Adriana Zarri e la teologia della preghiera (Il Quotidiano della Basilicata)

di Mimmo Mastrangelo, del 22 Aprile 2014

Adriana Zarri

Nostro Signore del deserto

Meditazioni sulla preghiera

da Il Quotidiano della Basilicata del 22 Aprile

Pensante, ma di un pensiero acutissimo e complesso. Voce originale di un furore polemico ma non aggressivo né offensivo. E anche se se ne stava isolata nel suo casato-eremo a Crotte di Strambino, nel torinese, tra gatti e galline, i suoi articoli, con altrettanto furore, li leggevano in tanti perché, tra l’altro, puntualissimi nel far luce su un cristianesimo delle origini, non sempre accettabile per i vertici della Chiesa e per quelle sue aree più conservatrici e di potere come Comunione e Liberazione e l’Opus Dei.
Giornalista, scrittrice Adriana Zarri (1919 San Lazzaro di Lavena – 2010 Crotte di Strambino) è stata la prima donna laica ad essere ammessa nel direttivo dell’Associazione Teologica Italiana, e da teologa antitradizionalista ha scritto dei libri di una profonda spiritualità contemplativa. Trent’anni fa la Zarri propose delle riflessioni sulla preghiera che, sul finire dello scorso anno, l’editore calabrese Rubbettino ha raccolto in “Nostro Signore del Deserto“, un volume “carico di passione e di argomentazione, di vita quotidiana e mistica, di natura e di lavoro, di celebrazione e di impegno ordinario, di festa e di ferialità, di amore per Dio e di affetto infinito per ogni più piccolo elemento della nostra umanità sempre inquieta, sempre in ricerca”. Ma soprattutto l’opera è un saggio intorno alla preghiera la quale se è vero che, nella sua essenza più semplice, consiste in un rapporto filiale con il Padre, in un parlare con Lui e, nel medesimo tempo, in un silenzioso ascolto di ciò che egli dice, Adriana Zarri concettualmente (e teologicamente) va ben oltre.
Il pregare non è chiedere cose, né una pratica di un rituale petulante con cui si vuole mettere noi stessi al centro con tutte le nostre piccole e grandi beghe. Per la Zarri è l’esatto opposto, scrive: “La preghiera ha un oggetto assoluto. Si prega Uno (il Padre). Magari, anche, talvolta, per qualcuno; ma non primariamente. Ciò che deve emergere è il disinteresse con cui entriamo in colloquio con questo Tu, nostro interlocutore. Ciò che va messo in primo piano è l’amore che ci porta verso di lui, a guardarlo, a parlare, a tacere”. Pregare è, quindi, incontro, vivere in un continuo stato di amore in cui si offrono al Padre azioni e sofferenze. La parola pregare dalla voce profetica di Adriana Zarri esce fuori riportandosi addosso il significato di un gesto dell’essere, di “una specifica connotazione esistenziale, uno stile di stare al mondo e di partecipare all’intima dinamica”… Ma, attenzione, tutte le pagine di “Nostro Signore del deserto”, come altre opere della teologa bolognese, si accettano come uno stimolante esercizio intellettuale e di fede, un inno alla gioia e alla scoperta.

di Mimmo Mastrangelo

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