi solitari che sono sconosciuti al pubblico italiano. Mi riferisco, ad esempio, a Mir Aimal Kansi, un pakistano immigrato negli Stati Uniti, che sparò contro alcuni funzionari della CIA mentre si recavano in ufficio, a Langley, in Virginia, il 25 gennaio 1993. Morirono Laning Bennet e Frank Darling. I feriti furono tre. Kansi riuscì a prendere un volo per il Pakistan, ma fu poi arrestato quattro anni dopo. Dichiarò di avere sparato per vendicare i maltrattamenti subiti dai musulmani in Palestina per colpa di Israele e dei governi “anti-islamici” degli Stati Uniti.

Ricordo anche John Allem Muhammed, il cecchino che − tra il 2 e il 22 ottobre 2002 − si appostava nella periferia di Washington per sparare contro alcuni cittadini americani. Abile a nascondersi, ne uccise ben dieci prima di essere individuato. Protestava contro la politica estera americana nei confronti degli Stati musulmani.

Potrei citare altri esempi, ma è più utile fermare qualche punto.

In primo luogo, i terroristi solitari, anche se non fanno parte di strutture organizzate, hanno un’ideologia molto radicale e motivazioni profonde che li spingono ad agire contro obiettivi politici. La dimensione politica – intesa nel senso stretto dell’esercizio del potere pubblico − assume un ruolo centrale nella scelta della vittima. McVeigh colpì un complesso del governo federale; Breivik ha ucciso i giovani militanti del partito politico di Jens Stoltenberg – al governo della Norvegia – che la sua ideologia nazista indicava come un nemico dell’umanità. Mir Aimal Kansi sparò contro i funzionari della CIA per punire la politica americana in Palestina. Anche John Allem Muhammed attribuì il suo gesto alla politica estera americana, dichiarando di essersi ispirato all’attentato contro le Torri Gemelle dell’11 settembre 2001. Secondo John Allem Muhammed, il modo migliore di punire il governo americano era quello di massacrare i cittadini inermi.

In secondo luogo, il terrorista, anche se solitario, attribuisce molta importanza al ruolo della propaganda. Gli omicidi sono finalizzati a diffondere una concezione del mondo e a punirne un’altra.

In terzo luogo, i terroristi solitari che abbiamo citato agirono in età relativamente giovane. McVeigh aveva 27 anni; Breivik 32; Mir Aimal Kansi 29; John Allem Muhammed 42. Erano colmi di energia. Volevano distruggere il mondo.

Se l’autore della strage di Brindisi è l’uomo che appare nel video diffuso su internet, il mistero s’infittisce.

Primo: un istituto professionale di moda femminile è quanto di più lontano ci sia dalle colpe che si possono attribuire al potere politico.

Secondo: non c’è stata nessuna rivendicazione e, dunque, nessun tentativo di diffondere un’ideologia.

Terzo: l’uomo si colloca in una fascia d’età insolita per un terrorista solitario, se è vero che ha più di cinquant’anni, com’è stato affermato in queste ore. La ragazza uccisa era la figlia di un piastrellista e non di un potente uomo politico o di un commerciante in lotta contro la mafia. Verrebbe da pensare a un uomo che abbia in odio le ragazze, visto che la scuola era un istituto femminile. Oppure si tratta di un terrorista che, colpendo i più indifesi, vuole spargere il terrore in ogni cuore, lasciando intendere che chiunque potrebbe essere colpito. Certo, allo stato attuale, le informazioni sono troppo poche. Tuttavia, se dietro la strage vi fosse un disegno eversivo, l’Italia sarebbe alle prese con un tipo di terrorismo dalle motivazioni e dalle finalità tutte da studiare.

N.B. Il brano è liberamente riproducibile indicando la fonte

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